Può un Chihuahua con il complesso del Mastino abbaiare al Padre Ariel, che è un Leone di Dio?

PUÒ UN CHIHUAHUA CON IL COMPLESSO DEL MASTINO ABBAIARE AL PADRE ARIEL, CHE È UN LEONE DI DIO?

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Non avrei mai immaginato che un atto di evangelica correzione fraterna mi facesse pervenire, per la prima volta in vita mia, una lettera mal scritta nella quale mi si intima di togliere un articolo, salvo essere querelato per diffamazione. Ovviamente, oltre a non togliere l’articolo, non essendoci i risvolti penali per simile reato, metto i Lettori dell’Isola di Patmos a conoscenza di quanto mi è pervenuto e al tempo stesso rispondo anche al diretto interessato.

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Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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PDF articolo formato stampa

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Per capire questa bagattella è necessario leggere il mio precedente articolo QUI

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Egr. Don Ariel Levi di Gualdo,

scrivo il presente messaggio in nome e per conto del Dott. Antonio Margheriti, soggetto protagonista del suo articolo pubblicato sull’Isola di Patmos [Ndr. QUI]. La informo che il contenuto del testo è altamente diffamatorio ed offensivo e pertanto la invito formalmente a volerlo eliminare dalla rete immediatamente e senza ulteriori solleciti. La informo che comunque, il mio cliente, si riserva la possibilità di agire nelle competenti sedi, al fine di tutelare l’onorabilità e la reputazione da Lei gravemente offesa.

Tanto le dovevo per mandato conferitomi.

Distinti saluti.

Avv. Riccardo Rodelli

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Egregio Avvocato.

La sua professionalità mi lascia basito. Capisco che forse non sa di rivolgersi a un ex studioso di scienze penali; e ciò detto non vado oltre, certe cose riguardano la mia vita precedente, morta e sepolta. Questo per dirle che il diritto penale e l’etica forense, forse le conosco meglio di lei, che s’è permesso d’inviarmi per Facebook il messaggio sopra riprodotto, senza indicare indirizzo, recapiti del suo studio e luogo dal quale invia il tutto. Ciò è disdicevole per un avvocato che dovrebbe inviarmi una raccomandata, o una posta elettronica certificata, o chiedermi con un messaggio a quale indirizzo recapitarmi una missiva. In ogni caso ho individuato io i suoi estremi, affinché possa segnalare il suo comportamento deontologico al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lecce [cf. QUI]. Se infatti, come pare, lei ha fatto gli studi giuridici a Firenze, forse conoscerà il detto popolare che da quelle parti recita: «Dio li fa e Cristo li accoppia». O come dicevano una volta gli avvocati di vecchia scuola e di grande esperienza: «Ogni avvocato ha i clienti che si merita». 

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Inoltre, cosa ulteriormente grave, ella mi si rivolge in tono alquanto minaccioso definendo in modo a dir poco audace il mio scritto come «altamente diffamatorio ed offensivo». Ciò mi induce a domandarle: figliolo caro, ma quale è il suo rapporto giurisprudenziale con le discipline circa la oggettiva materia e sostanza del reato? Nelle facoltà giuridiche, la studiate sempre la filosofia del diritto, le istituzioni del diritto romano e la storia del diritto italiano, per avere appunto, anzitutto, una idea chiara circa la materia, la sostanza e la forma del reato? 

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Mi permetto di ricordarle che a mio attivo ho 7 libri specialistici pubblicati e catalogati in diverse tra le più accreditate università del mondo – incluse le università pontificie – e diverse centinaia di articoli editi su riviste specializzate italiane e straniere e che mai, in 52 anni di vita, avevo ricevuto un messaggio come il suo, anche perché, avvezzo ad offendere, ed in modo pure grave, non sono io ma il suo Cliente, il quale inaugurò a suo tempo il vecchio blog Papale Papale con un tentativo di scoop sull’Opus Dei. E lui sì che dovette togliere immediatamente quello scritto, perché essendoci veramente, in forma e sostanza, la fattispecie del reato di diffamazione ex art. 595 C.P, fu minacciato dal più serio consulente legale dell’Opus Dei di una querela dai non piacevoli risvolti. Inoltre pare che se qualcuno, giovincello, abbia già avuto a che fare con la diffamazione, questi non sono stato io, ma il suo Cliente che si diletta a narrare nei suoi scritti che quando un pubblico amministratore pugliese chiese le sue scuse, egli si rifiutò di presentarle e preferì pagare una pena pecuniaria di 2.000 euro, da lui ritenuta più onorevole di quelle scuse che, il cosiddetto “Mastino”, forse non presenterebbe mai neppure a Nostro Signore Gesù Cristo. Il tutto stando sempre fedelmente a quanto il suo Cliente ha più volte narrato e scritto in pubblico.

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Essendo poi il suo Cliente un personaggio che come suol dirsi «perde il pelo ma non il vizio», nel 2014 tentò un altro dei suoi scoop sul suo blog Papale Papale. E da adolescente giocoso qual è, questa volta andò pesantemente a colpire Sua Eminenza il Cardinale Beniamino Stella, nostro Prefetto della Congregazione per il Clero [vedere QUI]. E posso assicurarle che i toni sarcastici e aggressivi, resi insultanti dalla totale falsità dei contenuti e dal becero linguaggio da osteria usato nei riguardi di un Principe della Chiesa, rammaricarono molte persone. Quell’articolo fu poi cancellato dopo pochi giorni come uso e costume dei codardi che lanciano il sasso e ritirano la mano, pur di non chiedere scusa alla persona offesa dopo avere ammesso il proprio errore. Il danno però ci fu, n’è prova il fatto che quell’articolo è stato ripreso, tradotto e pubblicato da diversi blog in giro per il mondo, nei quali è reperibile tutt’oggi, per esempio è possibile leggerlo nella traduzione in lingua portoghese su un blog brasiliano [cf. QUI, QUI], in lingua spagnola su un blog del Latino America [cf. QUI, QUI], in traduzione inglese e via dicendo … E detto ciò la informo che all’epoca, dopo averlo redarguito in privato, appresso lo redarguii in pubblico [cf. QUI, QUI], pregandolo anzitutto di lasciare quell’articolo sul suo blog, aggiungendo ad esso una nota di profonde scuse e dichiarandosi “superficiale vittima” di informazioni false e velenose a lui date da un giovane prete pieno di livore, dimesso in precedenza dalla Pontificia Accademia Ecclesiastica – istituzione che forma i sacerdoti selezionati per il servizio diplomatico della Santa Sede –, per volontà dell’Arcivescovo Beniamino Stella, che all’epoca ne era presidente e che, licenziando il soggetto in questione, agì in modo altamente meritorio. Voglia poi il suo Cliente avere la coerenza di ammettere, almeno a lei, di quanto inutilmente io lo abbia pregato – quando seppi di quella frequentazione –, di non prendere per buone le parole di quel giovane prete di mia triste conoscenza, perché era una persona ferita, falsa e velenosa dalla quale avrebbe raccolto solo guai. E così è stato, alla prova dei fatti non passibili di smentita, proprio come dimostra la vicenda di questo ennesimo e “glorioso” scoop.

