Quando San Paolo scrisse a Timoteo per metterlo in guardia su Enzo Bianchi e altri “cattivi maestri”. La mancanza di auctoritas nella Chiesa: dalla struttura di peccato al cancro con metastasi diffuse

– Theologica –

QUANDO SAN PAOLO SCRISSE A TIMOTEO PER METTERLO IN GUARDIA SU ENZO BIANCHI E ALTRI “CATTIVI MAESTRI”. LA MANCANZA DI AUCTORITAS NELLA CHIESA: DALLA STRUTTURA DI PECCATO AL CANCRO CON METASTASI DIFFUSE

.

A giusta e veritiera difesa del Pontefice Regnante, bisogna precisare che il sedicente Priore di Bose ― vale a dire il priore di se stesso ―, il proprio ingresso trionfale nelle “stanze ”  dei “grandi bottoni ”, non lo deve affatto al Santo Padre Francesco bensì al suo Sommo Predecessore Benedetto XVI, che ripieno di tutta la lungimiranza teologica e la relativa ortodossia dottrinaria del caso, Enzo Bianchi lo invitò a ben due Sinodi dei Vescovi sulla Parola di Dio e sulla Nuova evangelizzazione. E ciò tanto per dare a ciascuno il suo, ed a nessuno colpe che non spettano, perché nessuno può essere colpevole per avere ereditato i danni altrui.

 

.

.

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

.

«Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole»

II Lettera a Timoteo del Beato apostolo Paolo [4, 3-4]

.

.

Ariel bianco

Ariel S. Levi di Gualdo: « Si può essere Bianchi, per esempio in estate, quando fa molto caldo, senza per questo essere però falsi profeti e cattivi maestri »

Il carrierismo ecclesiastico è come una viscida anguilla che seguiterà a nuotare nel mare nostrum, incurante dei ripetuti richiami apostolici; e così seguiterà, finché non sarà tolta ad esso l’acqua in cui si muove. Ecco perché siffatto cancro destinato a consumare al proprio interno la Chiesa non è stato ancora debellato, sotto molti aspetti neppure intaccato. Perché ancora non si è provveduto al riordino delle case di formazione e delle università ecclesiastiche, della gerarchia cattolica e della curia romana; tutte delicate strutture all’interno delle quali, da mezzo secolo a questa parte, i modernisti la fanno letteralmente da padroni.

.

Lungi quindi dal far pulizia e dal fare serie ed efficaci riforme, più volte ho già notato e scritto che oggi stiamo assistendo al carrierismo camaleontico, gattopardesco … ed anche su questo problema ho già avuto modo di scrivere in dettaglio, spiegando in che modo, questi trasformisti privi anzitutto di dignità umana e cristiana, stiano adulando e compiacendo con nauseante piaggeria il Nuovo Padrone [1], accaparrandosi non di rado prestigiose sedi episcopali e uffici di rilievo nella Curia Romana, presso la quale è stato sistemato persino un falso profeta e un cattivo maestro del notorio calibro ereticale di Enzo Bianchi, i cui libri di “meditazioni ” e “riflessioni ” campeggiano da anni in tutte le case di esercizi spirituali dei Gesuiti, casomai a qualcuno non fosse chiaro chi siano state le candide animelle che hanno presentato alla firma del Sommo Pontefice la sua nomina a consultore del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani. Cosa che in sé equivale a prendere la Bella Otero dal cabaret Folies Bergère e mandarla a predicare gli esercizi spirituali alle Carmelitane scalze. Cosa questa di cui possono essere capaci solo i moderni membri della Compagnia delle Indie, nata sulle ceneri della gloriosa Compagnia di Gesù di Sant’Ignazio di Loyola.

.

A giusta e veritiera difesa del Pontefice Regnante, bisogna però ben precisare che il sedicente Priore di Bose ― vale a dire il priore di se stesso ―, il proprio ingresso trionfale nelle “stanze ” dei “grandi bottoni ”, non lo deve affatto al Santo Padre Francesco bensì al suo Sommo Predecessore Benedetto XVI, che ripieno di tutta la lungimiranza teologica e la relativa ortodossia dottrinaria del caso, Enzo Bianchi lo invitò a ben due Sinodi dei Vescovi sulla Parola di Dio e sulla Nuova evangelizzazione [cf. QUI]. E ciò tanto per dare a ciascuno il suo, ed a nessuno colpe che non spettano, perché nessuno può essere colpevole per avere ereditato i danni altrui [segue testo intero …]

.

Per leggere tutto l’articolo cliccare sotto:

31.08.2016  Ariel S. Levi di Gualdo – QUANDO SAN PAOLO SCRISSE A TIMOTEO PER METTERLO IN GUARDIA SU ENZO BIANCHI. LA MANCANZA DI AUCTORITAS NELLA CHIESA

.

.

___________________________

[1] Rimando al mio articolo: Stanno buggerando il Santo Padre: proteggiamo Pietro! I peggiori gattopardi trasformisti stanno giungendo in pauperistica gloria all’episcopato. In L’Isola di Patmos, 28 ottobre 2015 [testo articolo leggibile QUI]. Vescovi, mode e consigli per i nuovi carrieristi: siate sciatti e periferico-esistenziali. In L’Isola di Patmos, 30 luglio 2015 [testo articolo leggibile QUI]

.

.

.

.

.

.

Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

In occasione del terremoto Enzo Bianchi rispolvera una nota eresia

IN OCCASIONE DEL TERREMOTO ENZO BIANCHI RISPOLVERA UNA NOTA ERESIA

.

Un terremoto si può considerare un castigo di Dio? Non certamente come castigo dei peccati commessi dalle vittime, ma come conseguenza del peccato originale, come è la sofferenza; e a queste conseguenze nessuno sfugge : persino Cristo e la Madonna, infatti,  benché esenti dal peccato originale e dalle sue conseguenze, furono soggetti alla sofferenza.

.

.

Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli, OP

Dio castiga e usa misericordia [Tb 23,2]

.

PDF  articolo formato stampa

.

.

Enzo Bianchi e Nunzio Galantino

Enzo Bianchi tiene una conferenza alla presenza del Segretario generale della CEI, S.E. Mons. Nunzio Galantino

In Avvenire del 27 agosto scorso [vedere QUI] Enzo Bianchi ha pubblicato alcune sue riflessioni sul recente terremoto, e pensando di consolare gli afflitti e di dare una risposta illuminante al perchè Dio ha permesso una tale sciagura, rispolvera la ben nota eresia, secondo la quale «Dio non castiga», falsità contraria alla sana ragione, alla Sacra Scrittura, al Magistero della Chiesa e all’insegnamento di tutti i Santi; ma, secondo lui, Dio è sempre e solo «misericordioso» con tutti e porta tutti, credenti e non credenti, in paradiso. Un’asserzione dolciastra del genere, gravissima sulle labbra di chi dovrebbe essere un uomo di Dio, toglie agli sventurati quell’impareggiabile conforto che viene dalla nostra fede, aggiunge amarezza ad amarezza, lasciandoli nell’angoscia, e spinge a bestemmiare un Dio che sarebbe «buono» nel mandare i terremoti.

.

Enzo Bianchi e Paolo Romeo

Enzo Bianchi inviato a tenere una lectio nella chiesa cattedrale di Palermo, dall’allora Arcivescovo, il Cardinale Paolo Romeo

Cerchiamo di rimediare alla “droga tagliata male” [1] spacciata da Bianchi proponendo il vero insegnamento evangelico, e supponendo nel lettore la disponibilità all’ascolto della Parola di Dio. Il mistero cristiano non esclude la ragione, ed è meglio una medicina amara che una bevanda dolce ma avvelenata. Diciamo allora innanzitutto che Bianchi si dimentica che la misericordia solleva dalla sofferenza o la impedisce ; si dimentica altresì che, in linea di principio, la sofferenza è la pena del peccato. E quindi la sofferenza non dipende dalla misericordia, ma dalla giustizia. Sicché, chiamare «misericordioso» uno che mi maltratta, è una presa in giro. Dunque, quando Dio permette le sciagure, non dimostra immediatamente la sua misericordia, ma la sua giustizia. È assurdo e derisorio tentare di spiegare la sofferenza con la sola misericordia trascurando la giustizia. Questo non vuol dire che quando mi capita una disgrazia, ciò sia sempre la punizione divina per un peccato che ho commesso. Ciò può essere in certi casi; ma non è detto che sia sempre così. Infatti, in realtà, in questa vita accade che ci siano dei malfattori di professione che la fanno franca e degli innocenti senza colpa alcuna che sono colpiti da sventure.

.

Enzo Bianchi con arcivescovo di Palermo

Uno dei primi inviti rivolti dal neoeletto Arcivescovo Metropolita di Palermo, S.E. Mons. Corrado Lorefice: Enzo Bianchi invitato a tenere una lectio nella chiesa cattedrale

Come risulta infatti dalla rivelazione cristiana, tutte le pene della vita presente, infatti, sia che colpiscano i giusti, sia che colpiscano i peccatori, sono tutte nella loro lontana origine protologica, castigo di Dio, conseguenze del peccato originale e in tal senso giuste pene, anche se di fatto c’è chi è colpito poco e c’è chi è colpito molto. Ma anche questo disordine è conseguenza del peccato originale. A parte le sofferenze causate dai peccati o dalla negligenza o dalla ignoranza degli uomini. Del resto, bisogna fare attenzione a che cosa intende dire la Sacra Scrittura, quando parla di “castigo di Dio”. Essa usa un linguaggio metaforico, come del resto è il caso della parola “ira”, tratto dai rapporti umani, ma che va opportunamente adattato nel caso di Dio, per non rendere ripugnante l’idea di un “castigo divino”.

.

L’espressione “castigo divino”, infatti, materialmente presa, fa pensare all’atto di un giudice che irroga una pena convenzionale ad un malfattore. Invece la pena del peccato non è un male causato da Dio nel peccatore. Dio non fa male a nessuno. La pena del peccato non è altro che il male o il danno che il peccatore stesso, col suo peccato, si tira addosso. Sarebbe come dire che chi beve troppo vino è “punito” con la cirrosi epatica.

.

enzo bianchi duomo di padova

Enzo Bianchi tiene una lectio dall’ambone della chiesa cattedrale di Padova

Dio non “manda” nessuno all’inferno come farebbe un giudice che manda il reo in prigione, ma all’inferno ci vanno solo quegli stolti, la cui superbia è tale che preferiscono penare lontano da Dio che esser beati con Lui in paradiso. Se il nostro bene è l’essere uniti a Dio, è logico che il nostro male sia il rifiuto di unirci a questo Bene. Tuttavia, la fede ci insegna a vedere all’opera la misericordia di Dio anche nel momento della sofferenza, in quanto per noi cristiani questo momento ci richiama il castigo del peccato originale, e forse anche al castigo dei nostri peccati. Ma il cristiano non si ferma qui. Accetta serenamente quanto gli accade, perché sa approfittare di questa sofferenza per unirsi con amore, fiducia e speranza a Cristo crocifisso, che espia per noi, ci ottiene la misericordia e il perdono del Padre per i nostri peccati, per cui, con atto di grande generosità, ma anche nel suo interesse, può giungere ad espiare in Cristo anche per i peccati degli altri.

.

La bontà divina non si manifesta solo nelle consolazioni, ma anche con la correzione. Anche questa è misericordia. E se soffriamo da innocenti, non turbiamoci, pensiamo a Cristo, che, innocente, ha sofferto ed ha espiato per la nostra salvezza e uniamo la nostra sofferenza alla sua per fare la nostra parte per la salvezza del mondo. Cristo col suo sangue ha pagato per noi il debito del peccato ― satisfecit pro nobis, come dice il Concilio di Trento ― , ma questo non ci impedisce di dare il nostro contributo. Quindi, in questa luce di fede, quella che è l’esperienza del castigo divino si trasforma nell’esperienza della sua misericordia. Infatti è per misericordia che il Padre ci ha donato Gesù, nel Quale e grazie al Quale noi possiamo espiare per i  nostri peccati. E non solo possiamo essere salvi dal peccato (gratia sanans), ma anche diventare «figli di Dio» [I Gv 3,1, gratia elevans], partecipi nel Figlio della vita del Figlio.

.

Tuttavia bisogna tener presente che, benchè Cristo offra a tutti la possibilità di salvarsi mediante la croce, non tutti di fatto accettano questa offerta, per cui non tutti si salvano. Il che vuol dire che Dio offre a tutti la sua misericordia salvifica, a patto che, pentiti dei loro peccati, ne facciano penitenza. Per cui, come osserva la Lettera agli Ebrei [Eb 10, 26-31], se già merita castigo la disobbedienza alla legge naturale, che qui essa chiama «Legge di Mosè», ben più grave castigo meriterà il rifiuto della misericordia divina a causa della ribellione alla legge di Cristo. Cristo è chiarissimo nell’insegnarci che alcuni accoglieranno questa misericordia e si salveranno, mentre altri, per la loro disobbedienza, la rifiuteranno e si danneranno[2].

.

Enzo Bianchi in cattedrale ad arezzo

Enzo Bianchi tiene una lectio nella chiesa cattedrale di Arezzo

Il Papa dovrebbe ricordare queste cose, altrimenti la sua predicazione della misericordia rischia di essere fraintesa e che ne approfittino i furbi, che i buoni vengano sconcertati, che il sistema giudiziario venga paralizzato, e che agli oppressi non venga resa giustizia, mentre vengono ostacolati la riforma e il miglioramento dei costumi e vengono favoriti il lassismo morale e la corruzione. Inoltre, dato che i terroristi dell’ISIS, secondo la visione rahneriana, sono «cristiani anonimi», oggetto della divina misericordia, possiamo accogliere la loro proposta di sostituire il Corano al Vangelo, tanto più che, stando alla teologia di Rahner, Vangelo e Corano si pongono sul piano «categoriale», dove un concetto vale l’altro, mentre tutti possediamo l’ «esperienza trascendentale di Dio», che è la cosa che conta e che garantisce a tutti la salvezza.

.

Enzo bianchi predica ai sacerdoti di siena

Enzo Bianchi tiene una lectio presso il seminario arcivescovile di Siena, uno dei primi aperti dopo il Concilio di Trento e dopo cinque secoli di attività formativa chiuso per mancanza di seminaristi …

Restar sordi agli avvertimenti del Signore per una falsa idea della misericordia, cancellare dalla Bibbia i versetti che parlano di castigo, come purtroppo oggi molti fanno, col credere che tutti si salvano, li illude di poter regolare la propria condotta a proprio piacimento, a sciogliere ogni freno morale e a peccare liberamente, con la convinzione dell’impunità e che comunque nell’inferno non c’è nessuno. Ma siccome queste idee ignorano l’avvertimento del Signore, questa loro vana fiducia, come già avvertì il Concilio di Trento per i luterani, non serve a nulla, per cui, se non si pentiranno in tempo, finiranno effettivamente nell’inferno. L’amore per la virtù non basta a rendere virtuosi, se non si pensa alle conseguenze della pratica del vizio.

.

Il momento della sventura ricorda al cristiano le conseguenze del peccato originale e la possibilità di redenzione che gli è data da Cristo, per cui, se avesse qualche colpa da scontare, può cogliere l’occasione per regolare i conti col Signore. E se fosse innocente può prender occasione per offrire la sua croce per la salvezza dei peccatori.

.

Bianchi-Martini

Enzo Bianchi in compagnia di un altro diffusore di pensieri ambigui (vedere archivi dell’Isola di Patmos), il Cardinale Carlo Maria Martini

Noi dobbiamo certamente operare il bene per amore del bene e in vista del premio celeste che è la visione beatifica di Dio. L’esercizio della virtù è certamente già di per se stesso sorgente di gioia; ma la virtù non è, come credevano gli stoici e Kant, fine o premio a se stessa; l’esercizio della virtù non è ancora il contenuto della felicità, ma solo il mezzo per il suo conseguimento, che sta nel raggiungimento del fine ultimo e sommo bene, che consiste nell’unione con Dio.

.

La felicità dell’uomo non è immanente all’uomo, ossia non consiste in un atto dell’uomo, per quanto sublime e perfetto, ma nel fatto che l’uomo, per libera scelta, si unisce per sempre ed intimamente a un bene esterno, personale, trascendente ed infinito, che è Dio. Ma appunto questo atto sarà perfetto in quanto è atto col quale l’uomo si congiunge pienamente ed eternamente con Dio nella carità.

.

Enzo bianchi con Francesco

Enzo Bianchi, che ricordiamo non ha mai ricevuto gli ordini sacri, non ha mai professato i voti religiosi, non è mai stato né un chierico né un religioso, che è soggetto solo all’obbedienza di se stesso, si presenta “mascherato” da abate dal Sommo Pontefice, senza che alcuno in anticamera gli abbia detto: «Dove intende andare, vestito a quel modo?»

L’agire per il timore del castigo è cosa saggia e logicamente connessa all’agire disinteressato, per puro amore della perfezione e di Dio. Infatti non si può scindere l’amore per il bene dalla fuga o dall’odio del male. Il pensiero che se faccio la tal cosa, Dio mi punisce o ne avrò un danno, mi spinge a fare il bene.

.

La confidenza in Dio e nella sua misericordia dà slancio alla nostra azione, ci rende «semplici come colombe», ferventi nella carità, tenaci nelle convinzioni, coraggiosi nelle imprese, mentre il pensiero che alcuni sono dannati e che io potrei dannarmi, presente in tutti i Santi, è un pensiero salutare, che ci spinge al bene, ci rende «prudenti come i serpenti» [cf. Mt 16,18], modesti nelle opinioni, consci della nostra debolezza, vigili nell’agire, cauti ed avveduti nei pericoli, avvertiti delle insidie, umili, pronti a correggerci, penitenti, forti nelle tentazioni e nelle prove, circospetti e diffidenti nelle situazioni infide, facendoci evitare la precipitazione, l’ingenuità, la dabbenaggine, l’eccessivo ottimismo, la presunzione, la troppa sicurezza, la millanteria e l’arroganza.

.

È tuttavia l’amore del bene che fa odiare il male. Per questo, il motivo principale dell’azione buona è l’amore di Dio e non il timore del castigo. Ma d’altra parte, occorre anche evitare quella falsa sicurezza che tutti si salvano. Il timore è un motivo solo sussidiario, e tuttavia necessario, appunto per evitare quella falsa sicurezza. Timore che non è paura, ma amore e rispetto.

Un terremoto si può considerare un castigo di Dio? Non certamente come castigo dei peccati commessi dalle vittime, ma come conseguenza del peccato originale, come è la sofferenza; e a queste conseguenze nessuno sfugge: persino Cristo e la Madonna, infatti,  benchè esenti dal peccato originale e dalle sue conseguenze , furono soggetti alla sofferenza.

Abbiamo bensì esempi biblici di città castigate per i peccati dei loro abitanti. Ma qui abbiamo a che fare con concezioni primitive del castigo, per le quali buoni e cattivi erano coinvolti in un unico disastro. La Scrittura preciserà ad un certo punto che ognuno viene castigato per le proprie colpe [Ger 31, 29ss] e non per quelle di altri.

.

terremoto 2

una delle piccole vittime innocenti messe in salvo dopo le scosse sismiche

Un evento così grave come un terremoto, nel momento in cui mette alla prova la nostra solidarietà e misericordia per i bisognosi e stimola la ricerca di rimedi o di difese da tante disgrazie, si può e si deve considerare come una croce che Dio ci manda per la nostra purificazione e per la conversione dei peccatori. Si può pertanto vedere in esso un segno della sua misericordia, in quanto cogliamo occasione da esso per unirci a Gesù crocifisso per la salvezza del mondo.

Molti fenomeni di una natura creata perfetta da Dio ma resa imperfetta dall’uomo e quindi matrigna, ci procurano sventure, che stanno tra le dolorose conseguenze del peccato originale, benchè il Creatore abbia voluto porre in essi delle regole e delle leggi, alle quali essi obbediscono infallibilmente. Ma nella futura resurrezione godremo di una natura madre, che avrà ritrovato l’armonia con l’uomo e il significato originario,voluto da Dio, della sua esistenza.

Varazze, 29 agosto 2016

.

________________________

NOTE

[1] Nel contesto, la parola “droga” è usata come sinonimo di eresia, altrettanto lo spaccio inteso come “spaccio di eresie”

[2] Cf il mio libro L’inferno esiste. La verità negata, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2010.

.

.

.

.

.

.

Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

La fede del Papa: “Una volta ravveduto, conferma i fratelli nella fede”

LA FEDE DEL PAPA: ”UNA VOLTA RAVVEDUTO, CONFERMA I FRATELLI NELLA FEDE”

.

Il Santo Padre può usare involontariamente espressioni equivoche o motti di spirito o frasi ad effetto, che possono essere fraintesi maliziosamente e strumentalizzati dai nemici della Chiesa o dai falsi amici; può pronunciare qualche battuta infelice, può lodare personaggi politici o ecclesiastici che non lo meritano, può minimizzare il problema dell’Islam, può essere troppo severo verso i tradizionalisti, troppo indulgente verso i protestanti, tutte cose che non toccano la sua responsabilità di maestro della fede. Può anche eccedere nel parlare, col rischio aumentato di commettere qualche gaffe o che gli sfugga qualche frase d’impulso.

.

.

Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

.

.

PDF articolo formato stampa

.

.

Al Santo Padre

« Satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma ho pregato per te, che non venga meno la tua fede;  e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli »  [Lc 22, 31-32]

.

.

.

Francesco in cattedra 2

Il Sommo Pontefice Francesco sulla Cattedra del Vescovo di Roma nella Papale Basilica di San Giovanni in Laterano

La fede che Dio dona al Papa è un dono dello Spirito Santo, che, tra tutti i fedeli, Dio concede solo a lui, ossia nella massima misura, purezza e fortezza realizzabile da un cristiano; è fede di una luminosità, saldezza e fecondità eccelse, al di sopra della fede di tutti gli altri fedeli; è una fede che assomiglia alla pietra angolare di un edificio, la quale sostiene tutte le altre pietre, ossia la fede di tutti gli altri fedeli.

.

In questo senso Cristo assegna a Pietro il compito di essere «roccia», sulla quale Egli edifica la sua Chiesa. La fede di Pietro è suprema promotrice e moderatrice dell’unità e dell’universalità della fede di tutto il popolo di Dio, nella varietà e molteplicità dei diversi modi di pensare, di esprimere e di comunicare la fede. Se venisse meno la fede di Pietro, la Chiesa crollerebbe. Per questo, tutti i nemici della Chiesa, dall’estrema sinistra all’estrema destra, dagli atei ai panteisti, dagli gnostici agli agnostici, dai massoni ai protestanti, la prima cosa che hanno di mira è l’abbattimento del papato o la sua riduzione a figura simbolico-rappresentativa, come il Presidente della Repubblica italiana o la Regina d’Inghilterra.

.

Per questo, l’Anticristo impiega le sue forze migliori soprattutto contro il Vicario di Cristo. In tutta la storia della Chiesa, non c’è stata eresia più dannosa per la Chiesa e la sua unità, di quella di Lutero, quando, con implacabile furore, ha scambiato fino alla fine della vita il Papa per l’Anticristo. Anche gli scismatici greci, che pure respingono il primato petrino, tuttavia considerano pur sempre il Vescovo di Roma come “Papa di Roma” e “Primate dell’Occidente”.

.

Tutti gli eretici, di ogni tipo o colore, gonfi di superbia, ingannati dal demonio e servi dell’Anticristo, credono e danno ad intendere di possedere la vera fede in Cristo, senza o contro il Papa, pensando di poterlo cogliere in fallo in fatto di fede o correggerlo in fatto di fede e quindi di sapere meglio di lui qual è la verità del Vangelo. Ma sono degli illusi e degli impostori, che corrompono la fede e i costumi cristiani e possono spingere anche alla stessa apostasia dalla fede.

.

La fede speciale che il Papa riceve dallo Spirito Santo gli consente di vedere la verità del Vangelo meglio, più in alto e più profondamente di tutti gli altri; è una fede che sa trovare le parole migliori per spiegarla, per esprimerla e per insegnarla; è una fede talmente forte e robusta da sostenere e correggere la fede di tutti gli altri fedeli, i quali si appoggiano su questa fede e trovano in essa luce e conforto, nonché certezza di essere nella verità e di seguire la dottrina di Cristo; è una fede unica in tutta la Chiesa, non solo come virtù personale, ché qui il Papa è superato solo da Abramo per l’Antico Testamento e dalla Madonna per il Nuovo [Lc 1,45], ma anche nella sua forza generatrice e confermatrice.

.

Nessuno può correggere il Papa nella sua fede, perché non può aver difetti o lacune, è integra e non può cadere nell’errore. È una fede infallibile ed indefettibile, da San Pietro fino all’ultimo Papa della storia, sempre identica a se stessa e mai mutata, con buona pace dei modernisti, perché è specchio della Parola di Cristo che non passa. Il Papa è l’unico fedele che abbia una fede di tal genere. Tutti gli altri possono errare nella fede. Lui no. Egli può scoprire gli errori di tutti, correggere tutti, ma nessuno può correggere lui. È in modo specialissimo quell’ «uomo spirituale», del quale parla San Paolo, «che giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno» [I Cor 2,15].

.

Questo è il privilegio unico della fede pontificia, dovendo essere fede che fonda, genera, sostiene e diffonde la fede nel mondo e che custodisce, conferma e difende la fede del Popolo di Dio, correggendo gli errori, compassionando e tollerando i deboli e gli ignoranti, ammonendo gli erranti e gli arroganti, richiamando gli scismatici, eretici ed apostati, perdonando chi si ravvede e torna alla verità. Naturalmente, anche chi viene eletto Papa, è giunto alla fede come ogni buon cattolico, attraverso un cammino a volte laborioso ed accidentato, superando prove e dubbi, e rispondendo alle sollecitazioni della grazia, in comunione con la Chiesa e i Papi precedenti. In precedenza, prima di essere eletto Papa, egli può aver avuto difetti ed incertezze nella fede; ma, una volta investito del carisma di Pietro, diventa saldo e invincibile. Il Papa può esser provato nella fede, può andar soggetto anche alle più insidiose tentazioni, ma è protetto dalla forza dello Spirito. Il Papa non può mai peccare volontariamente contro la fede, per lo meno con danno della Chiesa.

.

Il Papa può avere una fede coltivata nella teologia, come è stato per Benedetto XVI o nella pratica pastorale, come è stato per il Papa attuale e come fu per San Pio X. Può averla coltivata in Segreteria di Stato, come fu per il Beato Paolo VI e Pio XII o nella diplomazia vaticana, come fu per San Giovanni XXIII o come Inquisitore della fede, come fu per San Pio V, o negli studi umanistici, come fu per Pio II, o nell’insegnamento del diritto canonico, come fu per certi Papi del Medioevo, o nella vita monastica, come fu per San Gregorio Magno. In ogni caso, uno, per essere eletto Papa, deve distinguersi nella fede, perché il principale compito del Papa è il confermare i fratelli nella fede. Da qui discende il pascere il gregge di Cristo e il difenderlo dai lupi, ossia il potere pastorale e di governo (potestas clavium). E non tanto una fede dotta o colta, quanto piuttosto una fede pura, salda, intelligente e comunicativa. Pura, ossia esente da errore; salda, ossia ben fondata, certa e certificante; intelligente, ossia dotata di quella che Santa Caterina da Siena chiamava la «santa discrezione», la capacità critica di discernere il vero dal falso; comunicativa, ossia espressa o mediata da un linguaggio chiaro, appropriato, adatto ai vari ceti di fedeli.

.

Questo è probabilmente il motivo per il quale il Cardinale Carlo Maria Martini, per quarant’anni, ad ogni morte di Papa, fu regolarmente preconizzato dalla grande stampa come papabile, ma altrettanto regolarmente il collegio cardinalizio lo scartò, perché purtroppo Martini, al di là della sua cultura, della sua produzione letteraria e delle sue qualità umane e pastorali, possedeva una fede incerta, ambigua e oscillante, simile a chi serve due padroni, che del resto egli stesso descrisse come continua discussione, nella coscienza, tra un credente e un ateo, senza mai prendere una decisione né per l’uno né per l’altro. Il minimo che si possa dire di questa fede è che essa non produce certamente dei martiri, ma solo degli astutissimi voltagabbana, come per esempio Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord, Vescovo di Autun, che passò dall’Ancien Régime alla Rivoluzione, dalla Rivoluzione al Direttorio, dal Direttorio a Napoleone, da Napoleone alla Restaurazione, sempre onorato, aperto a tutti e sempre rimasto a galla. Ora, se lo sconcerto e lo scandalo, che crea in una diocesi un Vescovo del genere, possono in qualche modo essere contenuti nei limiti di quella diocesi, si comprende come Dio non può tollerare, se non entro stretti limiti e per brevi periodi, che qualcosa del genere si produca nella Chiesa universale, perchè in breve tempo la condurrebbe allo sfascio, mentre in essa, secondo la promessa di Cristo, portae inferi non praevalebunt.

.

Per questo si può dire che tra la consistenza della fede del vescovo, anche se unito al Papa, e quella del Papa, in un certo senso c’è un abisso, così come c’è un abisso tra il fallibile (la fede del vescovo) e l’infallibile (la fede del Papa), anche se il Papa oggi più che mai ama agire collegialmente con i vescovi e il collegio dei vescovi cum Petro e sub Petro. Ma il fatto è che il Papa è infallibile ex sese, indipendentemente dai vescovi, in quanto è principio e garante della loro infallibilità. E la storia lo dimostra. Di recente si è rifatta viva la tesi secondo la quale sarebbero esistiti Papi eretici: Liberio nel IV secolo, Onorio nel VII secolo, Pasquale II nel XII secolo, Giovanni XXII nel XIV secolo [Ndr. cf. QUI, QUI, QUI, etc..]. Ma l’apologetica ha dimostrato da tempo che non si è trattato di vere eresie. Questi storici vengono di fatto a portare acqua al mulino di personaggi discutibili assai diversi tra loro, ma tutti in sostanza negatori dell’infallibilità pontificia, come per esempio Lutero, Küng e Lefebvre.

.

La virtù della fede comporta tre elementi: primo, gli enunciati di fede, ossia l’oggetto della fede (fides quae), i contenuti concettuali, ciò che si crede, le verità credute, gli articoli di fede; secondo, l’atto del credere (fides qua) e, terzo, la professione o espressione orale della fede, il linguaggio della fede (professio fidei). Nell’insegnare la dottrina della fede, il Papa è infallibile, cioè non erra, dice il vero, non solo nelle condizioni specialissime fissate dal Concilio Vaticano I, quando il Papa definisce solennemente un nuovo dogma ― cosa rarissima ― ma tutte le volte che insegna ufficialmente al popolo di Dio la dottrina della fede. La dottrina della fede è quel complesso di verità o  proposizioni dogmatiche e morali o da credersi per fede divina o per fede ecclesiastica o con ossequio dell’intelligenza, le quali sono insegnate da Cristo nella Scrittura e nella Tradizione e ci sono proposte dalla Chiesa nel suo magistero ordinario o straordinario, semplice o solenne, in forma definitoria come di fede o non definitoria, come prossime alla fede [1].