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Dalla capacità di dire “scusa”, “ho sbagliato”, si differenzia un uomo maturo da un bambino capriccioso e arrogante, vale a dire: da questo si differenzia un Mastino da un Chihuahua spocchioso privo del senso delle proporzioni. E una volta chiarito il tutto, adesso risponda lei a questa mia domanda: a quale titolo, la diffamazione oggettiva e di fatto praticata come un vero e proprio sport in molti scritti della sua – detto in senso jus-romanisticovergine vilipesa, dovrebbe essere invece una sorta di sacrosanta prerogativa del Chihuahua camuffato da Mastino, pronto però a strillare alle spalle di qualsiasi uomo adulto – leggasi “con gli attributi virili” – che a un certo punto lo prende e gli elargisce due pedagogiche sberle nel modo in cui ho fatto io?

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Il suo Cliente, che tramite il proprio legale si palesa adesso come una vergine vilipesa, alcuni anni fa, facendosi improprio e improvvido esponente del mondo cattolico, insultò pubblicamente una giovane donna in toni pornografici a tal punto osceni che persino il celebre porno-attore Rocco Siffredi ne sarebbe rimasto allibito. La giovane donna reagì rispondendo attraverso un suo video-messaggio pubblicato su You Tube. Il danno recato al vero mondo cattolico – che non è certo quello becero-insultante del suo Cliente – fu davvero grave, perché questa giovane donna, che non è una cattolica ed una credente, ha ritenuto di avere in tal modo conferma di quanto «non affidabili e soprattutto aggressivi siano i cattolici», come ella esprime di propria voce in quel pubblico video. 

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Nel mio testo [cf. QUI] ho usato i toni rammaricati e severi che alla pedagogica occorrenza sono propri di quei buoni direttori spirituali e confessori che il suo Cliente, notorio “finto cattolico”, non ha mai avuto, essendo egli la autoreferenzialità incarnata nella più gretta chiusura mentale e spirituale. È forse quindi insultante e diffamante definire il suo Cliente come un «superbo»? Mio buon avvocato, ma se adottassimo un simile metro onirico di misura giuridica, lei capisce che si finirebbe col mandare in galera più della metà dei predicatori e dei confessori? Ma forse è bene che io la illumini anche a tal proposito sulla sua vergine vilipesa. Nel corso di questi ultimi tre anni, al suo Cliente è stata data la possibilità di collaborare in prova con varie riviste e giornali cattolici: La Nuova Bussola Quotidiana, Il Timone, La Croce … e da tutti è stato puntualmente sbattuto fuori con la seguente motivazione: «… è uno spocchioso insopportabile pieno di sé». Eventualmente, se non le basta la mia parola, può chiedere lumi a Riccardo Cascioli, direttore de La Bussola, a Giampaolo Barra, direttore del Timone, a Mario Adinolfi, direttore de La Croce ... e qualora qualcuno pensasse che le riviste cattoliche sono fatte e gestite da soggetti cattivi e crudeli che vilipendono le vergini illibate, allora la illumino che è stato altrettanto sbattuto fuori anche da alcune testate laiche, come Qelsi e Libero, senza mai essere riuscito a fare qualche cosa di serio, a partire dalla iscrizione all’albo dei giornalisti professionisti, o perlomeno dei pubblicisti. O le risulta forse, alla prova dei fatti, il contrario?

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Se un pastore in cura d’anime, rivolgendosi ad un cattolico reso come tale “presunto” dalla sua palese chiusura alla grazia di Dio e ad ogni genere di ascolto, lo redarguisce e gli ricorda che nei concreti fatti egli è un nullafacente mantenuto da papà a fare il non meglio precisato “intellettuale” a Roma, dedito a scorrazzare per la rete telematica … lei, in giuridica scienza e coscienza, il tutto, anziché triste dato di fatto reale, me lo chiama «testo altamente diffamatorio ed offensivo»? Ed è forse «altamente diffamatorio» ricordare a questo Peter Pan che l’Italia è piena di persone che alla sua età mantengono da anni mogli e figli con duri sacrifici, che lavorano per rendere al meglio nelle loro professioni e mestieri? È forse «altamente diffamatorio» ricordare a questo soggetto psicologicamente ripiegato nel proprio iocentrismo, che egli ha avuto dei talenti naturali, uniti a tutte le necessarie possibilità economiche, grazie alle quali, se avesse avuta l’umana umiltà di farsi guidare e formare da bravi maestri e professionisti, al presente avrebbe potuto essere una autorevole firma del Corriere della Sera, anziché il perditempo internetico senza arte né parte che alla prova dei fatti è? O le risulta forse il contrario, sempre alla prova dei fatti?

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Qualora ella trovasse però – cosa davvero improbabile – un giudice che accogliesse e non archiviasse la sua eventuale querela, si prepari, in sede di giudizio, ad udire le testimonianze di alcuni tra i più noti giornalisti italiani, incluso un autorevole giornalista di fama internazionale che, dopo i beceri insulti da osteria rivolti dal suo Cliente al Cardinale Beniamino Stella, comunicò alla direzione del mensile cattolico Il Timone – sul quale all’epoca il suo Cliente pubblicava in prova qualche articoletto –, che se dopo quell’articolo falso e insultante diretto al Prefetto della Congregazione per il Clero edito sul blog Papale Papale [cf. QUI], gli avessero permesso di seguitare a scrivere sulle colonne di quella testata cattolica, egli avrebbe ritirata la propria firma tra i nomi dei soci fondatori. Intende forse querelare anche questo giornalista, reo di avere minacciato di ritirare il proprio nome di socio fondatore da un mensile cattolico sul quale in prova aveva cominciato a scrivere qualche cosa il suo Cliente?

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Temo poi che il suo Cliente le abbia taciuto il modo evangelico, pedagogico e paterno col quale ho agito nei suoi riguardi, cosa peraltro facilmente dimostrabile, ossia: prima ho scritto a lui, lo scorso anno e poi di nuovo pochi giorni fa, per redarguirlo riguardo certi scritti, inclusi gli ultimi, rimproverandolo in privato che l’articolo-intervista allo Spirito Santo era blasfemo [cf. QUI e QUI]. Poi ho provveduto a ripetergli il tutto davanti ad un saggio e autorevole anziano, chiedendo anche l’aiuto di quest’ultimo, casomai fosse stato in grado di aiutarmi a convincere il suo Cliente dei propri errori. Non avendo ricevuto da parte sua alcuna risposta, tanto egli è abituato a non confrontarsi con il reale ma solo col virtuale, solo a quel punto l’ho corretto riprendendolo sulla pubblica piazza, anche perché io, come sacerdote e teologo, devo tutelare il dogma trinitario dalle stoltezze scritte dal suo Cliente, perché la Divina Persona che in modo blasfemo ed empio il suo goliardico Cliente ha fatto finta di intervistare riducendo la dogmatica a burletta, è il mio prezioso “Datore di Lavoro”, nonché Datore di Grazie [per inciso: stoltezza, blasfemiaempietà … sono tutti termini tecnici del lessico teologico, casomai volesse configurarli erroneamente come espressioni diffamatorie].