.

Al fine di discernere il livello di autorità, l’obbligatorietà e la qualità degli insegnamenti pontifici occorre fare attenzione ai diversi generi, tipi, livelli e forme di interventi, oggi più numerosi e diversificati che in passato. Dopo la proclamazione di un nuovo dogma, cosa del resto rarissima e condizionata da circostanze previste dal diritto (Concilio Vaticano I), restano fondamentali le encicliche; ma poi esiste una serie di documenti di livello inferiore, come la costituzione apostolica, la lettera apostolica, la costituzione pastorale, il motu proprio, il rescritto, la bolla, le omelie alla Santa Messa, i messaggi per speciali ricorrenze, anniversari o avvenimenti, i discorsi improvvisati, di circostanza o alle udienze generali, le interviste ai giornalisti […]

.

.

DIALOGO TRA UN MAESTRO ANZIANO ED UN GIOVANE FILOSOFO-TEOLOGO 

.

.

Autore Jorge A. Facio Lince

Autore
Jorge A. Facio Lince

.

.

.

Caro Padre e Maestro.

Mentre impaginavo questo Tuo articolo per la nostra Isola di Patmos, mi sono sorte delle domande che sono frutto di quei quesiti che sempre più spesso raccogliamo dai nostri Lettori e che per questo vorrei rivolgere proprio a Te …

.

D. Come il Papa si regola nella sua fede?

.

R. Egli ha al di sopra di lui solo Gesù Cristo. Quindi fa appello direttamente a Lui, tenendo conto dei Papi e del Magistero che lo hanno preceduto. Nel dubbio, chiede luce allo Spirito Santo. Tiene conto dei bisogni delle anime e della Chiesa.

.

D. Che cosa è che lo spinge o può spingerlo a proporre insegnamenti nuovi o nuovi dogmi?

.

R. Per quanto riguarda nuovi insegnamenti in generale, può esser spinto da sue scoperte personali o da sue letture teologiche o da amici teologi. La proclamazione di un nuovo dogma, invece, è una cosa molto più impegnativa, che coinvolge la Chiesa intera. Può essere giustificata o per confermare una nuova dottrina, perchè appare comunemente essere di fede, magari da molto tempo, oppure per allontanare certi gravi errori diffusi sulla materia trattata dal dogma, calcolando che da questo evento solenne possa venire grande beneficio alla Chiesa.

.

D. Come e con quali criteri possiamo discernere quando il Papa parla come “maestro della fede” e quando invece come semplice teologo od opinionista?

.

R. Occorre osservare con attenzione e competenza la materia trattata e il modo di trattarla. È chiaro che egli parla come maestro della fede, quando tratta di verità di fede già note e soprattutto se fa capire, da come si esprime, che si tratta di verità di fede. Nell’altro caso, egli si rifà ad opinioni teologiche già note o sue personali. Soprattutto in questo caso egli non manca di farcelo sapere con appropriate espressioni, come per esempio: “a me sembra”, “secondo i teologi”,  “secondo me”, “si dice”, “sono dell’opinione che…” e simili.

.

D. In che considerazione tenere i suoi pareri, giudizi o direttive, che non toccano direttamente la fede, come per esempio la riforma della Curia romana, il giudizio sulla situazione attuale della Chiesa, la proibizione della Comunione ai divorziati risposati, la sua polemica contro il legalismo e il rigorismo, il continuo insistere sulla misericordia, che sembra lasciare in ombra altre virtù, anche più importanti, l’assenza di avvertimenti circa l’esistenza dell’inferno, la denuncia delle ingiustizie nel mondo, il suo parere su certi teologi, il problema degli immigrati, dell’ecologia, dell’Islam, dell’economia internazionale, dell’ecumenismo, del dialogo con i non-credenti, della politica ?

.

R. Nel caso che il rapporto con la verità di fede o di morale sia necessario o logico o evidente, occorre accogliere queste dottrine, pareri o norme quasi come fossero di fede (fidei proximae). Se invece, come nella gran parte degli esempi riportati, manca questo nesso e semplicemente questi interventi non sono contrari alla fede, allora possiamo anche dissentire o dissociarci, sempre però con prudenza, modestia e rispetto, pronti a correggerci.

.

D. Come distinguere il suo linguaggio pastorale da quello dottrinale ?

.

R. Dipende dai contenuti. Se indica i doveri del pastore o dà nome a norme pratiche o giudizi sulla condotta di singoli o gruppi, è pastorale; se invece insegna il dogma o la verità di fede o i princìpi della morale o i misteri della fede, è dottrinale. Ma anche contenuti dottrinali o dogmatici possono essere espressi in stile pastorale, ossia non in una forma scientifica o scolastica, ma adatti alla comprensione comune della gente.

.

D. Come distinguere i suoi insegnamenti morali  (munus docendi da quelli giuridici  (potestas clavium ) ?

.

R. Bisogna verificare rispettivamente se i contenuti si allacciano direttamente o quanto meno necessariamente, universalmente o deduttivamente o alla legge naturale o alla legge divina, – e questi sono gli insegnamenti morali — oppure se, pur basandosi su quelle leggi, ne sono un’applicazione contingente, particolare e mutevole, suscettibile di modalità diverse (leggi ecclesiastiche) — e questi sono gli insegnamenti giuridici. Per esempio, gli insegnamenti sulla dignità del matrimonio e della famiglia sono norme morali; invece, le norme relative ai divorziati risposati o a chi appartiene alla Fraternità San Pio X o alla massoneria o alla mafia sono provvedimenti giuridici.

.

D. Il Papa ha bisogno di collaboratori o di consiglieri nell’esercizio e nell’insegnamento della fede?

.

R. Certamente, dati i suoi limiti umani e la gravosità ed immensità del compito che ha davanti di illuminare e governare la Chiesa intera. Certo, egli insegna la fede e governa insieme con i cardinali e i vescovi. Ma in fin dei conti, spetta a lui vigilare sulla fede degli stessi cardinali e vescovi, aiutato dai collaboratori della Curia Romana e da tutti coloro, dei quali vuol servirsi, anche se privi di incarichi ufficiali. Tra questi collaboratori istituzionali da secoli troviamo in prima linea i Domenicani e i Gesuiti, cavalieri della fede, affratellati agli ordini del Santo Padre; i primi, dediti a mostrare la verità della fede; i secondi, a mostrare la forza della fede. Il Papa è certo servus servorum Dei, ma anche e proprio per questo episcopus episcoporum. Egli certo è vescovo tra i vescovi e con i vescovi, ma non si lascia prendere la mano dai vescovi. L’ambizione, come ai tempi dei farisei del Vangelo, sotto il velo dello zelo per la Chiesa, è la rovina di chi vuol salire negli ordini sacri. Anche se il Papa è stato eletto dal collegio cardinalizio, si tratta evidentemente solo di una semplice designazione all’ufficio petrino, benché questo atto dei cardinali sia da supporre, di norma, criteriato dalla stima per la virtù della fede presente nell’eletto. Ma per quanto riguarda l’esercizio della fede, è il Papa che nomina e chiama accanto a sé come vescovi quei candidati, nei quali verifica in primo luogo l’autenticità e l’eccellenza  della fede [2], avendo facoltà di allontanare, se è il caso, dalla comunione con lui e quindi con la Chiesa, chi dovesse fallire nella fede. Per cui sta al Papa confermare nella fede il collegio episcopale e i singoli vescovi, e in tal senso egli può ripetere a loro le parole di Cristo: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi” [Gv 15,16].

.

D. Che cosa pensare dell’assenza di intervento del Papa contro dottrine ereticali ?

.

R. Il Papa usa molto raramente il termine “eresia”, ma non manca di denunciare errori, che possono essere definiti “eresie”, come per esempio l’ateismo, lo gnosticismo, l’idealismo, il panteismo, il materialismo, l’odio religioso, il fondamentalismo, la corruzione morale e politica, la prepotenza nei confronti del prossimo e della natura.

.

D. Il Papa può sbagliare in certi suoi discorsi o documenti ufficiali ?

.

R. Può usare involontariamente espressioni equivoche o motti di spirito o frasi ad effetto, che possono essere fraintesi maliziosamente e strumentalizzati dai nemici della Chiesa o dai falsi amici; può pronunciare qualche battuta infelice, può lodare personaggi politici o ecclesiastici che non lo meritano, può minimizzare il problema dell’Islam, può essere troppo severo verso i tradizionalisti, troppo indulgente verso i protestanti, tutte cose che non toccano la sua responsabilità di maestro della fede. Può anche eccedere nel parlare, col rischio aumentato di commettere qualche gaffe o che gli sfugga qualche frase d’impulso.

.

D. Il Papa può sbagliare nelle scelta dei suoi collaboratori nel campo della custodia e della difesa della fede ?

.

R. Certamente, ma occorre essere cauti nel giudicare e bene informati. I fanfaroni sono quelli che suonano la tromba, procurano guai al Papa e avvertono le televisioni quando si soffiano il naso. Sono naturalmente i maggiormente ricercati dalla stampa mondana e modernista, mentre i veri collaboratori lavorano fedelmente nella modestia e nel silenzio, come il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, e il Cardinale Gerhald Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, senza mettersi in mostra. Sono questi i veri aiuti del Santo Padre e servitori della Chiesa, assieme a diversi altri silenziosi operai.

.

Varazze, 22 giugno 2016

.

_________________

NOTE

[1] Cf Appendice della Congregazione per la dottrina della fede alla Lettera apostolica di Giovanni Paolo II Ad tuendam fidem, del 1998.

[2] Il titolo di “eccellenza” dato ai vescovi, come quello di “eminenza” dato ai cardinali si riferisce anzitutto all’eccellenza ed eminenza della loro fede, oltre al fatto che nella pienezza del suo sacerdozio apostolico, il vescovo è sacerdote per eccellenza.

.

.

.

.

.

L’Inferno esiste e oggi trabocca più che mai di dannati: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta»

L’INFERNO ESISTE E OGGI TRABOCCA PIÙ CHE MAI DI DANNATI: «SFORZATEVI DI ENTRARE PER LA PORTA STRETTA» 

.

[…] il Verbo di Dio ci chiama a sforzarci di entrare per la porta stretta, perché «molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno». E come capite, questo Vangelo, che poi è il solo e il vero Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo, è molto diverso da quello annacquato da certi preti con La Repubblica e L’Espresso sottobraccio, che anziché leggere le opere di teologia dei grandi Padri della Chiesa leggono Micromega, che anziché tenere sulle proprie scrivanie Le imitazioni di Cristo, ci tengono in bella vista i libri di quell’ateo impenitente, nonché sottile denigratore e dissacratore del cattolicesimo, tal è sempre stato Umberto Eco.

.

.

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

.

.

PDF articolo formato stampa

.

.

Bernardo di chiaravalle

dipinto di San Bernardo di Chiaravalle

Oggi, sabato 20 agosto, la Chiesa celebra la memoria dell’Abate cistercense Bernardo di Chiaravalle, nato nel 1090 e morto nell’ormai remoto anno 1153. Nella Santa Messa pre-festiva della domenica, la liturgia di questa XXI domenica del Tempo Ordinario, offre al Popolo di Dio questa pagina del Vangelo:

.

In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi» [Lc 13, 22-30]

.

Nel 1145 salì sulla Cattedra di Pietro un discepolo di San Bernardo di Chiaravalle [1090-1153], anch’esso di nome Bernardo, abate del monastero romano dei Santi Anastasio e Vincenzo nei pressi delle Tre Fontane, al secolo membro della nobile famiglia d’origine pisana dei de’ Paganelli di Montemagno. La scelta dei cardinali fu osteggiata da Bernardo di Chiaravalle che ritenne opportuno metterli in guardia indicando loro che questo suo discepolo era persona molto «innocente e semplice» e per questo non adatto al governo della Chiesa, nella grave situazione dottrinale e politica che si trovava a vivere in quegli anni. Probabilmente, a modo suo «innocente e semplice» lo era anche il futuro santo e dottore della Chiesa, se non aveva capito che proprio per quel motivo i Cardinali avevano scelto quel candidato, necessitando in quel preciso frangente storico di una persona che fosse debole, quindi facilmente manipolabile dai delinquenti che già all’epoca avviluppavano come avvoltoi il sacro soglio pontificio. La Chiesa era infatti afflitta da gravi problemi che i concilî precedenti il pontificato di Eugenio III [1145-1153] non erano riusciti a sedare. Merita infatti ricordare che il I Concilio lateranense del 1123 sancì nei propri canoni precise normative contro la simonia, il rispetto del celibato da parte dei chierici e le corrette investiture ecclesiastiche; ma il tutto era rimasto pressoché lettera morta. Nel 1139 fu celebrato il II Concilio lateranense che nei suoi canoni condannò nuovamente la simonia, l’usura e le false confessioni. Sessantadue anni dopo il pontificato di Eugenio III, preceduto dai concili lateranensi testé citati, fu celebrato nel 1215 il IV concilio lateranense, che dopo il preambolo introduttivo condanna l’eresia dell’Abate cistercense Gioacchino da Fiore. Ma sono soprattutto i susseguenti canoni disciplinari riguardanti vescovi e presbiteri che lasciano a dir poco basiti, sia per la loro gravità sia per la loro attualità, proprio come se da allora a oggi fossero passati “inutilmente” VIII secoli. Con tanto di descrizioni minuziose il Concilio indica a uno a uno tutti i principali vezzi e malvezzi dai quali gli ecclesiastici dovevano mondarsi [cf. cann. XIV-XIX]. Per dare solo un breve saggio dei canoni disciplinari del IV Concilio Lateranense, riguardo i pessimi costumi del clero, basti citarne uno a caso tra i diversi:

.

« Deploriamo che non soltanto alcuni chierici minori, ma persino certi prelati, passino metà della notte in festini superflui e in chiacchiere illecite, per non dir di peggio. Costoro dormono poi il resto della notte, si svegliano solo a giorno tardo col canto degli uccelli, restando assonnati per il resto del mattino. Vi sono altri che celebrano la Santa Messa appena quattro volte l’anno. Ma v’è di peggio ancora: non vogliono neppure assistervi. E se capita che qualche volta siano presenti quando la Santa Messa è celebrata, disertano il silenzio del coro e vanno fuori a parlare con i laici, immergendosi in discorsi inopportuni e non prestando alcuna attenzione alla celebrazione dei sacri misteri. In modo assoluto proibiamo queste e altre cose simili sotto pena della sospensione, comandando severamente in virtù di santa obbedienza, che costoro recitino l’ufficio divino diurno e notturno, come Dio concederà loro, con uno zelo che sia pari alla loro devozione » [IV Conc. Lat. can. XVII, trad. it. a cura dell’Autore].

.

Questo per chiarire lo stato in cui versava la Chiesa prima e poi dopo l’elezione di Eugenio III, ma soprattutto per chiarire come mai, appena egli fu salito al sacro soglio, Bernardo di Chiaravalle s’affrettò a inviargli in omaggio un trattato buono per ogni Papa appositamente adattato a lui. E adesso udite cosa scrive la penna libera di Bernardo ispirata dalla grazia di Dio. Tanto per cominciare, Bernardo, invita Eugenio III a non illudersi su chi ha intorno … e lo fa con queste esatte parole:

.

« Puoi mostrarmene uno solo che abbia salutato la tua elezione senza aver ricevuto denaro o senza la speranza di riceverne? E quanto più si sono professati tuoi servitori, tanto più vogliono spadroneggiare all’interno della Chiesa ».

.

Sono parole scritte circa 900 anni fa, ma sfido chiunque ad affermare che non siano attuali, oggi forse ancor più di ieri, specie poi se aggiungiamo quest’altra pennellata tratta dallo scritto di San Bernardo che seguita a mettere in guardia Eugenio III con questa ulteriore raccomandazione:

.