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Far giungere a una persona che come me si è comportata a questo modo, ed alla quale il suo pavido Cliente non ha mai risposto, un messaggio in toni perentori inviato per Facebook da un consulente legale – sempre per la serie «Dio li fa e Cristo li accoppia» – rischia di qualificare lui e di qualificare anche chi lo dovrebbe assistere, posto che alla base del migliore esercizio dell’arte forense c’è quella prudenza – come insegnavano i vecchi e saggi penalisti – che dovrebbe sempre indurre a non prendere mai per oro colato quel che dice il cliente condizionato dai propri umori, o in questo specifico caso dalle sue dissociazioni dal reale e dalla incapacità di reggere un paterno rimprovero che forse, per sua somma disgrazia, non gli è mai stato rivolto in vita sua, ecco perché oggi è quello che è.

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La invito quindi a studiarsi bene la disciplina dell’art. 595 C.P. sul reato di diffamazione, perché esprimere la verità, con rammarico e garbo, assieme a un tocco di non insultante ironia – perché all’insulto è avvezzo il suo Cliente, vieppiù in toni da osteria, non certo io −, non solo non è reato, ma è un diritto tutelato dalla legge fondamentale dello Stato: la Costituzione della Repubblica Italiana. A meno che non sia il suo Cliente a voler cadere, nel caso di un molto improbabile accoglimento della querela da parte del giudice, nel reato di diffamazione a danno mio.

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Ciò detto, siccome un avvocato della Magna Grecia che si rivolge a me in questi toni e in queste forme non merita di essere preso sul serio, bensì preso garbatamente in giro assieme al suo Cliente, la prego di informare quest’ultimo che la Santa Sede – essendo nel caso di specie lo Spirito Santo di Dio la vera Persona diffamata − sta seriamente meditando di depositare ella, a carico del suo Cliente, una querela per diffamazione a tutela della divina onorabilità della Terza Persona della Santissima Trinità. In tal caso, noi Padri dell’Isola di Patmos, ci costituiremmo parte civile in sede processuale, avendo lo Spirito Santo, a noi molto caro, ispirato il Beato Apostolo Giovanni, che proprio sull’Isola di Patmos scrisse l’Apocalisse, testo di recente barbaramente ed empiamente bistrattato nel blog del suo Cliente da uno dei suoi articolisti, il quale, assieme al suo Cliente, ha messo su con quello scritto un vero e proprio “concorso associativo in ignoranza” [cf. QUI]. Inoltre le anticipo che io, essendo in particolari relazioni con lo Spirito Santo, avendone ricevuti e soprattutto messi a frutto tutti i doni di grazia, dimostrerò in sede giudiziale che la Terza Persona della Santissima Trinità si è dissociata da quella intervista, dichiarandola falsa. Sarà quindi messo agli atti e diverrà materia per la formulazione di un giudizio in sede processuale, il fatto che lo Spirito Santo, in verità, non è mai stato intervistato dal suo Cliente, che incorrerà in tal modo in varie figure di reato, dal falso al millantato credito giornalistico. A lei quindi, per primo avanti a tutti, toccherà l’onere in sede giudiziale di interrogare una Colomba Bianca resa oggetto di questo giudizio, visto che solitamente lo Spirito Santo si presenta a questo modo.

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Se lei ritiene che un qualsiasi giudice della Repubblica Italiana sia disposto a disquisire di dogmatica trinitaria – visto che il vero diffamato è per l’appunto lo Spirito Santo di Dio – in tal caso si accomodi e faccia pure il suo lavoro, ma cerchi però di farlo molto bene, perché la materia giuridica in questione è alquanto spinosa, ed eviti soprattutto di far dire al giudice che … «Dio li fa e Cristo li accoppia».

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Lei è consapevole del fatto che solo per avere definito «altamente diffamatorio e offensivo» il mio scritto e per avermi intimato di toglierlo senza che esso nulla contenga fuorché la sacrosanta verità, sotto le forche caudine dell’art. 595 C.P. potrebbe finirci un Chihuahua arrabbiato con il complesso del Mastino e non certo un Leone di Dio come me? [1] Lei è consapevole, Avvocato, che cosa vorrebbe dire, ritrovarsi in una sede di giudizio, a dover interrogare e ascoltare un soggetto come me? Quanti suoi colleghi, molto più adulti e soprattutto molto più esperti di lei, cercherebbero di scongiurare in ogni modo una simile eventualità, specie poi se io chiedessi al giudice di potermi avvalere della riconosciuta facoltà a difendermi da solo? O forse pensa che io, la mia vita, l’abbia trascorsa a perdere tempo su internet, nell’attesa di capire che cosa fare da grande? O forse lei, come il suo Cliente, è a sua volta privo del comune senso delle proporzioni? Perché vede: se dal virtuale si passa poi a quel reale che da sempre costituisce il mio pane quotidiano … «‘so c…i amari », direbbe quel simpatico sant’uomo del Marchese del Grillo.

I miei ossequi.

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Ariel S. Levi di Gualdo

presbitero

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[1] Arièl dall’ebraico אריאל, significa Leone di Dio, nome scelto per il sacerdozio da Ariel S. Levi di Gualdo, il cui nome di battesimo dato dai genitori è Stefano.

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Padre Ariel bastona il Chihuahua: il meglio delle scempiaggini disponibili in rete, dall’intervista allo Spirito Santo, a Maria Maddalena vedova di Gesù, per seguire con l’esoterismo numerologico dell’Apocalisse …

PADRE ARIEL BASTONA IL CHIHUAHUA: IL MEGLIO DELLE SCEMPIAGGINI DISPONIBILI IN RETE, DALL’INTERVISTA ALLO SPIRITO SANTO, A MARIA MADDALENA VEDOVA DI GESÙ, PER SEGUIRE CON L’ESOTERISMO NUMEROLOGICO DELL’APOCALISSE

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Alcuni personaggi, tra la superficialità e lo scherzo, immersi nel virtuale anziché nel reale, pare sarebbero proprio capaci a vendere Cristo e tutti i santi per meno di 30 danari. Il tutto secondo la logica perversa e forse anche demoniaca del gossip, dove ciò che solo conta è stuzzicare allo scopo di avere un Click in più sopra al “mi piace”.