« I tuoi fratelli vescovi imparino da te a non tenersi attorno ragazzi zazzeruti o giovanotti provocanti. Fra le teste ricoperte dalle mitrie episcopali sta molto male quel viavai di acconciature sofisticate » [Cf. Bernardo di Chiaravalle, Trattato buono per ogni Papa, trad. it. a cura dell’Autore].

.

Questo monito, edulcorato ma chiaro, è dedicato da San Bernardo di Chiaravalle a certi attuali ecclesiastici, in particolare a quei vescovi diocesani che tuonano dietro le quinte nei miei riguardi affermando che … « quel prete dalla penna screanzata è ossessionato dagli ecclesiastici omosessuali e dalla loro cosiddetta lobby gay » [cf. QUI]; e dopo avermi rivolto alle spalle queste stizzose critiche, seguitano imperterriti a ordinare sacerdoti dei soggetti con palesi tendenze omosessuali strutturalmente radicate [cf. QUI].

.

Come Popolo di Dio noi siamo proiettati, sin dalla Pentecoste dello Spirito Santo, in un cammino incessante. Questo cammino muove dal presente e si proietta nel nostro futuro. Non possiamo rimanere attaccati al passato che non deve passare, né vivere immobili immersi nei ricordi passati, come fanno coloro che solitamente ed impropriamente vengono definiti come “tradizionalisti” cattolici. Certo, dovremmo conoscere bene il nostro passato, perché l’opera del passato ha determinato il nostro presente; e se non corriamo presto ai ripari, il presente nato da un passato che non sempre è stato felice, rischia di condizionare negativamente il nostro futuro. Come infatti affermava George Santayana, saggio pensatore del Novecento: « Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla ».

.

Cercherò di spiegarmi con un esempio: quando 40 anni fa ero adolescente, davanti ai miei occhi di tredicenne avevo tutt’altro esempio e modello di vescovi e di sacerdoti. All’epoca, una desolante mediocrità come quella odierna, ancora non era neppure pensabile nel Collegio Sacerdotale, men che mai nel Collegio Episcopale. I nostri sacerdoti, ed i vescovi in particolare, erano molto attenti nell’indicare ai fedeli cosa era bene e cosa era male, a cercare di separare il grano dalla gramigna, o perlomeno a indicare cosa era grano e cosa era gramigna, ricordando che un giorno, la gramigna, sarebbe stata legata in fasci e bruciata nel fuoco. Semmai spiegando con cura che grano e gramigna devono a volte crescere assieme e che la gramigna non può essere estirpata sùbito, casomai per sradicare questa malerba si corresse il rischio di strappare assieme ad essa anche una sola spiga di buon grano; ma nel giorno dell’ultima raccolta, il padrone del campo avrebbe provveduto in ogni caso a separare il buon grano dalla gramigna destinata ad essere estirpata e bruciata [cf. Mt 13, 24-30; 13, 36-43]:

.

« Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: “Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio” » [Cf. Mt 13,30].

.

Oggi, molti preti, ci passano accanto vestiti in abiti civili con La Repubblica e L’Espresso sottobraccio; e nelle loro preoccupanti carenze teologiche si sentono, pur malgrado, dei grandi intellettuali, perché attenti lettori della rivista della sinistra radicale Micromega. Sulle loro scrivanie ostentano i libri di Umberto Eco e quando parlano capita di sentirli magnificare ― anche nelle loro omelie ― i peggiori filosofi e sociologi anti-cristiani dell’Ottocento e del Novecento, il tutto con pernicioso vezzo e soprattutto con millantato sfoggio di una cultura che purtroppo, di fatto, costoro non hanno …

… e così, proprio noi preti istituiti pastori e guide del Popolo di Dio, abbiamo cominciato ad essere spesso i primi a fuorviare il Popolo di Dio, insegnando per esempio che siccome Dio è amore, alla resa dei conti perdona tutti e non condanna nessuno. E dalle nostre omelie, usate sovente per fare maldestri discorsi di sociologia anziché per annunciare il Vangelo, sono sparite parole come mistero del male, Satana, castigo, inferno, giudizio di Dio, salvezza e condanna eterna …

.

Per poco possa valere io chiedo perdono al Popolo di Dio per quei miei confratelli che non annunciano il Vangelo e che hanno da tempo derogato al loro compito fondamentale: la salus animarum, la salute delle anime e la loro salvezza eterna. Come infatti molti di voi ricorderanno, nel corso degli anni la Chiesa ha fatto ripetuti mea culpa chiedendo perdono a tutti: agli ebrei, ai musulmani, agli ortodossi, ai protestanti, agli africani animisti, ai discendenti delle popolazioni indigene del Latino America … insomma a tutti, proprio a tutti, meno che ai Christi fideles ed ai suoi fedeli servitori, vale a dire a non pochi vescovi e sacerdoti che in tempi tutt’altro che remoti hanno vissuto situazioni di vero e proprio martirio bianco all’interno della Chiesa. Infatti, si può essere perseguitati per la Chiesa, ma anche nella Chiesa, ed i perseguitati nella Chiesa subiscono spesso angherie molto peggiori di un martirio in odio alla fede che quasi sempre si esaurisce nello spazio di pochi secondi attraverso un colpo deciso di machete od uno sparo d’arma da fuoco. Il martirio bianco dura invece per tutta l’esistenza. E solo Dio sa quanto crudeli e irrefrenabili siano nella inflizione di questo genere di martirî i preti o spesso peggio ancora i loro vescovi.

.

Diversi di questi sottoposti a lungo martirio bianco sono stati poi elevati agli onori degli altari, come nel caso paradigmatico di San Benedetto Menni, che fu diffamato, disonorato e infine trascinato nei tribunali penali attraverso gravissime accuse false create a tavolino da frati, suore ed ecclesiastici vari. Merita per inciso ricordare che Benedetto Menni fu reso oggetto di un’accusa molto infamante: avere usata violenza ad una povera demente ricoverata in una delle strutture psichiatriche da lui create, ciò dette vita al “caso Semillan”, di cui si occupò il Tribunale penale di Madrid. Il caso si trascinò nelle aule giudiziali dal 1895 al 1902. Dopo sette anni il caso si concluse con la piena assoluzione di Benedetto Menni e la condanna dei suoi calunniatori. Molto peggiore fu la campagna di calunnie in foro ecclesiastico presso il Sant’Uffizio, che giunse solo tre anni dopo a decretare la totale infondatezza delle accuse. Accusato e aspramente combattuto all’interno dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, da un gruppo di irriducibili avversari pronti a tutto, anziché difendersi preferì dimettersi il 20 giugno 1912 dalla carica di Preposito Generale dell’Ordine, ad un anno e poco più dalla sua elezione. Le incessanti e pesanti pressioni psicologiche subìte nel corso degli anni gli causarono nel 1913 un attacco di paresi che lo porterà alla morte il 23 aprile 1914, all’età di 73 anni. Nel 1964 la postulazione generale dell’Ordine apre il processo di beatificazione. Nel 1982 è dichiarata la eroicità delle sue virtù, il 23 giugno 1985 il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II lo proclama beato ed il 21 novembre 1999 santo.

.

Eppure, a ben pensarci, è stato più facile proclamarlo santo, anziché dire durante la cerimonia di beatificazione: «Beato Benedetto Menni, noi ti proclamiamo beato, ed al tempo stesso ti chiediamo perdono per il male che religiosi, religiose, sacerdoti e vescovi loro compiacenti complici e protettori ti hanno recato nel corso della tua intera esistenza». Giammai! Certe figure è più facile beatificarle e canonizzarle, lasciando prudentemente le terribili angherie da loro subite ben secretate nei fascicoli delle loro cause di beatificazione e di canonizzazione, creando semmai appresso delle amorevoli storielle di santini sdolcinati che siano adatte al Popolo di Dio, ovviamente per non suscitare in esso turbamenti con eccessivi bagni di realismo, ma soprattutto di verità, perché è vero, sì, che «la verità vi renderà liberi» [cf. Gv 8], ma qualche maestro alchimista del clericalese potrebbe anche ritenere che “troppa libertà”, al buon Popolo di Dio, finirebbe col dare alla testa. E chi inibisce la libertà, nega sempre la divina verità, per imporre la dittatura del diabolico verosimile.

.

Possiamo dimenticare ciò che accadde in quel di Sicilia a Padre Luigi Orione, dove nel 1908 il terremoto di Reggio Calabria e Messina provocò circa 90.000 morti? Padre Luigi Orione accorse in aiuto dei sopravvissuti e di numerosi orfani, ed assieme a Padre Annibale Maria Di Francia ― col quale sarà poi elevato agli onori degli altari nel 2004 — costituirono i due pilastri della futura ricostruzione. Dopo quella immane tragedia cominciarono a giungere sia dall’Italia sia dall’estero, in particolare dai cattolici del Nord America, del Canada e dell’Australia, grosse somme di danaro che accesero non poche fantasie, mire e grandi appetiti nel clero locale. Andavano quindi evitati da sùbito due problemi: le ruberie da parte del clero e la sistemazione da parte dello stesso di nipoti, familiari e di amici degli amici in seno ad un’operazione caritativa con somme di danaro a molti zeri. Il Santo Pontefice Pio X nomina Padre Luigi Orione Vicario generale dell’Arcidiocesi di Messina, dove per tre anni svolse il suo apostolato tra enormi difficoltà ed altrettante enormi sofferenze. Basti dire che il clero diocesano, vedendosi impossibilitato a mettere le mani sulla gran torta di danaro, con sprezzo lo soprannominò: «Commissario del Vaticano». Nulla però furono gli sprezzi e le calunnie, rispetto al tentativo di avvelenamento che Padre Luigi Orione subì attraverso un barbiere assoldato dai suoi nemici. Nel 1910, mentre svolgeva in modo molto accorto il proprio ministero, attento anzitutto ad ostacolare maneggi disonesti di danaro nel corso della ricostruzione, durante il taglio della barba fu infettato dal barbiere col virus della sifilide. Pochi giorni dopo, sul suo tavolo di studio e di lavoro, qualche mano anonima depositò un libro-omaggio, si trattava di un manuale di medicina intitolato: «Come si cura la sifilide». Semmai fosse stata necessaria conferma di quanto in quel frangente fosse impossibile fidarsi del clero locale dinanzi a siffatti interessi economici, Padre Luigi Orione chiamò a Messina come stretti collaboratori diversi suoi confratelli, tutti provenienti da fuori e per questo presto soprannominati dal clero locale come « colonizzatori stranieri » [si rimanda a un vecchio articolo del 2004 su La Civilità Cattolica, QUI].

.

È molto più facile prendere un sacerdote teologo perseguitato tutta la vita per essere stato un indefesso servitore della Chiesa e un difensore della santa dottrina cattolica, escluso e reso oggetto di ostracismi all’interno del mondo ecclesiale e del mondo accademico ecclesiastico impestati da mezzo secolo di eretici modernisti, ed elevarlo infine ultra ottantenne alla dignità cardinalizia, perché ciò costa molto meno, rispetto all’ammettere: « Ti chiediamo perdono, perché tu avevi ragione, noi abbiamo sbagliato ». E vi dirò: chi ha accettato alcune di queste porpore mirate a lavare certe coscienze ecclesiastiche, spesso a suo modo ha sbagliato. Al loro posto io avrei agito in altro modo, per esempio rispondendo: la dignità cardinalizia, datela ad un cinquantenne o ad un sessantenne, non a me che ho superato gli ottant’anni. A me basta molto meno: che mi domandiate scusa per tutto quello che mi avete fatto nel corso della mia esistenza. E ciò non ve lo chiedo per me – al quale le vostre scuse non interessano niente – ve lo chiedo solo per voi stessi, per la salute eterna delle vostre anime, che non possono lavarsi né essere lavate mettendo un rosso porpora addosso ad un poveretto in cammino verso i novant’anni, perché di rosso porpora si vestono anche le puttane, ma perlomeno sono a loro modo molto più coerenti e oneste rispetto a certi ecclesiastici.

.

Questo per ribadire che la Chiesa sembra capace a chiedere perdono solo agli ebrei, ai musulmani, agli ortodossi, ai protestanti, agli africani animisti, ai discendenti delle popolazioni indigene del Latino America e via dicendo, ma non ai suoi figli, meno che mai ai suoi devoti servitori e indefessi protettori …

.

Le parole scritte da San Bernardo di Chiaravalle e qui citate all’inizio, oggi si calano più che mai nella divina parola del Vangelo di questa liturgia della XXI domenica del Tempo Ordinario, nella quale il Verbo di Dio non ci dice: “Io sono amore senza giudizio e castigo”. Il Verbo di Dio, quando in modo assoluto ed esclusivo ci dice: « Io sono via, verità e vita » [cf. Gv 14], con quelle parole ci dice che egli non tollera la negazione della sua via e il progetto salvifico di vita che egli ci ha donato attraverso il mistero della redenzione per mezzo della sua incarnazione, morte e risurrezione; non tollera la menzogna, non tollera una vita che non sia conforme a Lui ed al suo annuncio. Cristo ha detto in modo chiaro e assoluto: Io sono. Non ha detto: “esistono varie vie e verità per giungere alla mia vita”. E ciò con buona pace di certi teologi del falso ecumenismo che intrisi di drammatica ignoranza non vogliono sentire neppure pronunciare la parola “assoluto”, che in teologia ha un significato ben preciso, da non confondere con gli assolutismi politici, come invece fanno molti dei nostri teologi moderni o modernisti. Nel suo Io sono, Cristo ci presenta quindi la purezza della assolutezza della fede, non la vaghezza della fede, non il relativismo religioso. Egli dice Io sono, non afferma: “Io potrei essere, ma non è detto che sia sempre Io, perché potrebbe essere anche Budda, Maometto, Lutero …”

.

Il Verbo di Dio non dice: “Siccome Io sono misericordia infinita, potete fare ciò che volete e come volete, perché tanto, alla resa dei conti, perdonerò tutti”. Il Verbo di Dio non dice che “l’inferno non esiste”, tutt’altro: ce ne rammenta l’esistenza più e più volte nel corso della sua intera predicazione, mettendoci anche sull’avviso che in quel luogo di eterna dannazione « sarà pianto e stridore di denti » [cf. Mt 7,13-14; 8,11; 7,21; 25,31-46. Mc 10,43; Lc 17,27-30; etc ..].

.

Il Verbo di Dio non dice che “il Demonio è una allegoria”, né dice – come ho sentito dire a più preti mai richiamati dai loro vescovi, od a più professori mai licenziati dalla Santa Sede dalle università pontificie – che Satana « è una traduzione mitico-simbolica delle antiche paure ancestrali dell’uomo », come sosteneva Karl Rahner e come oggi sostengono i suoi velenosi nipotini ormai al potere. Affermare questo è empietà ed eresia, è veleno dato in pasto ai nostri fedeli, perché in tal caso le prime leggende menzognere sarebbero proprio quelle scritte nel Vangelo, dove il primo intervento miracoloso di Gesù Cristo è la liberazione di un indemoniato [Cf. Mc 1, 23-26]. I Vangeli narrano di come Gesù Cristo caccia i demoni [Cf. Mc 1,21-28; 5,1-20; 9, 14-29, etc..] e di come dia mandato ai propri apostoli di cacciare i demoni in suo nome [Cf. Mc 9, 38; 16,17-18; etc.. ], non li esorta certo a insegnare al suo Popolo che il Diavolo è una leggenda allegorica, perché in tal caso seguirebbe subito appresso un’altra leggendaria allegoria: il mistero del peccato originale, sino alla completa de-costruzione del deposito della nostra fede …

.