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Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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PDF articolo formato stampa

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chihuahua

la Cuccia del Chihuahua, cane famoso per avere una particolare auto-stima di sé … 

I Padri dell’Isola di Patmos non hanno tempo da sprecare in futilità, ma Giovanni Cavalcoli OP ed io, nostro malgrado siamo stati costretti a riflettere sul fatto che messaggi del tenore di quelli sotto riportati ci sono giunti a decine negli ultimi giorni, per chiederci lumi e spiegazioni: 

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Caro Padre Giovanni.

In questo sito ho letto un pezzo che pare scritto da Dan Brown, “Maddalena, la vedova di Gesù”. Ma è davvero un sito cattolico? [Ndr. QUI]

Carla Giovannelli 

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E ancora:

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Caro Padre Ariel.

Ho letto una intervista allo Spirito Santo su un rinato sito che era sparito da diverso tempo [Ndr. QUI, QUI]. Sono un cristiano semplice, le mie conoscenze si basano sul catechismo, non sono in grado di dare un giudizio, però, sinceramente, questo scritto mi ha disorientato, può darmi qualche spiegazione?

Giovanni Paolo Russotto

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E ancora:

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Cari Padri,

se non avete avuto modo vi suggerisco di dare un’occhiata alle scempiaggini scritte negli articoli di questa pagina che si presenta come “sito di approfondimento cattolico” … siamo messi bene! [Ndr. QUI]

don Angelo Rossit

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eccetera … eccetera …

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Usando la logica filosofica del senso comune, ritengo di poter affermare che siamo dinanzi ad una figura inquieta immersa nel mondo surreale del web, con seri problemi di rapporto con Dio e con la fede, ma soprattutto con le persone reali, ed il reale in generale. Duole per ciò più che mai vedere un uomo che in nome della propria cieca superbia ha bruciato a uno a uno i non pochi e preziosi talenti ricevuti in dono da Dio, ignaro che la parabola dei talenti non è una semplice fiaba, ma l’essenza del nostro essere e divenire in Cristo, ed in essa è racchiuso anche un chiaro monito: «il servo fannullone» finisce «gettato fuori nelle tenebre» dove «sarà pianto e stridore di denti» [cf. Mt 25, 14-30].

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Antonio Margheriti

il blogger Antonio Margheriti in arte Mastino

Il soggetto in questione corrisponde più o meno alla prima parte di un mio articolo al quale vi rimando [cf. QUI], ed in cui spiego quanto sono stati devastanti per la Chiesa, a partire dagli inizi degli anni Novanta, molti figli e nipoti del “vietato vietare” e della “immaginazione al potere”, che, dopo la caduta del muro di Berlino a fine anni Ottanta, hanno trasferito il proprio bisogno di ideologia all’interno del mondo cattolico, senza prima aver fatto un reale percorso di purificazione interiore e di formazione, ma soprattutto un adeguato cammino di maturazione spirituale. Il risultato sono state le conversioni superficiali di diversi finti cattolici, i quali altro non sono che personaggi spesso ripiegati nella più chiusa auto-referenzialità, persone che, se andiamo a indagare, scopriamo non avere mai avuto un saggio maestro, un sapiente direttore spirituale, un pio confessore. Il tutto col triste risultato che non si sono affatto convertiti a Cristo, ma allo loro confusa idea di Cristo, al quale si sono limitati solo a cambiar nome, tipo: da Che Guevara a Gesù di Nazareth. E dal fidente impegno presso le sedi del Fronte della Gioventù Comunista sono passati al mondo ecclesiale, dalla venerazione per Mao Zedong e Fidel Castro alla venerazione per Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

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papa pollice

il Santo Padre Francesco in uno dei suoi saluti informali

Ovvio che costoro oggi sono in delirante crisi, perché dinanzi ad una augusta figura a volte destabilizzante come all’occorrenza sa esserlo il Santo Padre Francesco, non sanno più dove battere la testa, né possono aggrapparsi alla maturità spirituale e alla fede che di fatto non hanno, posto che la fede richiede due presupposti indispensabili: libertà della ragione e incondizionata e altrettanto libera apertura alla grazia di Dio. Il tutto passa anche per la via della fiduciosa e docile obbedienza nella fede, una parola – obbedienza – che per soggetti di tal fatta, abituati ad ubbidire solo a se stessi, equivale a un attentato di lesa maestà. Ecco allora che in questi soggetti finiscono col ricorrere, inconsapevolmente, i pensieri perniciosi che dal post-rinascimento, per seguire con l’Illuminismo e il post-illuminismo, pongono l’uomo – leggasi superuomo nietzschiano e volontà di potenza – come centro e misura di tutte le cose. E l’omocentrismo a-cristico è la negazione del cristocentrismo e di Cristo Dio inteso come inizio, centro e fine escatologico del nostro intero umanesimo. E per poter dire col Beato Apostolo Paolo «Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me» [cf. II Gal 16, 19-21], bisogna mettersi sulla sequela Christi e farsi come il Redentore obbedienti al Padre «sino alla morte e alla morte di croce» [cf. Fil 2,8]. Chi però non ha mai sperimentata e tanto meno accettata l’autorità di un padre nostro che è sulla terra, difficilmente può giungere al Padre nostro che è nei cieli, perché come insegna il Santo Dottore della Chiesa Agostino Vescovo d’Ippona, alla Gerusalemme celeste si giunge attraverso la Geruselemme terrena, sulla quale l’uomo è chiamato a costruirsi e quindi a conquistare il premio della propria eterna Gerusalemme del cielo.

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Alcuni di questi personaggi, tra la superficialità e lo scherzo, immersi nel virtuale anziché nel reale, pare sarebbero proprio capaci a vendere Cristo e tutti i santi per meno di 30 danari. Il tutto secondo la logica perversa e forse anche demoniaca del gossip … dello scoop, dove ciò che solo conta è stuzzicare allo scopo di avere un Click in più sopra al “mi piace”.

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ambulanza veterinariaSparare su un malato di cirrosi epatica che anziché essere portato in ospedale esige essere lasciato presso un bar dove si servono super alcolici, non sarebbe di certo carità cristiana, ma solo gratuita crudeltà. Sicché mi limito a precisare che il responsabile di questo sito non è un filosofo né uno storico della Chiesa, tanto meno un teologo; è un blogghettaro quarantenne che non ha mai lavorato un giorno della sua vita e che seguita a essere mantenuto da papà in attesa di capire cosa fare da grande, rifiutandosi di accettare il dato oggettivo che grande, almeno anagraficamente, a 40 anni lo si è da tempo [1]. Merita per ciò ricordare che alla sua età, gran parte degli uomini, sono impegnati a prezzo spesso di duri sacrifici a mantenere le proprie famiglie ed a curare al meglio le loro professioni, non a passare le giornate a fare i non meglio precisati “intellettuali” e opinion maker su facebook, affetti dalla devastante sindrome di Peter Pan.