Questo per dire come oggi più che mai sarebbe urgente istruire le membra vive del Popolo che Dio ci ha affidato, spiegando che il Verbo di Dio ci chiama a sforzarci di entrare per la porta stretta, perché « molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno » [Cf. Lc 13, 22-30]. E come capite, questo Vangelo, che poi è il solo e il vero Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo, è molto diverso da quello annacquato da certi preti con La Repubblica e L’Espresso sottobraccio, che anziché leggere le opere di teologia dei grandi Padri della Chiesa leggono Micromega, che anziché tenere sulle proprie scrivanie De Imitatione Christi [Le imitazioni di Cristo], ci tengono in bella vista i libri di quell’ateo impenitente, nonché sottile denigratore e dissacratore del cattolicesimo, tal è sempre stato Umberto Eco.

.

E se per tutti voi Christi fideles la porta sarà stretta, per noi sacerdoti, che molto di più abbiamo avuto e ricevuto da Cristo in doni di grazia e quindi in responsabilità, la porta sarà più stretta ancora, perché alle nostre mani Cristo ha affidato il Santissimo Mistero del suo Corpo e del suo Sangue; perché alle nostre persone ha affidato il suo Popolo da custodire e da pascere, non da disperdere, meno che mai da fuorviare con pensieri e con pensatori alla moda che costituiscono da sempre la negazione di Cristo buon pastore che è la porta dell’ovile [Cf. Gv 10, 1-21]. E il significato della “porta delle pecore” andrebbe ricordato — o forse peggio spiegato di sana pianta — a certi nostri preti usciti dopo anni di “formazione” dai nostri santissimi seminari, quando sulle porte delle loro chiese parrocchiali attaccano locandine, manifestini e annunci varî, spesso e volentieri neppure di carattere religioso. La porta della Chiesa ha un significato teologico, metafisico, la porta della Chiesa è il simbolo di Cristo Buon Pastore: «Io sono la porta delle pecore» [Cf. Gv 10, 1-21]. Come vi permettete dunque, razza di scellerati, di mettere sopra a Cristo Buon Pastore Porta delle pecore, locandine appiccicate con le puntine che pubblicizzano gare di ballo e cene sociali ?

.

Cristo Dio ci invita a passare per una porta stretta, dalla quale molti non riusciranno a passare, perché la misericordia infinita di Dio va di pari passo con la sua infinita giustizia, ed una divina misericordia senza giustizia non è neppure concepibile; e se qualcuno la concepisce, allora non annuncia il Vangelo, ma annuncia altro, vale a dire che non è cattolico, ma appartiene a un’altra religione, ad una falsa religione.

.

Dall’Isola di Patmos, 20 agosto 2016

San Bernardo di Chiaravalle, dottore della Chiesa

.

.

.

PREGHIERA DI SAN BERNARDO ALLA VERGINE

[ dal minuto 3,55 a seguire ]

.

.

.

I Vescovi irreali che dinanzi al pericolo dell’Islam rinnegano la prudenza insegnata dal Vangelo e invitano gli Imam sotto gli altari delle nostre cattedrali

I VESCOVI IRREALI CHE DINANZI AL PERICOLO DELL’ISLAM RINNEGANO LA PRUDENZA INSEGNATA DAL VANGELO E INVITANO GLI IMAM SOTTO GLI ALTARI DELLE NOSTRE CATTEDRALI

.

La sceneggiata dell’Imam nella Cattedrale di Asti: «Uccidere è grave, ma uccidere in nome di Dio è inaccettabile. I terroristi che ammazzano citando l’Islam sono uomini alterati che inventano un Dio del male frutto della loro follia» [Imam Latfaoui Abdessamad, cattedrale di Asti, 15 agosto 2016]. E adesso vi spiego perché con queste parole l’Imam ci ha presi in giro …

.

.

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

.

.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele, profetizza e riferisci ai pastori: Così dice il Signore Dio: Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi!»

[Profeta Ezechiele 34, 1-11]

.

.

PDF articolo formato stampa

.

.

Asti imam

l’Imam Latfaoui Abdessamad durante il suo discorso tenuto durante la Santa Messa per la solennità dell’assunzione di Maria Santissima nella Cattedrale di Asti il 15 agosto 2016

Dopo il mio precedente articolo, al quale segue oggi un altro del teologo domenicano Giovanni Cavalcoli [cf. QUI] e questo mio nuovo, numerosi Lettori ci hanno segnalati articoli comparsi sulla stampa nazionale e riguardanti lo “struggente” discorso fatto dall’Imam Latfaoui Abdessamad nella cattedrale di Asti, durante un incontro avvenuto all’interno della Chiesa madre di quella diocesi. A rendere questo incontro inopportuno e rasente il sacrilego, è ch’esso s’è svolto in un luogo sacro durante la celebrazione del Sacrificio Eucaristico nella solennità della assunzione al cielo della Beata Vergine Maria [cf. QUI, QUI, QUI, ecc..]

.

L’Imam che grazie al Vescovo di quella diocesi è stato invitato a parlare dallo stesso luogo all’interno del quale si amministra ai Christi fideles il “pane della Parola di Dio” ed il “vivo pane eucaristico disceso dal cielo sull’altare”, non si è affatto convertito al mistero Trinitario, non ha riconosciuto la divinità del Verbo di Dio incarnato, non ha riconosciuto che Maria — a dire di certi male informati «cara» e «punto di unione» con l’Islam [cf. mio precedente articolo, QUI] — non è semplicemente la madre dell’uomo-Gesù, ma la Mater Dei, dal ventre della quale è nato Cristo vero Dio e vero uomo. Infatti, come il Vescovo di Asti dovrebbe sapere, dal ventre della Beata Vergine, non è nato, per la nostra santa fede — come invece crede e afferma l’Islam — «l’uomo Gesù figlio di Maria», ma il Verbo di Dio fatto uomo, secondo l’ineffabile mistero delle due nature — umana e divina — sussistenti in Colui che, in dogmatica, è definito col termine di ιποστασις [ipostasi], derivante da ιπος “sotto” e στασις “stare”, che per i filosofi neoplatonici e per Plotino è la generazione gerarchica delle diverse dimensioni della realtà appartenenti alla stessa sostanza divina, la quale crea ogni cosa per emanazione. Il tutto ben precisando che nel mistero del Figlio di Dio — quando si fa uso del termine “emanazione” — s’intende esprimere la divina realtà del Creatore e del Figlio generato non creato della stessa sostanza del Padre. Nel Cristianesimo il processo di ipostasi è relativo all’unione dei principi divini e umani, l’incarnazione del divino rappresentata dal Cristo o semplicemente il processo attraverso il quale dal concetto assoluto di Dio si fa derivare necessariamente la sua esistenza sostanziale. Il Concilio di Calcedonia del 451 definisce il dogma di fede sancendo che per opera dello Spirito Santo si compie il mistero della unione ipostatica della natura divina e della natura umana, della divinità e dell’umanità nell’unica persona del Verbo-Figlio: Gesù il Cristo, nato dal ventre della Vergine Maria.

.

L’Imam è quindi uscito tale e quale è entrato nella Cattedrale di Asti, ossia considerandoci dei “pagani politeisti” che credono in tre dèi — la Trinità — e che al grande Concilio di Calcedonia hanno divinizzato attraverso giochi semantici filosofici tratti dal lessico dei pensatori pagani greci, l’uomo Gesù, al quale essi riconoscono sì, rango di profeta, ma attenzione, gli riconoscono rango di profeta minore rispetto a colui che è il vero, grande e ultimo profeta: Maometto. E questo vero, grande e ultimo profeta che sarebbe Maometto, ha corretto e perfezionato il pensiero “errato” e “incompleto” dell’uomo Gesù.

.

Il Presule astigiano s’è assunto dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini la responsabilità di usare la propria chiesa cattedrale per fuorviare il Popolo a lui affidato dalla Grazia Divina e per far sì che al suo interno fossero enunciate delle “eleganti” bestemmie de facto. Infatti, una presenza così inopportuna, per di più in simile contesto e solennità liturgica, è in sé e di per sé molto peggiore delle bestemmie che per malvezzo popolare e per maleducazione, pur senza intenzione alcuna di offendere Dio e la Santa Vergine, sono soliti pronunciare come intercalare nei propri discorsi certi popolani romagnoli e toscani, che sia Giovanni Cavalcoli sia io conosciamo bene per nostro ceppo di nascita.

.

La scelta e il comportamento del Vescovo di Asti è inaccettabile perché palesemente non conforme alla prudenza e alla sapienza del Vangelo, di cui il Presule astigiano dovrebbe essere per alto ministero apostolico custode e annunciatore, nonché difensore sino allo spargimento del suo sangue.

.

Nella cattedrale di Asti si è celebrata, per la gioia della Sinistra radical chic, per la gioia degli ultra laicisti, per la gioia dei massoni, ma soprattutto per la gioia dei nostri eretici modernisti interni, una rappresentazione mediatica mirata a negare la realtà. Come infatti diceva il Santo Padre e dottore della Chiesa Girolamo: «Il Demonio scimmiotta Dio e vuole creare un’altra realtà». L’esatta locuzione sarebbe «Diabolus est simia Dei» [il Diavolo è la scimmia di Dio], concetto ripreso poi dal Santo dottore della Chiesa Agostino vescovo d’Ippona.

.

Il Demonio è il maestro del capovolgimento, incluso il capovolgimento della Parola di Dio usata in modo deviante per compiere azioni malvagie. E Dio solo sa quanto oggi le parole del Santo Vangelo siano svuotate del loro significato salvifico per essere riempite d’altro, soprattutto di mondanità e di piacioneria. La distruzione della vera fede è infatti sempre preceduta dalla distruzione del vero significato originario delle parole evangeliche [sul linguaggio rimando al mio vecchio articolo del 2014 QUI e ad una mia video-conferenza del 2016 QUI].

.

Il discorso tenuto dall’Imam, la cui presenza in cattedrale è passata sicuramente avanti alla stessa solennità dell’assunzione al cielo di Maria Santissima, alla prova dei fatti va letta alla stessa stregua dei capi mafia che a metà degli anni Settanta, per non dare adito a sospetti, partecipavano con la lacrima all’occhio ai funerali delle vittime uccise dai loro killers. Erano i primi a porgere il loro cordoglio a vedove ed orfani, per poi tornare poco dopo alle loro attività mafiose, semmai facendo pure due grasse risate sul funerale al quale avevano partecipato.

.

Sono consapevole della pesantezza di ciò che affermo, ma resta il fatto che quanto pronunciato dall’Imam all’interno della Cattedrale di Asti è un discorso di circostanza vago, non sincero e per ciò falso. E le ragioni di questa mia grave asserzione, di cui adesso vi spiego le motivazioni, sono già contenute tutte nel mio precedente articolo [cf. QUI].

.

Un imam che durante la celebrazione del Sacrificio Eucaristico nel giorno della solennità dell’assunzione al cielo di Maria, condanna il terrorismo affermando che «Isis uccide in nome di un dio creato dagli uomini del male e non dall’Islam» [cf. QUI], oltre a non dire niente, ci prende beotamente in giro. I terroristi dell’Isis sono infatti solamente la punta estrema di un iceberg che affonda innegabilmente le proprie radici nel Corano, il quale legittima da sempre la guerra contro gli infedeli, la loro conquista e la loro conversione forzata; ieri come oggi. E questo è il Corano che nella pratica e nella quotidianità deve insegnare l’Imam Latfaoui Abdessamad, come nella pratica e nella quotidianità io insegno e devo insegnare che Cristo è vero Dio e vero uomo.

.

L’Imam ha rassicurato i figli dell’Occidente presenti a quella sceneggiata mediatica dicendo loro ciò che essi volevano sentirsi dire per esorcizzare le proprie paure, facendogli credere che — al di là della violenza contenuta di fatto nei testi coranici — l’Islam è … “una religione d’amore” (!?).

 .

Io affermo che l’Imam ha “recitato” e di conseguenza “mentito”, non perché accecato da mie prevenzioni che potrebbero generare opinioni soggettive partorite da umori che mi impediscono di analizzare il dato reale. tutt’altro! Perché io, al contrario del Vescovo di Asti e di coloro che con lui hanno organizzata questa sceneggiata dai connotati sacrileghi, analizzo e valuto seguendo sempre la divina sapienza e prudenza del Vangelo, il quale mi insegna anzitutto a riconoscere gli alberi dai frutti che danno:

 .

Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore [Lc 6, 43-45].

 E ancora:

Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò.  Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest’anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai [Lc 13, 6-9].

 .

Si domandi pertanto il Vescovo di Asti: quali sono i frutti che l’albero del falso profeta Maometto ha generato in XIV secoli di storia? Perché il monito che Cristo Dio rivolge a questo falso profeta che si pone al di sopra del Verbo di Dio e che osa in modo empio e blasfemo correggere la parola a suo dire “errata” e “imperfetta” del Dio Incarnato, è esattamente questo:

 .

La mattina seguente, mentre uscivano da Bethania, ebbe fame. E avendo visto di lontano un fico che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se mai vi trovasse qualche cosa; ma giuntovi sotto, non trovò altro che foglie. Non era infatti quella la stagione dei fichi. E gli disse: «Nessuno possa mai più mangiare i tuoi frutti». E i discepoli l’udirono [Lc 11, 12-14].

 .

.

… i «discepolo l’udirono», come recita il finale di questo passo. Il Vescovo di Asti, invece, lo ha mai udito? E dopo averlo udito, lo ha mai capito e praticato? Per questo mi domando: quale Vangelo piacione legge e insegna il Vescovo di Asti a coloro che assieme a lui necessitano di essere rassicurati con l’aspirina dell’Islam moderato ? [cf. QUI]. Ha mai letto, il Vescovo di Asti, la magistrale e storica lectio tenuta dal Venerabile Pontefice Benedetto XVI a Ratisbona? [cf. QUI]. O per caso, il Vescovo di Asti, in quel lontano 2006 faceva parte della cordata di quei nostri prodi interni che contestarono Benedetto XVI con autentica spietatezza, per avere indicato null’altro che l’ovvio palese, vale a dire quella aggressività e quella violenza che è culturalmente connaturata all’Islam?

.

«I frutti degli alberi», o meglio del «fico sterile», senza alcuna possibile pena di smentita sono i seguenti: in tutti i Paesi ad alta percentuale di popolazione islamica — incluso il Paese da cui proviene questo Imam — i cristiani sono considerati cittadini di seconda categoria, non beneficiano di tutta una serie di diritti civili, non possono accedere a certi posti di impiego, sono tenuti sotto controllo, subiscono continue pressioni di conversione all’Islam, non possono praticare in pubblico la loro fede ma solo all’interno di poche strutture chiuse e controllate dai regimi teocratici e nelle quali i sacerdoti, prima di tenere le loro prediche, sono obbligati a presentare il testo alle pubbliche autorità ed avere la loro approvazione, ecc … Ma volendo possiamo pure aggiungere altro: nei Paesi retti da teocrazie religiose islamiche, se uno usa violenza carnale a una donna cristiana, non è perseguibile dalla legge, perché la sharija non contempla severe punizioni per un uomo che stupra una donna cristiana. Lo domandi, il buon Vescovo di Asti, all’Imam che ha ospitato a pontificare sotto l’altare della sua Chiesa cattedrale durante la celebrazione del Sacrificio Eucaristico nel giorno dell’assunzione al cielo della Mater Dei. E visto che c’era, sempre il Vescovo di Asti, poteva avanzare istanza all’Imam se era disposto a chiedere, in nome dell’Islam “religione dell’amore” che “condanna la violenza”, la restituzione dei numerosi bambini e bambine che non pochi padri musulmani, fuggendo dall’Italia, hanno portato nei propri Paesi d’origine, senza che le madri italiane li abbiamo mai più potuti rivedere. E quando le madri hanno intrapreso inutili rogatorie internazionali, dai giudici dei vari Paesi musulmani si sono sentite rispondere che per la sharija, applicata nel loro Paese, la prole appartiene al padre. Ma siccome, l’Imam che ci ha presi tutti quanti in giro nella Cattedrale di Asti, appartiene all’Islam “religione dell’amore” che “condanna la violenza”, ovviamente sia fisica sia psicologica, sicuramente accoglierà tutte queste nostre richieste, condannando per violazione dei diritti umani — semmai questa volta direttamente sotto l’altare della Papale Arcibasilica di San Pietro — la maggioranza assoluta dei Paesi islamici, incluso il suo Paese d’origine.