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Gli articoli di questo soggetto e quelli approvati e pubblicati da lui, stando fedelmente ai loro contenuti, sono improvvide riflessioni personali destinate a portare maggior confusione e ad ingenerare una mala interpretazione del Catechismo della Chiesa Cattolica e dei testi dell’Antico e del Nuovo Testamento, per non parlare delle vite dei santi e delle rivelazioni private usate sovente solo per creare pruriti malsani in cambio di audience.

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Stendiamo poi un velo pietoso sull’articolo dedicato all’Apocalisse [cf. QUI], perché quel testo è una bestemmia confezionata da un emerito ignorante, un osceno oltraggio al Beato Apostolo ed a tutti i teologi e gli esegeti che allo studio dei testi giovannei hanno dedicato le loro intere esistenze, con grande zelo spirituale e sacrificio intellettuale, a servizio della Chiesa e dei Christi fideles, non certo a servizio degli scandalismi del capocomico di questo sito.

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chihuahua arrabbiato

esemplare di chihuahua arrabbiato col complesso del Mastino

I Padri dell’Isola di Patmos, che offre un servizio basato sulla conoscenza della dottrina cattolica e che lavora per la diffusione della stessa, informano i lettori che ci hanno scritto per chiedere lumi e con loro tutti quei cattolici da una parte devoti, ma dall’altra non ferrati nelle discipline teologiche, che gli articoli del sito in questione centrati su delicatissimi temi di alta teologia speculativa, che richiedono d’essere affrontati con una profonda conoscenza del magistero, della dogmatica, della patrologia, della mariologia, dei novissimi, per seguire con l’interpretazione della vita e degli eventi ecclesiali odierni che sono frutto e conseguenza di una storia della Chiesa antica e complessa, sono solo riflessioni personali superficiali e parziali, fuorvianti e prive di credibilità e autorevolezza. Il tutto frutto perlopiù della esagerata auto-stima di un Chihuahua col complesso del Mastino, che non conosce, nei concreti fatti, i rudimenti del Catechismo della Chiesa Cattolica, oltre a palesarsi privo del senso dell’umana misura, del comune senso del ridicolo, quindi del cristiano pudore.

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burke cappa magna

i veri dogmi sui quali per certuni si regge l’intero mistero della fede: il Cardinale Raymond Leonard Burke con ermellino e circa 50 metri di cappa magna …

Una dovuta nota finale in base al principio “a ciascuno il suo”: sulla rete brulicano siti e blog diretti da persone che dinanzi a chiunque osi discutere una rubrica liturgica del Messale di San Pio V, sarebbero capaci a scatenare l’ira di Dio. Non avendo però, il responsabile di questo sito, intaccato in alcun modo il sacro mondo dei pizzi&merletti, abbiamo notato che nessuno di essi ha emesso un solo sospiro nei riguardi di un “sito cattolico di approfondimento” che esordisce scempiando la dogmatica trinitaria, l’Apocalisse del Beato Apostolo Giovanni, la figura di Maria Maddalena. Il tutto per precisare che questi cupi baronetti della traditio di se stessi, sono peggiori del Chihuahua che gioca allo scandalismo gossipparo sullo Spirito Santo, il quale, se da una parte fa arrabbiare, dall’altra induce a ridere, come talora inducono a ridere le persone di fondo buone, che non hanno però la reale percezione di ciò che dicono, di ciò che scrivono e quindi di ciò che fanno, visto che crescere e maturare comporta una fatica che non tutti, oggi, sono disposti ad accettare e affrontare, specie se il padre nostro che è sulla terra, anziché tirare i cordoni della borsa e richiamarti al realismo, ti finanzia certe forme di cieco rifiuto. 

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Purtroppo a questo articolo, fa seguito pochi giorni dopo il seguente:

vedere QUI

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[1] Nota del 27.06.2016. Ci viene fatto notare che la persona in questione non ha 40 anni ma 36. Ne prendiamo atto e lo annotiamo, sebbene nel contesto, 36 o 40 anni, non cambino la sostanza delle questioni sollevate.

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Gli umani disordini sessuali, la sessualità e la felice colpa

lettere dei lettori 2

– Rispondono i Padri dell’Isola di Patmos –

GLI UMANI DISORDINI SESSUALI, LA SESSUALITÀ E LA FELICE COLPA

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La masturbazione è meno naturale dell’adulterio, in quanto qui c’è il rapporto uomo-donna, e quindi l’atto sessuale completo. Invece, dal punto di vista della colpa, la masturbazione è meno grave, perché coinvolge solo il singolo, mentre l’adulterio, oltre ad essere peccato in se stesso in quanto unione illegittima, è anche ingiustizia nei confronti del coniuge legittimo.

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Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

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Caro Padre Giovanni.

… ma ho capito bene che la masturbazione potrebbe essere più grave dell’adulterio? A me a prima vista sembrerebbe il contrario. Nel mio caso: mi masturbo da quando avevo 11 anni. Un tempo lo facevo, ma provavo gravissimi sensi di colpa. Per molti anni ho tentato in tutti i modi di smettere, senza mai riuscire a nulla, se non a ritardare l’atto di un’ora o due. Alla fine, verso i 50 anni, ho realizzato che i miei tentativi di non farlo più erano destinati al fallimento, per cui ho accettato e metabolizzato che la masturbazione è parte integrante della mia vita; da allora ogni volta che me ne viene voglia lo faccio immediatamente senza starci a pensare. Attualmente ho 61 anni e siccome sinora le pulsioni non mi sono diminuite, lo faccio in media 3 volte al giorno. A questo punto vorrei sapere se devo considerarmi sicuramente in peccato mortale o se, dato il fallimento dei miei numerosi precedenti tentativi di non farlo più, la gravità della colpa potrebbe essere attenuata. Dimenticavo, sono single non avendo trovato l’anima gemella, quindi nessuna possibilità di soddisfare almeno in parte le mie pulsioni con rapporti sessuali leciti.

Sandro

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Caro Sandro.

masturbazione

La masturbazione è meno naturale dell’adulterio, in quanto qui c’è il rapporto uomo-donna, e quindi l’atto sessuale completo […]

La masturbazione volontaria – salvo il caso in cui essa sia giustificata dall’esigenza di controlli medici sullo sperma – è un uso dell’organo sessuale che frustra la sua naturale finalità procreativa e che non può esprimere l’amore per la moglie, dato che nell’ipotesi ella è assente.

Ora, il peccato è un atto cosciente e volontario contrario alla legge morale naturale data da Dio all’uomo come regola del suo agire. E quindi è atto contrario alla volontà di Dio Legislatore della condotta umana. La masturbazione è atto che frustra volontariamente il conseguimento del fine dell’uso dell’organo sessuale. È quindi disobbedienza alla legge morale, quindi è disobbedienza alla volontà divina, quindi è peccato.    

La masturbazione è meno naturale dell’adulterio, in quanto qui c’è il rapporto uomo-donna, e quindi l’atto sessuale completo. Invece, dal punto di vista della colpa, la masturbazione è meno grave, perché coinvolge solo il singolo, mentre l’adulterio, oltre ad essere peccato in se stesso in quanto unione illegittima, è anche ingiustizia nei confronti del coniuge legittimo.

La materia della masturbazione è di per sé grave, perché comporta la soppressione, sia pur preterintenzionale e tuttavia oggettiva, di quel principio vitale – lo sperma – che consente il concepimento dell’uomo. Infatti si tratta della soppressione non certo della vita umana già costituita (dallo zigote in avanti, dove la materia è ancora più grave), ma di un principio biologico essenzialmente ordinato alla generazione.

È mortale il peccato che attenta alla vita umana e a ciò che è ad essa immediatamente ed essenzialmente ordinato. Ma la masturbazione ha questa caratteristica. E dunque in essa si rinviene la materia del peccato mortale. Tuttavia, il peccato, nella sua completezza morale  – la colpa – non è costituito solo dalla materia, ma anche dalla forma, la quale comporta la piena avvertenza (io so che è peccato) e il deliberato consenso (voglio farlo).

Se uno non sa che quel dato atto è peccato; oppure lo sa, ma ha dei precedenti, cioè ha già il vizio, non lo ha cercato, non si è messo nell’occasione, ma l’impulso viene da sé, il soggetto è vinto o sopraffatto dalla passione o dalla concupiscenza o non riesce a controllarsi o a trattenersi, la colpa da mortale si abbassa a veniale.

Chi non ha un coniuge (celibi, vedovi, giovani, religiosi) deve, con la disciplina e l’aiuto della grazia, potersi controllare ugualmente, perché il matrimonio non è fatto per coloro che non riescono a controllarsi. La teoria paolina del matrimonio come remedium concupiscentiae, come ho scritto in un recente articolo su queste colonne dell’Isola di Patmos [cf. QUI], è stata superata dall’attuale Magistero della Chiesa. Non si sposa chi non sa trattenersi, ma al contrario chi sa così bene trattenersi, che sa trasformare in un libero atto d’amore l’impulso della passione. Tutti devono sapersi controllare, sposati o non sposati.

La produzione di sperma è fisiologicamente sovrabbondante. Per questo ogni tanto, durante il sonno, l’organo sessuale entra in orgasmo da sé ed emette l’eccesso di sperma. Dato che non si tratta di un atto volontariamente provocato, ma fisiologico, non c’è in ciò nessun peccato.

In una situazione come la sua, in base ai princìpi esposti, lei ha delle attenuanti. Secondo me, però, bisogna che lei, pur accettandosi nella sua debolezza, faccia uno sforzo maggiore di autocontrollo, anche se i fenomeni restano. Lo sforzo moderato, costante e metodico, sostenuto dalla grazia, rafforza la volontà. Ma bisognerebbe cercare di diradare questi fenomeni. Tre volte al giorno è troppo. Cerchi di arrivare ad una volta alla settimana, sperando di poter ulteriormente diradare. Mi pare infatti che lei la prenda troppo alla leggera e non ci metta tutta la volontà. Per adesso lei è al livello del veniale. Ma se non ci mette più impegno, rischia il mortale.

Ci sono molti mezzi, metodi ed espedienti ascetici tradizionali, molto sperimentati ed efficaci – le parlo anche per mia esperienza personale – per l’autocontrollo, che sarebbe troppo lungo qui elencare. Si informi in un buon trattato di ascetica e li metta in atto con perseveranza. Bisogna saper attendere i risultati e non aver fretta. Dio comunque si accontenta se siamo in movimento e non ci adagiamo né ci rassegniamo.

Comunque, brevissimamente, sono questi:

1. fuga dalle occasioni;

2. tenersi occupati;

3. frequenti giaculatorie, specie quando sorge la tentazione;  

4. Confessione e Comunione frequenti;

5. Santo Rosario;

6. controllo dei sensi e dell’immaginazione;

7. dopo la caduta, rialzarsi immediatamente, ottenendo il perdono divino con atti penitenziali personali. Non c’è bisogno di confessarsi tutte le volte.

Tenga presente che se ci si lascia andare agli impulsi, si diventa ancor più soggetti alla passione, come dice Cristo: «Chi compie il peccato, è schiavo del peccato» [Gv 3,34].

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dall’Isola di Patmos, 22 giugno 2016

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LA SESSUALITÀ E LA FELICE COLPA 

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[…] la castità non è quindi affare per uomini mancati ma un privilegio per maschi forti ed equilibrati, confortati dalla divina grazia e sempre alla ricerca della grazia divina, basata e retta su una forma d’amore esclusivo che Dio concede con la chiamata alla vita sacerdotale e religiosa. In caso contrario, anziché ritrovarsi con uomini motivati ed equilibrati nel corpo e nello spirito, si corre il rischio di mutare Santa Madre Chiesa in un triste refugium hybridorum

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Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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Caro Padre Ariel.

Ho letto due suoi libri e da alcuni anni leggo suoi articoli, e credo d’aver capito che prima di diventar prete lei è stato uomo di mondo, diciamo … navigato. Guardando i video delle sue lezioni, emerge un atteggiamento virile che, con la talare indosso, risalta ancor più (lo han detto tre donne a me molto vicine). Ciò per spiegarle perché mi rivolgo a lei per una decisione importante. Perché nel seminario dove mi trovo, la virilità lascia a desiderare, formatori in primis, tutti sorrisetti, vocette argentine, occhi trasognanti … non esagero nel dirle che, più della metà dei seminaristi, hanno problemi evidenti di identità sessuale. Per questo chiedo, lei, avesse tra le mani seminaristi che si mettono a disputare se Gabriel Garko era più bello prima o dopo l’intervento di chirurgia estetica, come reagirebbe? E come reagirebbe davanti al vicerettore del seminario, che presa parte alla discussione afferma «a me Garko è sempre piaciuto perché ha un volto particolare che ha un po’ della bellezza dell’uomo e un po’ della bellezza della donna»?. Facile criticare gli altri, ma pure io ho le mie pecche, una di queste il ricorso frequente alla masturbazione. Siccome tra un anno dovrei essere ordinato diacono, è bene mi chieda se uno che non riesce a controllarsi, può diventare un buon prete. Non voglio giustificarmi e sono cosciente della gravità del tutto, ma mi sento di dire che nel cadere di frequente in questo peccato, almeno io penso alle donne, non a Gabriel Garko.  

Lettera Firmata

 

 

Caro figliolo.