 .

L’Imam che nella Cattedrale di Asti ha annunciato il suo “no alla violenza” nel giorno immediatamente successivo a quello in cui la Chiesa faceva memoria degli 813 martiri di Otranto uccisi in odio alla fede dai musulmani, ha forse fatto un solo cenno alla necessità che i cristiani, in tutti i Paesi arabi, possano godere di quella stessa libertà di cui godono i musulmani in tutti i Paesi dell’Occidente?

 .

L’Imam, ha forse fatto un solo vago cenno al fatto che in diversi Paesi arabi — e non solo arabi — retti da teocrazie religiose, i pochissimi cristiani ivi residenti, possono partecipare alla Santa Messa di Natale e di Pasqua solo all’interno dei locali extraterritoriali delle ambasciate d’Italia e di Francia, dove in occasione di queste solennità viene celebrata una sacra liturgia in un salone interno, esclusivamente per gli addetti al servizio diplomatico e per gli stranieri che si trovano a soggiornare in quei Paesi per motivi di lavoro? E tutto questo accade mentre in Occidente, i musulmani, coi finanziamenti di questi stessi Paesi retti da teocrazie religiose che negano ogni genere di diritto ai cristiani, costruiscono invece grandi e sempre più numerose moschee, mentre i loro imam vengono a prenderci in giro direttamente sotto gli altari delle nostre cattedrali per raccontarci che l’Islam è una “religione d’amore” che “condanna la violenza”.

 .

L’Imam, il giorno dell’Assunta, nella Cattedrale di Asti, in verità ha solo messo in pratica quello che insegna il Corano circa il fatto che in alcune circostanze, gli infedeli, non vanno aggrediti con la jiad, perché bisogna conquistare prima la loro fiducia, poi, una volta ch’essi avranno perduto ogni paura, a quel punto vanno aggrediti e sottomessi.

 .

Venendoci a esprimere vaghe condanne al terrorismo, l’Imam ci ha trattati come dei perfetti beoti attraverso la vaghezza e la doppiezza, da buon albero che non porta e che non può produrre alcun frutto, in quanto figlio di un «fico sterile» [cf. Lc 11, 12-14], vale a dire delle menzogne di un falso profeta in nome del quale si seguita tutt’oggi a portare i frutti della violenza e della morte.

.

Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete [Mt 7, 15-16]

.

.

Nel frattempo, forse l’Imam avrà dato un’occhiata agli spazi della Cattedrale di Asti, che domani potrebbe essere una nuova moschea, con il suo Vescovo che al primo cenno di temporale si darà alla fuga, lasciando noi tutti a rischiare la pelle per Cristo, con Cristo e in Cristo. Lo dico io? No, lo dice la storia, ed esattamente in questi termini: quanti furono i Vescovi di Francia che durante la Rivoluzione si rifiutarono di prestare giuramento di fedeltà ad una costituzione iniqua perché ferocemente anti-cristiana? Furono … quattro, solo quattro. E tutti e quattro si nascosero per non finire sulla ghigliottina, mentre gli altri loro Fratelli nell’episcopato trattavano con gli illuministi anti-cristiani e facevano con essi salotto piacione, semmai criticando da una parte Roma e il papato, dall’altra i preti francesi cosiddetti refrattari, proprio come oggi …


Il Vescovo di Asti ha dato esempio di essere pessimo maestro e pastore, ed a fronte di quanto ho affermato a suo riguardo, Sua Eccellenza Reverendissima è pregata di evitare, sia per pudore sia soprattutto per il suo onore episcopale, di fare la classica telefonata di fuoco al mio Vescovo per lamentare un attentato di lesa maestà nei suoi riguardi da parte di un suo presbìtero. Se però ritiene di avere qualche cosa da lamentare nei miei confronti, mi faccia convocare quanto prima presso la Congregazione per la dottrina della fede, perché il mio è un discorso teologico che nell’ambito tutto teologico deve rimanere, ed in ambito teologico deve essere eventualmente discusso, visto che nelle mie righe si parla del Vangelo e dei falsi profeti sui quali Cristo Dio ci mette in guardia, per seguire col monito paolino:

.

Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole [II Tm 4, 3-4].

.

Pertanto non sono ammessi i permali clericali di certi vescovi dei quali a onor del vero non ne possiamo più, ma proprio più, in questa giornaliera gara episcopale a chi la combina ed a chi la spara più grossa, nel corso di quelle che, più che le Olimpiadi Clericali dell’Eccesso, hanno ormai i veri e propri connotati delle Olimpiadi Clericali del Cesso.

.

.

.

Post scriptum del 17 agosto 2016

 LETTURA CONSIGLIATA DELLA LITURGIA DEL GIORNO

Per la Lectio Divina del Vescovo di Asti S.E. Mons. Francesco Guido Ravinale        

Dal Libro del Profeta Ezechiele [34, 1-11]

 

Mi fu rivolta questa parola del Signore:
«Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele, profetizza e riferisci ai pastori:

Così dice il Signore Dio: Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi!

I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge.

Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. Per colpa del pastore si sono disperse e sono preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate. Vanno errando le mie pecore su tutti i monti e su ogni colle elevato, le mie pecore si disperdono su tutto il territorio del paese e nessuno va in cerca di loro e se ne cura.

Perciò, pastori, ascoltate la parola del Signore: Com’è vero che io vivo – oracolo del Signore Dio –, poiché il mio gregge è diventato una preda e le mie pecore il pasto d’ogni bestia selvatica per colpa del pastore e poiché i miei pastori non sono andati in cerca del mio gregge – hanno pasciuto se stessi senza aver cura del mio gregge –, udite quindi, pastori, la parola del Signore: Così dice il Signore Dio:

Eccomi contro i pastori: a loro chiederò conto del mio gregge e non li lascerò più pascolare il mio gregge, così non pasceranno più se stessi, ma strapperò loro di bocca le mie pecore e non saranno più il loro pasto. Perché così dice il Signore Dio:

Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna».

.

.

____________

Cari Lettori e Cari Fedeli del Popolo di Dio.

Siamo lieti di informarvi che dal 1° gennaio dell’anno in corso ad oggi, 16 agosto, L’Isola di Patmos ha superato i 4.000.000. di visite.

Ogni tanto vi ricordiamo anche che noi, per diffondere la fede e la dottrina cattolica, “non siamo finanziati dall’Emiro del Qatar né dall’Arabia Saudita“. Il nostro lavoro e la gestione del sito di questa nostra rivista telematica è sostenuto da sempre, interamente, con le vostre offerte.

Se potete e se volete vi preghiamo di ricordarvi di noi e del nostro lavoro apostolico, usando il comodo e sicuro sistema Paypal che trovate in fondo a destra sulla home-page.

Grazie!

.

.

.

.

.

.

Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

La sfida dell’Islam all’Europa non si gioca sui dialoghi convenevoli ma tutta quanta sul problema di Dio

LA SFIDA DELL’ISLAM ALL’EUROPA NON SI GIOCA SUI DIALOGHI CONVENEVOLI MA TUTTA QUANTA SUL PROBLEMA DI DIO

.

La teologia coranica non difetta nel delineare gli attributi del Dio Uno, come riconosce lo stesso Concilio, anche se esso tace su di una visione volontaristica e fatalista, che fu rilevata invece a suo tempo dal discorso di Benedetto XVI nella sua famosa Lectio Magistralis all’Università di Ratisbona, e che è alla radice del metodo impositivo e violento col quale l’Islam abitualmente diffonde il messaggio coranico.

.

.

Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

.

.

«Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

[Gv  14, 6-7]

.

PDF articolo formato stampa

.

.

falso profeta

«Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà. Ma chi persevererà sino alla fine, sarà salvato» [Mt 24, 11-13]

Oggi il tentativo dell’espansionismo islamico in Europa in nome del Corano si trova davanti ad un’Europa che non è più cristiana ed anzi è caratterizzata da forti tendenze atee o agnostiche, mentre il mondo cristiano soffre di un calo, di un indebolimento [1] o di una relativizzazione delle convinzioni religiose; la condotta morale di molti si scosta spesso dai princìpi della Chiesa e del Vangelo e a volte  da quelli stessi della sana ragione naturale. Si fanno le lodi di una fede che, anziché cercare la certezza, coltiva il dubbio [2], credendo con ciò di essere qualificati a dialogare con gli atei. Chi crede di poter affermare con fermezza, chiarezza e senza esitazione la propria fede davanti ad un incredulo opponendosi al suo errore, è ritenuto un violento e un fondamentalista, mentre è considerato “aperto” e “accogliente” chi tace, svia il discorso o afferma la propria fede ammettendo però anche la tesi opposta dell’incredulo. I modernisti paragonano l’atteggiamento del primo tipo di cattolici a quello degli islamici. Per inciso: a me una volta un confratello, del quale non faccio il nome, ha dato del “talebano”. Non parliamo poi dei Domenicani che disprezzano la metafisica …

.

La Chiesa in Europa si trova a dover fronteggiare molte forze ostili. Dall’esterno proviene una duplice pressione, una duplice morsa: da una parte, la pressione delle tendenze scettiche, atee, agnostiche e materialistiche; dall’altra, la penetrazione in atto da molti anni sul territorio di vari paesi, soprattutto la Germania, la Francia e il Belgio, di milioni di musulmani, i quali non si convertono affatto al cristianesimo, ma conservano gelosamente ed ostentatamente, per esempio con la loro preghiera in pubblico, con le loro moschee e centri educativi e culturali, le loro credenze e pratiche coraniche, senza nascondere il loro intento di divenire una forza politica dominante.

.

All’interno della Chiesa, poi, è in atto da cinquant’anni una dolorosa divisione fra lefebvriani e modernisti, che disturba e sconcerta l’intero corpo ecclesiale, senza che la Santa Sede e i vescovi riescano a far giustizia delle deviazioni, a far dialogare tra di loro i contendenti, e metter pace fra queste due fazioni, ognuna delle quali avrebbe, per la verità, lati buoni da completarsi a vicenda. Sennonché invece ognuna assolutizza la propria visione parziale escludendo l’altra, sicché l’accordo finora si è rivelato impossibile.

.

Entrando nella fattispecie del problema del rapporto con l’Islam, sia i lefebvriani, che i modernisti respingono l’idea di una evangelizzazione dei musulmani; i primi per il fatto che, memori degli innumerevoli tentativi ed anzi delle numerosissime violenze subìte dai cristiani nei secoli passati da parte dei musulmani, giudicano l’impresa disperata; i secondi, perché non credono all’universalità e necessità del Vangelo per la salvezza, per cui ritengono che è bene lasciare i musulmani nella loro fede, nella convinzione che si salvino con essa.

.

A ciò sono associati due giudizi opposti sull’Islam. I lefebvriani e i modernisti  rifiutano il metodo impositivo e violento dei musulmani nel diffondere il loro credo. I lefebvriani, però, tenendo conto dell’atteggiamento di Cristo, riconoscono come cosa giusta minacciare un eterno castigo a chi non vuol credere in Dio, mentre i modernisti rifiutano l’idea di un castigo divino perché ritengono che tutti si salvino. 

.

I lefebvriani non accettano il giudizio positivo espresso dal Concilio Vaticano II [3], in particolare che cristiani e musulmani adorino entrambi l’unico vero Dio, creatore del cielo e della terra, giusto e misericordioso. Ritengono che, nel caso dell’Islam, si tratti di un dio falso per il fatto che i musulmani non riconoscono i dogmi della Trinità e dell’Incarnazione, ed anzi li avversano.

.

I modernisti invece accettano il giudizio del Concilio, ma non danno importanza al fatto che i musulmani non accettano quei due dogmi, ai quali il Concilio, nel documento dedicato all’Islam, non accenna. Questa indifferenza dei modernisti nei riguardi di quei dogmi è data dal fatto che essi stessi, a causa del loro relativismo dogmatico, non li considerano necessari alla salvezza, oltre al fatto che non li concepiscono in modo ortodosso. I lefebvriani, al contrario, tengono molto alla concezione ortodossa di quei dogmi e sanno che la fede in essi è necessaria alla salvezza, almeno come fede implicita.

.

Se i modernisti nell’inseguire una modernità secolarizzata, sono dei relativisti in fatto di dogma e di religione, i lefebvriani, all’opposto, nostalgici di una cristianità sacrale, stentano ad apprezzare i valori delle altre religioni, le vedono solo come una massa di superstizioni da eliminare. Per i primi l’Islam va combattuto. Per i secondi va “integrato”.

.

Ora, quando diciamo Europa, chiaramente, non intendiamo solo la Chiesa europea. Fino al XVIII secolo, con la Rivoluzione Francese, si poteva dire che l’Europa coincideva con la cristianità europea, benchè essa fosse già divisa dal 1648 con il trattato di Westfalia tra cattolici e protestanti. Ma con la Rivoluzione Francese la Chiesa europea non presiede più come nel Medioevo alla guida degli Stati, ma condivide coi nuovi Stati laici ― allora soprattutto monarchie costituzionali ― la guida dei popoli europei, come cittadini per gli Stati e come cristiani per le Chiese cattolica e protestante.

.

Dunque la sfida islamica all’Europa è sfida alla Chiesa e alla società civile. La Chiesa, per affrontare adeguatamente questa sfida, deve fare in modo innanzitutto di pacificare al suo interno il contrasto tra modernisti e lefebvriani. E poi bisognerà vedere dove e quanto, in questo confronto con l’Islam, le forze laiche possono essere alleate di noi cattolici e dove invece possono esserci di ostacolo o quanto meno mostrare incomprensione.

.

Tra le forze laiche ve ne sono di teiste o deiste, come per esempio i liberali, i repubblicani e i massoni, di matrice illuminista. Ve ne sono di agnostiche, come i fenomenisti e gli empiristi. C’è l’ampia area dell’ateismo marxista, freudiano e positivista, non così acrimoniosi come un tempo e tuttavia una realtà consistente e pericolosa, responsabile della vasta diffusione popolare del permissivismo, dell’edonismo e del materialismo. Esistono ristrette aree di intellettuali fenomenologi, idealisti, panteisti e gnostici.

.

Cristiani e musulmani sono certi dell’esistenza di Dio, anche se diversa è la forma di questa certezza: ragionata, la prima, fideistica la seconda. Problematica è dunque per noi cattolici un’eventuale alleanza con le frange meno religiose o addirittura atee del mondo laico. Vien fatto di sentirci su questo punto della fede in Dio più vicini all’Islam che al mondo laico, soprattutto se ateo [4]. Inoltre, un altro punto di innegabile convergenza tra Vangelo e Corano e di scontro con gli umanesimi terreni, atei o panteistici, è la concezione che abbiamo in comune dell’uomo, composto di anima e corpo, creato da Dio, ma peccatore, oggetto della divina misericordia, fatto per Lui, eppure capace di rifiutarLo col libero arbitrio disobbedendo ai suoi comandi e rifiutandosi di rendergli culto, col gonfiarsi di superbia e col divinizzare se stesso e condannandosi quindi automaticamente all’inferno. Per il Vangelo come per il Corano l’uomo che si sottomette a Dio attende la resurrezione per la vita eterna all’ultimo giorno della storia terrena col ritorno di Cristo.