Gabriel Garko

l’attore Gabriel Garko in una immagine tratta dal film Rodolfo Valentino (anno 2014), reso oggetto di amene disputatio in qualcuno dei nostri disastrosi seminari …

Parto dalla fine della tua lettera per dirti sin dall’inizio della mia risposta che fai bene a pensare alle donne, perché il presbìtero deve essere un uomo attratto dalle donne, verso le quali avvertire tutte le naturali pulsioni sessuali. Se infatti non c’è la stoffa dell’uomo, inclusa la naturale attrazione verso l’altro sesso, manca il requisito fondamentale per cucire con ottima stoffa l’habitus del buon prete.

In uno dei miei libri, spiego che votarsi per libera scelta e per un fine spirituale superiore alla castità, vuol dire essere l’esatto contrario di ciò che nei fatti è un castrato mentale o un represso psico-fisico mai uscito dalla pre-adolescenza, che come tale non ha mai meditato sul mistero del vero Dio e del vero Uomo.

Il presbìtero o il religioso, votato per sua scelta motivata e cosciente alla castità, deve essere uno spirito e un maschio che ha portato avanti con successo, dal giorno dell’accoglimento della sua vocazione sino alla fine della formazione teologica e al conferimento del Sacro Ordine, un processo di equilibrata “traslazione” della sua libido sessuale. Il presbìtero, colte tutte le ricchezze dalla dimensione erotica, le muta in una passione sessuale spirituale del divenire dell’essere, del suo amare per Cristo, con Cristo e in Cristo. Il presbìtero non si libera dai legami amorosi del proprio corpo perché disdicevoli, ma perché per amare e per donarsi a tutti non può essere legato a una donna in particolare, né avere responsabilità di paternità, chiamato com’è a essere sposo fedele della sua Chiesa e responsabile padre premuroso di tutti. Ecco allora che la Chiesa assume per il sacerdote consacrato come alter Christus l’immagine della sposa mistica e il Popolo di Dio diviene il popolo dei suoi figli.    

La castità non è quindi affare per uomini mancati ma un privilegio per maschi forti ed equilibrati, confortati dalla divina grazia e sempre alla ricerca della grazia divina, basata e retta su una forma d’amore esclusivo che Dio concede con la chiamata alla vita sacerdotale e religiosa. In caso contrario, anziché ritrovarsi con uomini motivati ed equilibrati nel corpo e nello spirito, si corre il rischio di mutare Santa Madre Chiesa in un triste refugium hybridorum preso d’assalto da gente che, non avendo numeri fisici, psicologici e risorse finanziarie per tentare altri generi di carriera nel mondo, si tuffano a pesce sui merletti delle cotte e sugli inebrianti fumi aromatici dell’incenso, dai più bassi ai più alti livelli, estetizzando vuotamente la fede, omosessualizzando la Chiesa e facendo di triste rigore grandi carriere ecclesiastiche.

È spiritualmente formativo educare i giovani seminaristi in dimensioni artificiose dove il sesso è spesso rimosso con tacito timore? Se in una delicata fascia d’età destinata a influire sull’intera esistenza un giovane non sarà educato da maestri maturi, farà la fine di quel tale che fu allevato all’interno di una camera iperbarica alimentata a ossigeno puro; appena messo fuori il suo corpo risultò inadatto a reggere l’ambiente climatico e non avendo sviluppato i comuni anticorpi fu assalito subito da tutte le malattie di questo mondo. Per questo, capita con triste frequenza che dei giovani sacerdoti abbandonino il Sacro Ordine anche pochi mesi dopo l’ordinazione presbiterale; perché, catapultati dal mondo onirico del seminario al mondo del reale, scoprono d’improvviso che l’essere, l’esistere e il rapportarsi al prossimo in carne e ossa, è cosa del tutto diversa da ciò che pensavano, o che a loro è stato fatto pensare e credere.

Se un uomo passa dal seminario alla vita sacerdotale attraverso un celibato surreale costruito su virtù tanto belle quanto fittizie, potrà uscirne un prete sereno capace di condividere la sorte dei suoi fratelli che si dimenano in un mondo che a tutto stimola fuorché all’esaltazione evangelica della vita amorosa e del sesso vissuto come uno straordinario dono di Dio? A chi spetta educare sessualmente i futuri presbìteri, forse a certi giovani rettori e padri spirituali dei seminari, cui talora va il merito di trasferire sui discepoli i loro problemi irrisolti e le peggiori distorsioni psicologiche e sessuali delle proprie menti? Non si può creare un prete, senza prima avere creato un uomo e un maschio equilibrato nel corpo e nello spirito. Ma per creare un vero uomo-prete, occorre un vero uomo-vescovo, un vero uomo-rettore-di-seminario e un vero uomo-direttore-spirituale, non soggetti a loro volta cresciuti in questa triste produzione ittica in vasca.

Quante belle vocazioni, di uomini sani negli equilibri del corpo e dello spirito, incappando in certi formatori frustrati con mille complessi nascosti, anziché diventare preti, hanno preso la porta e se ne sono andati? E quando le belle vocazioni dei veri uomini come Dio comanda fuggono via, quale genere di merce avariata rimane, a riempire i seminari ed a rimpinguare le fila delle molli voci bianche? Ecco perché non dovremmo mai perdere di vista la meravigliosa natura dell’uomo, per tentare di tirar fuori dalla grande vasca ittica un prete destinato a non stare né in cielo né in terra.

Detto questo, tu capisci bene che il tuo quesito riguardo al cosa farei io ritrovandomi in certe situazioni, a contatto con certi soggetti per così dire ambigui, è una domanda del tutto retorica. Infatti, sapendo a monte come avrei agito in siffatte situazioni, posso garantirti che a nessun vescovo è mai passato per la mente di invitarmi a svolgere ruolo di formatore in uno di quei seminari da me additati più volte alla pubblica gogna come dei pretifici ; perché sanno benissimo che certi seminari, già di per sé semivuoti, io li avrei svuotati quasi per intero.

Padre Giovanni Cavalcoli OP, nella sua precedente risposta, ha trattato il tema sul piano teologico-morale, fornendo spiegazioni e chiarimenti applicabili anche al caso tuo, ecco perché ho articolato la mia risposta in altro modo, per evitare di enunciare con altre parole la stessa sostanza di fondo già espressa dal mio venerato confratello sacerdote e maestro teologo. Mi limito solo a suggerirti la lettura del Catechismo della Chiesa Cattolica, dove sul finire del n. 2352 potrai trovare queste illuminanti parole:

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«Al fine di formulare un equo giudizio sulla responsabilità morale dei soggetti e per orientare l’azione pastorale, si terrà conto dell’immaturità affettiva, della forza delle abitudini contratte, dello stato d’angoscia o degli altri fattori psichici o sociali che possono attenuare, se non addirittura ridurre al minimo, la colpevolezza morale».