.

Di non lieve entità la questione del dogma cristiano. Fra tutte le forze religiose presenti in Europa, soltanto quelle cristiane, cattoliche, ortodosse e protestanti, danno testimonianza della fede nel mistero trinitario e in quello dell’Incarnazione, che costituiscono appunto il centro, il fulcro e il vertice caratteristici della religione cristiana. La Chiesa si trova a dover proclamare e difendere da sola queste verità fondamentali del cristianesimo in un’Europa già un tempo cristiana, ma che ora è influenzata da molte dottrine più o meno lontane dal cristianesimo, per non dire addirittura contrarie, ed alcune contrarie alla stessa religione in generale.

.

Il freno veramente efficace all’espansione islamica in Europa non sono tanto le forze laiche, politiche o di altre religioni, alcune delle quali, benchè vicine al cristianesimo come l’ebraismo, non accettano i due suddetti dogmi. Il freno decisivo è la Chiesa, appunto per la forza invincibile, datale da Dio, con la quale essa toglie all’Islam il pernicioso e deleterio veleno della plurisecolare negazione ostile ed ostinatissima di quelle somme e divine verità salvifiche per l’intera umanità, come dimostra tutta la storia del cristianesimo.

.

Questo intoppo apparentemente insuperabile alla diffusione del cristianesimo nei paesi arabi e del Medio Oriente, in atto da secoli, ed anzi l’avanzamento dell’islam non solo religioso ma anche politico, in varie parti del mondo è un grande mistero, se pensiamo al mandato di Cristo di evangelizzare tutte le genti ed agli innumerevoli popoli, anche ferocemente barbari e pagani, che nel corso di questi duemila anni hanno finito con l’accogliere ed tuttora accolgono la fede cristiana.

.

La teologia coranica non difetta nel delineare gli attributi del Dio Uno, come riconosce lo stesso Concilio, anche se esso tace su di una visione volontaristica e fatalista, che fu rilevata invece a suo tempo dal discorso di Benedetto XVI nella sua famosa Lectio Magistralis all’Università di Ratisbona [cf. QUI], e che è alla radice del metodo impositivo e violento col quale l’islam abitualmente diffonde il messaggio coranico. Quello che invece è incomprensibile e forse inescusabile è come dopo quattordici secoli che i teologi cristiani hanno chiarito e dimostrato che il Dio Trino cristiano è il medesimo Dio Uno adorato da musulmani ed ebrei, ancora i fedeli dell’islam oppongano alla dottrina trinitaria e dell’Incarnazione le medesime grossolane obiezioni del Corano.

.

Il Dio cristiano non è “un altro Dio”, come dicono alcuni, rispetto a quello coranico. È il medesimo unico Dio, con la differenza che, come cristiani, lo conosciamo meglio [come trinitario] grazie alla rivelazione fatta da Cristo, mentre i musulmani sono sviati dagli errori del Corano. Lo stesso nome “Allah” ha la medesima radice ebraica di El, che significa appunto “Dio”.

.

Mi spiace di dover contraddire in ciò le pur sagge osservazioni del Cardinale Giacomo Biffi, affermando che non è vero che il Corano presenterebbe un concetto di umanità “diversa” dalla nostra. Si tratta invece del medesimo concetto di “uomo” [animal rationale] tratto dalla ragione naturale. La differenza sta nel fatto che noi cristiani proponiamo un ideale di uomo “figlio di Dio” in Cristo, cosa che non può che essere ritenuta impossibile nell’umanesimo islamico a causa del fatto che, negandosi che Gesù sia Figlio di Dio, risulta per conseguenza evidente che l’uomo non può essere “figlio di Dio”.

.

Ma la Chiesa non può e non deve rinunciare ad annunciare anche ai musulmani la verità su Cristo e la Santissima Trinità. Perchè i musulmani dovrebbero fare eccezione? Sono dispensati o esentati dal credere in Cristo? Non hanno intelligenza sufficiente? Non sono esseri ragionevoli come tutti gli altri? La loro forma mentis non è adatta? Si salvano col Corano? Ma perchè poi lo vogliono imporre a tutto il mondo? Maometto ha forse avuto un mandato da Dio più credibile di quello di Cristo? Sono giunti a Cristo i popoli più diversi, i più rozzi, i più barbari, i più superstiziosi, i più incivili. E non dovrebbero o potrebbero accedere a Cristo le popolazioni musulmane? Per quale motivo?

.

Cristo non ha fatto eccezione per nessuno. Anche loro non possono salvarsi se non grazie a Cristo. Caso simile è quello degli Ebrei, i quali anzi da sei secoli prima del Corano rifiutano la divinità di Cristo, in nome del monoteismo. Ma almeno gli Ebrei hanno l’Antico Testamento, mentre i musulmani hanno questo Corano, contenente l’assicurazione da parte di Dio della sua rivelazione fatta a Maometto: una raccolta tra l’altro slegata e scoordinata di brevi capitoli, con insegnamenti teologici, ammonimenti e avvertimenti morali, mescolati a storie esemplari spesso tratte dall’Antico Testamento [le Sure], richiami e rimproveri fatti ad ebrei e cristiani, con molte ripetizioni, e l’aggiunta di improbabili leggende e personaggi mitologici.

.

Insistente e perentoria nel Corano è l’affermazione che esiste un solo Dio, «Creatore, sapiente, clemente, onnipotente, provvidente, giusto, misericordioso e rimuneratore», con l’avvertenza che non gli si devono associare altri dèi e che quindi è blasfemo e segno di politeismo pensare che egli abbia un figlio, Dio alla pari di Lui, evidente riferimento alla fede cristiana nella divinità di Cristo, per il quale peraltro, «il figlio di Maria», il Corano ha anche parole di lode. Ma il profeta escatologico è Maometto.

.

L’opposizione coranica alla divinità di Cristo si esprime in termini molto semplici, che tuttavia lasciano trasparire il terribile equivoco. Maometto non sa concepire la generazione se non in termini biologici, per cui dal suo punto di vista ha perfettamente ragione quando dice che Dio non può avere un figlio, sia perchè Egli è puro Spirito e sia perchè ammettere un Dio figlio vorrebbe dire ammettere un altro Dio [“Figlio”]  accanto a Dio “Padre”, il che sarebbe cadere nel politeismo.

.

Maometto non comprende che la generazione in Dio va intesa in senso analogico come emanazione spirituale, così come Gesù dice di essere “uscito” dal Padre, come il pensiero emana dall’intelletto, perché appunto Cristo è il Pensiero, il Logos del Padre. Questa emanazione, quindi non è la produzione di un figlio in senso biologico che esca dall’essenza del generante, ma resta all’interno dell’essenza divina. Per Maometto ammettere due persone divine, Dio Padre e Dio Figlio, vorrebbe dire ammettere due dèi. Non capisce che Padre e Figlio in Dio sono il medesimo ed unico Dio. Non capisce che essi sono distinti come sono distinte tra loro due relazioni sussistenti, come l’esser-padre è distinto dall’esser-figlio. Relazioni sussistenti perché l’esser-Padre è il Padre, e l’esser-Figlio è il Figlio. E l’uno e l’altro sono Dio.

.

Maometto non sa raggiungere il concetto di persona divina perché non sa liberarsi del concetto di persona umana, per il quale ad ogni persona corrisponde una sola natura individuale. Non comprende pertanto come ad una sola natura divina possano corrispondere tre persone, perché non riesce a concepire la persona divina come relazione sussistente. Infatti la persona in generale è un sussistente spirituale. Solo che, mentre nel caso della persona umana il sussistente è una sostanza o natura, nel caso della persona divina, il sussistente è una relazione [esser-Padre ed esser-Figlio].

.

Infine Maometto non poteva ammettere la divinità di Cristo, perché non poteva ammettere che una sola persona divina [il Figlio] potesse avere due nature, una umana e una divina, come aveva definito il Concilio di Calcedonia nel 451, proprio quella Calcedonia, che pochi secoli dopo sarebbe stata islamizzata dai musulmani [cf. parte iniziale dell’articolo di Ariel S. Levi di Gualdo, QUI]. Maometto era preoccupato in cristologia di scongiurare il panteismo, ossia la divinizzazione dell’uomo. Gesù non poteva essere Dio, perché ciò avrebbe comportato, secondo Maometto, confondere l’uomo con Dio, idolatrare un uomo, “associare a Dio un altro dio”, come egli si esprime.

.

La stessa preoccupazione la troviamo in Schillebeecx, per il quale dire che “Gesù è Dio” implicherebbe panteismo. Per questo egli preferisce dire che “Dio è in Cristo”. Tuttavia, la divinità di Cristo non va concepita neppure alla maniera di Rahner, il quale non ha difficoltà ad ammetterla, ma solo perchè definisce l’uomo facendo entrare Dio nella sua essenza: “Ciò che è l’uomo, non lo si può dire se non enunciando ciò a cui egli mira e da cui è avvistato” (=Dio) [5].

.

Per concepire e per accettare nella fede i dogmi della Trinità e dell’Incarnazione non occorre comprendere le sottili delucidazioni metafisiche di un San Tommaso nella Summa Theologiae, ma è sufficiente la nozione catechistica comprensibile anche ai fanciulli. Anche la teologia più sublime resta nei suoi misteri di fede infinitamente al di sotto della comprensione esaustiva, e d’altra parte, già la mente del fanciullo, illuminato dallo Spirito Santo, è in grado di conoscere il Mistero e di renderlo sorgente di vita eterna. Dunque i musulmani non hanno scuse nel giudicare assurdi o blasfemi i dogmi cristiani. Chiariscano i dubbi, si accostino con umiltà e fiducia al Vangelo nella sua interpretazione fatta dalla Chiesa, evitino le eresie [per es. Lutero, Küng, Rahner e Schillebeeckx] e otterranno gli immensi benefici salvifici, che tanti altri popoli in questi duemila anni hanno già ottenuto.

.

Quali sono dunque le possibilità della Chiesa per la difesa dell’Europa? La Chiesa può allearsi con l’illuminismo dei diritti dell’uomo per la difesa della civiltà europea e della libertà religiosa contro il totalitarismo religioso islamico. La Chiesa può trovare nel monoteismo islamico e nella religione naturale illuminista [Kant] degli alleati nella difesa della religione contro l’ateismo. I cristiani, cattolici e protestanti sono chiamati alla difesa del valore della rivelazione cristiana contro l’Islam, il razionalismo illuminista e l’ateismo. In ciò essi difendono le radici cristiane dell’Europa.

.

Il cristianesimo fiacco, relativista, indifferentista, buonista e modernista, come per esempio quello promosso da Schillebeeckx, non è in grado di resistere alla pressione o imposizione minacciosa dell’Islam, ma è prevedibile che nel caso che l’islamismo acquisti un domani il potere politico, si dissolverà e sarà assorbito dell’Islam, come è sempre accaduto nei paesi cristiani invasi dall’Islam.

.

Lo stesso dicasi per il cristianesimo idealista, panteista, pseudomistico e gnostico di origine hegeliana, come per esempio quello rahneriano. Qui Cristo non è Dio nel senso del Dio trascendente comune a cristianesimo ed islamismo, ma non è altro che il vertice ultimo e l’“orizzonte” della trascendenza umana, essendo ogni uomo essenzialmente e continuamente “in grazia”; il che, per l’islam e per il vero cristianesimo, è una bestemmia.

.

Termino con una conclusione semiseria, nonostante la serietà della questione, ipotizzando una invasione islamica dell’Europa. Se finora i vescovi non sono riusciti a impedire che tra i fedeli giri questo obbrobrio della confusione dell’uomo con Dio, ci penseranno i musulmani, una volta che il sindaco di Roma sarà un seguace di Maometto, perché potrà ricevere assicurazione dai modernisti, abituati al più perfetto camaleontismo, che il Vangelo, secondo l’esegesi più avanzata, nega la divinità di Cristo.

.

Quanto alla negazione rahneriana dei castighi di Dio e dell’esistenza di dannati nell’inferno, i musulmani, con efficace metodo pastorale, con citazioni dal Corano e dalla Bibbia, reintrodurranno la tradizionale credenza cristiana nell’inferno.

.

Si può prevedere che anche le aree di tendenza illuministico-massonica, dato che la massoneria in fin dei conti è più interessata alla vita presente che a quella dell’al di là, davanti alla minaccia islamica, saranno pronti, sia pur per sola convenienza, ad abbracciare l’islamismo, come è avvenuto negli anni Sessanta per il filosofo massone André Guénon, sia pure nella sua forma esoterica.

.

Discorso simile vale per le aree di tendenza atea. Dato che l’ateo punta tutta la sua esistenza sul benessere in questo mondo, è da prevedere che un domani, davanti alla minaccia islamica, si convertirà per convenienza al Corano. Esempio emblematico e famoso è quello del filosofo marxista francese Roger Garaudy negli anni Settanta.

.

Se i musulmani dovessero aumentare il loro potere a Roma, il Papa, dietro consiglio del Cardinale Walter Kasper, potrebbe assumere tra i collaboratori in Segreteria di Stato qualche dotto musulmano. La Messa potrebbe essere integrata con l’aggiunta della citazione di Maometto nel Canone Romano e di alcuni versetti del Corano, e quindi potrebbe essere aperta a tutti, anche ai musulmani, con facoltà data ai partecipanti di credere o non credere nella transustanziazione o alla Messa come Sacrificio di Cristo. Del resto già i modernisti non ci credono più.

.

Alberto Melloni potrebbe essere incaricato dalla Santa Sede di proporre un progetto di collegialità episcopale, che includesse una rappresentanza dei mullah islamici, mentre la Comunità di Sant’Egidio potrebbe scegliere tra gli immigrati islamici coloro che essa dovesse ritenere adatti ad essere eletti al consiglio comunale di Roma.

.

L’Opera Romana Pellegrinaggi potrebbe organizzare pellegrinaggi alla Mecca o a Medina. Ogni cristiano dovrebbe conoscere il Corano, al punto che, se dovesse essere interrogato sui detti del Profeta da agenti islamici, sia in grado di rispondere, in modo da aver salva la vita.

.

L’istruzione religiosa [sharìa] e il controllo circa la retta fede [coranica] verrebbero affidati agli uffici di polizia sotto il controllo degli imam. Sarebbe abolito il diritto di libertà religiosa e si tornerebbe alla religione di Stato, la quale però questa volta sarebbe la religione islamica.

.

Mentre la legge lascerebbe impuniti gli oltraggi alla religione cristiana, l’insulto alla figura di Maometto potrebbe essere punito con la morte. E così sarebbero puniti con la morte gli omosessuali. Gli esponenti del governo potrebbero fruire di un harem. I crocifissi nei locali pubblici potrebbero esser sostituiti dalla mezza luna dell’Islam.

.

Se i musulmani dovessero aumentare il loro potere politico in Europa, si potrebbe giungere a che le sfilate di moda di Parigi presentassero l’esibizione di diversi tipi di burka, secondo la tipica creatività francese. Non ci sarebbe più l’angoscioso, complicato e imbarazzante problema dei divorziati risposati, dato che sarebbe consentita la più semplice e pratica poligamia.

.

La donna tornerebbe ad essere sottomessa all’uomo, così che egli non abbia più attorno a sé una pericolosa concorrente, rivale o antagonista e da prestarsi meglio a soddisfare le sue voglie sessuali. Le donne adultere sarebbero punite con la lapidazione, semmai con una leggera riduzione della nostra popolazione.

.

A questo punto, ci potrebbe però essere il rischio che i lefebvriani si diano alla macchia o si trasformino in una società segreta terroristica contro gli islamici e cristiani traditori, ossia riabilitando la pena di morte per gli eretici.

.

Soltanto i veri cristiani, in piena comunione con la Chiesa e col Papa, convinti e coraggiosi, amanti della santità, come sempre è avvenuto, resisteranno alla prepotenza islamica, se occorre fino al martirio. Tutti gli altri, per i quali tutti i valori sono tutti discutibili o negoziabili, saranno pronti a barattarli con l’Islam per salvare la pelle.

.

Quelli della “fede” dubitante alla Cardinale Martini e i dialoganti alla Cardinale Walter Kasper e quelli che risolvono la cristologia nella mitologia come l’Arcivescovo Bruno Forte o i pingui profeti alla Enzo Bianchi, saranno i primi a rendere omaggio al Corano. Gli unici a salvare la dignità e libertà dell’uomo, dell’Europa e della Chiesa, saranno, come sempre è avvenuto, i cristiani, e soprattutto i santi ed i martiri integralmente fedeli al Vangelo e alla Chiesa.

.

Varazze, 15 agosto 2016

Solennità dell’Assunzione di Maria in Cielo

.

_____________________

NOTE

[1] I sostenitori del “pensiero debole”, da loro sostenuto con forza, come Gianni Vattimo, lo giudicano una cosa positiva.

[2] Vedi per es. l’ateo che, secondo il Cardinale Carlo Maria Martini, continuamente si trova nella coscienza del credente a contestare le sue convinzioni di fede. E questa, per Martini, sarebbe la vera fede.

[3] Nostra aetate, n.3

[4] Vedi con quanta preoccupazione il Concilio parla dell’ateismo, mentre non ha difficoltà a riconoscere che noi e i musulmani adoriamo un unico e medesimo Dio, benchè conosciuto in modi differenti e anche contrastanti.

[5] Grundkurs des Glaubens, p.215.

.

.

____________

Cari Lettori e Cari Fedeli del Popolo di Dio.

Siamo lieti di informarvi che dal 1° gennaio dell’anno in corso ad oggi, 16 agosto, L’Isola di Patmos ha superato i 4.000.000. di visite.

Ogni tanto vi ricordiamo anche che noi, per diffondere la fede e la dottrina cattolica, “non siamo finanziati dall’Emiro del Qatar né dall’Arabia Saudita“. Il nostro lavoro e la gestione del sito di questa nostra rivista telematica è sostenuto da sempre, interamente, con le vostre offerte.

Se potete e se volete vi preghiamo di ricordarvi di noi e del nostro lavoro apostolico, usando il comodo e sicuro sistema Paypal che trovate in fondo a destra sulla home-page.

Grazie!

.

.

.

.

.

Il Vescovo di Asti “offende” la Beata Vergine Maria per mondana piacioneria, perché non conosce la storia e le cultura islamica

IL VESCOVO DI ASTI “OFFENDE” LA BEATA VERGINE MARIA PER MONDANA PIACIONERIA, PERCHÈ NON CONOSCE LA STORIA E LA CULTURA ISLAMICA

.

«l’amministrazione comunale, riunita con il vescovo Ravinale e l’Imam Latfaoui Abdessamad – conclude la nota – propone di realizzare un incontro tra la comunità musulmana e la comunità cattolica il 15 agosto, presso la cattedrale di Asti, alle 10.30 nella ricorrenza della Solennità di Maria Santissima Assunta, patrona della cattedrale stessa e molto cara alla religione musulmana» [testo del comunicato, QUI, QUI, ecc ..]

.

.

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

.

.

POTETE ACQUISTARE IL LIBRO CLICCANDO QUI

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

I musulmani ostentano i preti si nascondono. Il concetto teologico dell’abito sacerdotale e religioso: «Sia che mangiate, sia che beviate …»

– Theologica –

I MUSULMANI OSTENTANO, I PRETI SI NASCONDONO. IL CONCETTO TEOLOGICO DELL’ABITO SACERDOTALE E RELIGIOSO: «SIA CHE MANGIATE, SIA CHE BEVIATE …»

 .

È avvilente che i musulmani appena giunti in Europa ostentino a volte anche con prepotenza e spirito di prevaricazione i loro tipici vestiari che costituiscono segno esteriore visibile del loro credo, mentre i membri del nostro clero secolare e regolare sono mimetizzati in abiti civili tra i secolari di questo mondo, negando in tal modo un segno sia di presenza sia di cristologica testimonianza.

.

.

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

.

.

POTETE ACQUISTARE IL LIBRO CLICCANDO: QUI

 

.

 

.

.

.

.

 

Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

L’Islam e la guerra di religione

– Theologica –

L’ISLAM E LA GUERRA DI RELIGIONE

.

Tende ad esser violento chi lo è per natura, ma anche chi è stato violentato. Il Dio coranico, pur essendo il vero Dio, come riconosce lo stesso Concilio Vaticano II, è tuttavia, come rileva Benedetto XVI, concepito in modo difettoso come un Dio violento, che genera persone violente. È un Dio tirannico, dispotico, volubile, inaffidabile e capriccioso, contrario alla ragione. In questo senso non fa nascere uomini liberi, ma degli schiavi, che per rifarsi diventano violenti, sul modello appunto di questo dio.

.

.

Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

.

.

L’autorità non invano porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera il male

[Rm 13,4]

.

.

I Padri dell’Isola di Patmos, nel loro fedele servizio alla fede cattolica, cogliendo numerose richieste di chiarimenti giunte dai nostri Lettori nel corso dell’ultima settimana, hanno deciso di dedicare alcuni articoli di carattere storico, filosofico e teologico al problema sempre più sentito dell’Islam, in modo particolare al suo rapporto con la violenza e la guerra.

.

.

Per aprire l’articolo cliccare sotto:

10.08.2016   Giovanni Cavalcoli, OP   —   RIFLESSIONI SULLA GUERRA DI RELIGIONE

.

.

________________________

Cari Lettori.

Siamo lieti di informarvi che dal 1° gennaio dell’anno in corso ad oggi, 10 agosto, L’Isola di Patmos ha superato i 4.000.000. di visite.

Ogni tanto vi ricordiamo anche che noi, per diffondere la fede e la dottrina cattolica, “non siamo finanziati dall’Emiro del Qatar né dall’Arabia Saudita“. Il nostro lavoro e la gestione del sito di questa nostra rivista telematica è sostenuto da sempre, interamente, con le vostre offerte.

Se potete e se volete vi preghiamo di ricordarvi di noi e del nostro lavoro apostolico, usando il comodo e sicuro sistema Paypal che trovate in fondo a destra sulla home-page.

Grazie!

 

.

.

.

.

 

Virgo Fidelis! Un riconoscente encomio ai Carabinieri che hanno salvata L’Isola di Patmos

– Nei secoli fedeli –

VIRGO FIDELIS ! UN RICONOSCENTE ENCOMIO AI CARABINIERI CHE HANNO SALVATA L’ISOLA DI PATMOS

.

Se non fosse stato per il tempestivo intervento dei Carabinieri della stazione di Ortigia in Siracusa, sarebbe andato perduto l’intero archivio dell’Isola di Patmos, giunta nei primi sette mesi di quest’anno [dal 1° gennaio al 1° agosto 2016] a quattro milioni di visite.

.

.

Autore Redazione dell'Isola di Patmos

Autore
Redazione dell’Isola di Patmos

.

.

PDF articolo formato stampa

.

.

medaglia valore civile

riconoscente encomio dell’Isola di Patmos ai Carabinieri di Ortigia

Se non fosse stato per il tempestivo intervento dei Carabinieri della stazione di Ortigia in Siracusa, sarebbe andato perduto l’intero archivio dell’Isola di Patmos, giunta nei primi sette mesi di quest’anno [dal 1° gennaio al 1° agosto 2016] a quattro milioni di visite.

.

In questo periodo i Padri dell’Isola di Patmos  Giovanni Cavalcoli e Ariel S. Levi di Gualdo, ed il loro collaboratore, il filosofo e teologo Jorge A. Facio Lince, si trovano sparsi agli estremi angoli d’Italia. Il Padre Giovanni risiede in un convento domenicano di Varazze, presso le Cinque Terre, in Liguria; il Padre Ariel si trova al momento con Jorge nell’Ortigia di Siracusa, cuore dell’antica città greca, dove prima di diventare prete acquistò una casa per i suoi soggiorni, in un ambiente al quale  è da sempre affezionato e dov’è conosciuto e beneamato dalla popolazione locale.

.

la piazzetta dove si affaccia l’abitazione del Padre Ariel

Quando soggiorna a Siracusa il Padre Ariel presta servizio presso l’Opera Bethania, poco fuori città, nella riserva marina del Plemmirio. Presso quest’opera, assieme a sette religiose, vive un anziano presbitero di 88 anni, colpito anni fa da un ictus cerebrale che ha tolto lui la deambulazione e l’uso della parola, quindi non in grado di poter celebrare la Santa Messa. Aiutato dal Padre Ariel e dal giovane Jorge che lo assiste durante le sacre celebrazioni, l’anziano presbìtero è così in grado di concelebrare la Santa Messa presieduta da un confratello dotato di tutte le necessarie facoltà psico-fisiche.

.

furto balcone con vetro intatto

il balcone prima dell’intrusione dei ladri

Nella giornata di ieri, sabato 6 agosto, il Padre Ariel si è recato assieme a Jorge presso l’Opera Bethania per la celebrazione della Santa Messa pre-festiva. durante il viaggio di ritorno sono stati raggiunti al telefono da una vicina di casa britannica naturalizzata da molti anni a Siracusa, che li ha avvisati di un’intrusione nel loro alloggio dal balcone di casa. All’interno dell’abitazione era rimasta un’altra delle colonne dell’Isola di Patmos: Ipazia gatta romana, la gatta filosofa, nata e raccolta a Roma nel giugno del 2013 tra le Catacombe di Priscilla e la Scuola della Polizia di Stato.

 

.

furto vetro rotto

lo scasso del balcone

I ladri sono saliti sul balcone della casa attorno alle 20.30 e con un mazzolo hanno spaccato il vetro anti-sfondamento e aperta la porta. Ipazia gatta romana, udito il primo rumore si è resa “irreperibile” salendo nella mansarda al secondo piano dove si trova la camera di Jorge, nascondendosi sotto le coperte del suo letto, dov’è rimasta fin quando i “suoi due uomini” sono rientrati a casa.

.

.

furto postazioni lavoro

le due postazioni di lavoro di Jorge (sinistra) e del Padre Ariel (destra) senza più i due computer

Nessun danno all’abitazione e nessun atto di vandalismo, come spesso accade in questi casi. I ladri sono entrati solo nella sala-studio che si affaccia sulla piazzetta dove si trova l’antica basilica paleocristiana di San Pietro [V° sec. d.C], senza neppure accedere nella adiacente camera del Padre Ariel, né salendo nella camera di Jorge al secondo piano. I ladri si sono limitati a portare via i due computer, all’interno dei quali erano archiviati 10 anni di lavori, compreso l’intero archivio editoriale dell’Isola di Patmos.

.

Carabinieri arcivescovo visita pastorale-001

l’Arcivescovo Metropolita di Siracusa in visita pastorale alla stazione dei Carabinieri di Ortigia  [cliccare sopra l’immagine per aprire il video]

Nel giro di pochi minuti sono accorsi i Carabinieri della stazione di Ortigia, affidata al comando del M.llo Santo Parisi. Ai militi della Benemerita il Padre Ariel ha detto: «Non fatevi trarre in inganno dalla mia apparente “calma”, perché il danno che ho subìto non è neppure quantificabile. Dentro il mio computer e in quello del mio collaboratore sono archiviati 10 anni di lavori. Ed ha aggiunto: «… ma c’è di peggio: io ho svolto vari lavori per diverse istituzioni della Santa Sede, due dei quali tutt’oggi in corso presso la Congregazione per le cause dei santi, ed alcuni dei materiali d’archivio che si trovano all’interno del mio computer, per quanto accessibili solo con password, sono coperti da segreto pontificio».

.

generale Umberto Pinotti e Maresciallo Santo Parisi-002

il Generale Umberto Pinotti in visita alla stazione dei Carabinieri di Ortigia ritratti all’interno del chiostro dell’ex convento domenicano del XIV secolo dal quale fu ricavata a fine Ottocento la caserma

La leggenda popolare narra l’omertà dei siciliani che come le tre scimmie letterarie «Non vedono, non sentono, non parlano». Si tratta però di leggende legate a un passato remoto, perché tutti i vicini hanno invece fornito indicazioni risultate utili ai Carabinieri per procedere a colpo sicuro.

.

Trascorse neppure due ore dal furto i militi sono tornati dal Padre Ariel dicendogli: «Abbiamo qualche cosa da consegnarle …». In tempo record i Carabinieri avevano recuperata la refurtiva salvando così tutti gli archivi accumulati nel corso degli anni, incluso l’intero archivio dell’Isola di Patmos.

.

furto convento domenicani ortigia

scorcio del chiostro dell’ex convento domenicano di Ortigia adibito oggi a caserma dei Carabinieri

I due Padri dell’Isola di Patmos, il loro collaboratore Jorge A. Facio Lince, la webmaster Manuela Luzzardi, ed anche Ipazia, gatta romana, invocano con somma riconoscenza per i Carabinieri della Stazione di Ortigia le migliori grazie della Virgo Fidelis, materna protettrice della Benemerita Arma, per merito dei quali non sono andati perduti anni di lavori scientifici ed editoriali, oltre a vari documenti d’archivio strettamente riservati. 

.

.

Il Padre Giovanni Cavalcoli, con un tocco di sagace umorismo romagnolo, ci ha fatto notare che la Stazione dei Carabinieri di Ortigia si trova nel complesso di un ex convento storico dei Frati Domenicani eretto nel XIV secolo. Come dire … quando c’è di mezzo la salvezza, in un modo o nell’altro, c’entrano sempre, direttamente o indirettamente, i Domenicani !

.

Al termine della Santa Messa vespertina di questa XIX domenica del tempo ordinario, il Padre Ariel ha recitato davanti all’assemblea dei fedeli, dinanzi all’Immagine della Beata Vergine Maria, la preghiera alla Virgo Fidelis per i Carabinieri, in segno di riconoscenza per questo sventato danno che tutta la redazione dell’Isola di Patmos ha accolto come una autentica grazia di Dio, grazie all’opera dei Militi della Benemerita.

.

.

Preghiera del Carabiniere

Dolcissima e gloriosissima Madre di Dio e nostra,
noi Carabinieri d’Italia,
a Te eleviamo reverente il pensiero,
fiduciosa la preghiera e fervido il cuore!

Tu che le nostre Legioni invocano confortatrice e protettrice
con il titolo di “Virgo Fidelis”.
Tu accogli ogni nostro proposito di bene
e fanne vigore e luce per la Patria nostra.

Tu accompagna la nostra vigilanza,
Tu consiglia il nostro dire,
Tu anima la nostra azione,
Tu sostenta il nostro sacrificio,
Tu infiamma la devozione nostra!

E da un capo all’altro d’Italia
suscita in ognuno di noi
l’entusiasmo di testimoniare,
con la fedeltà fino alla morte
l’amore a Dio e ai fratelli italiani.
 
Amen!

.

Virgo Fidels

raffigurazione pittorica della Virgo Fidelis ispirata alla Pietà di Michelangelo, che tiene tra le braccia il corpo senza vita dell’eroe Salvo d’Acquisto avvolto nella bandiera italiana

.

.

.

.

.