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Alla luce di questo dettato del Catechismo, proviamo adesso a leggere la frase in cui tu esprimi:

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«[…] nel seminario dove mi trovo, la virilità lascia a desiderare, formatori in primis, tutti sorrisetti, vocette argentine, occhi trasognanti … non esagero nel dirle che, più della metà dei seminaristi, hanno problemi evidenti di identità sessuale».

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Da questa tua frase si capisce anzitutto che lo stato di angoscia e di prova al quale tu sei sottoposto è notevole, con tutte le implicazioni psicologiche del caso. Pertanto, se dinanzi ad una amena disquisizione sulla bellezza di Gabriel Garko – alla quale lo stesso vice-rettore del seminario partecipa dichiarandosi suo ammiratore in quanto sintesi della bellezza della donna e della bellezza dell’uomo –, per umana reazione tu fossi uscito dal seminario e ti fossi precipitato tra le braccia della conturbante Svetlana Porkova, approdando il giorno dopo, al termine di una notte di sesso sfrenato, al mio confessionale, io ti avrei ascoltato, confortato e assolto. Ovviamente dopo averti ricordato ciò di cui tu per primo saresti stato consapevole, ossia che non avevi agito bene, ma trattandoti con tutta la paterna delicatezza con la quale un peccatore chiamato per mistero di grazia ad amministrare la misericordia e il perdono di Dio, deve sempre trattare un altro peccatore [cf. mio articolo «Quando dormi dove tieni le mani ?», QUI]. Quindi ti avrei spiegato perché, anche in virtù di quella notte di sesso sfrenato con la suddetta Svetlana Porkova, avevi invece i necessari requisiti richiesti per diventare un buon prete.

Nello stato in cui ti trovi e nell’ambiente non felice nel quale sei costretto a vivere ed a formarti, il tuo peccato – come insegna con cattolica sapienza il nostro Catechismo – è molto attenuato, se non ridotto al minimo; e con esso la colpevolezza morale.

Ricorda sempre che l’uomo non è nato per essere casto e che la castità, nell’ottica evangelica del «farsi eunuchi per il Regno dei Cieli» [cf. Mt 19, 12-13], è un dono di grazia, ed attraverso la grazia diviene nel tempo e col tempo una conquista umana e spirituale calata in quel naturale habitus strutturato sulla libertà, non certo sulla auto-repressione dei castrati psichichi usciti dalle nostre fabbrichette clerical-pretesche, o come qualsivoglia pretifici.

Ti sia quindi di conforto il Santo Padre della Chiesa Agostino Vescovo d’Ippona, che non mancava certo di virilità, di testosterone in esubero e soprattutto di grande attrazione verso la bellezza femminile. Diviso nel proprio animo per lungo tempo, Sant’Agostino giunse infatti a pregare così: «Signore, rendimi casto, ma… non subito!».

Non si nasce casti, nella stessa misura in cui non si nasce santi; casti e santi lo si diventa, spesso dopo una vita intera di lavoro duro e faticoso. E santi, sempre e di rigore, si è proclamati dopo la morte, mai durante la vita.

Certe tue cadute non sono un impedimento al Sacro ordine sacerdotale. Grande impedimento sarebbe se tu, all’età tua, non avessi naturali pulsioni sessuali verso le donne, preferendo semmai metterti a disquisire sulla bellezza maschile mista al femmineo di un attore, con tanto di partecipazione del vice-rettore del seminario a questa discussione da donnette al lavatoio, per non dire di peggio ancora. Se però io dicessi di peggio, coi tempi che corrono e coi Cardinali messi oggi alla pubblica gogna per “reati di opinione” [cf. QUI, QUI, etc.] sarei come minimo tacciato di omofobia da tutta la sinistra radical chic, da La Repubblica e da Micromega, che urlano fidenti «Viva Papa Francesco, el revolucionarioel castigador !», confondendo sempre più il Successore di Pietro con el compañero Ernesto Guevara detto el Che.

T’invito anche a meditare sulla lode del cero cantata nel Preconio Pasquale, anch’essa nata dal Doctor Gratiae Sant’Agostino: «O felix culpa, quae talem ac tantum meruit habere Redemptorem» [«Beata sia la colpa, che ci fece meritare un tale e così grande Redentore»]. Questa espressione agostiniana fu così commentata dal Doctor Angelicus San Tommaso d’Aquino: «Nulla si oppone al fatto che la natura umana sia stata destinata ad un fine più alto dopo il peccato. Dio permette, infatti, che ci siano i mali per trarre da essi un bene più grande. Da qui il detto di San Paolo: “Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” [Rm 5,20]. Per questo motivo, nella lode di benedizione del cero pasquale, si canta: “O felice colpa, che ha meritato un tale e così grande Redentore!”» [Cf. Summa Theologiae, III, q.1, a.3, ad3].

E la colpa si può “benedire” solo quando della colpa si è anzitutto consapevoli, quando si ha l’innato senso della misura del bene e del male, certi che Dio – e che Dio solo – può mutare per mistero di grazia il male in bene, se incontra la nostra apertura alla sua azione di grazia redentrice. E una volta capito questo e calati in questa dimensione cristologica, ci sarà molto più chiaro il profondo mistero racchiuso nella frase: «Beati gli invitati alla cena del Signore, ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo».

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Nota

visto che in queste righe è stato nominato a puro titolo di esempio l’attore italiano Gabriel Garko, è doveroso precisare che il diretto interessato smentì a suo tempo di avere mai fatto ricorso alla chirurgia estetica e di avere avuto problemi di tiroide che gli avevano causato il gonfiore del volto [cf. QUI].

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Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

I collaboratori del Papa ed i traditori del Papa, i limiti di sopportabilità

lettere dei lettori 2

– Rispondono i Padri dell’Isola di Patmos –

I COLLABORATORI DEL PAPA ED I TRADITORI DEL PAPA 

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È meglio esser fedeli al Papa senza titoli speciali, che occupare una poltrona in Vaticano per fare poi in tutto e per tutto la parte di Giuda.

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Caro Padre Giovanni,

a proposito della crisi della fede [vedere articolo QUI], non discuto l’autorità dell’attuale Sommo Pontefice, ma mi consenta rispettosamente di dire che – quanto ad autorevolezza e credibilità – francamente mi pare stonato, come leggo a pag. 4 del suo testo, mettere sullo stesso piano quel gigante che è stato Benedetto XVI nella sua missione, e Papa Francesco, la cui ambiguità e la cui supponenza, come giustamente dice Spaemann, si sono spinte al limite [vedere articolo QUI]. È anche per questo che credo sia meglio non annoverarsi fra «i più stretti e fedeli collaboratori» del regnante Pontefice … pensando a figure non raccomandabili che lo sono realmente, come Sua Em.za il Card. Walter Kasper.

La saluto con deferenza e affetto.

Pierluigi (Firenze)

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Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

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Caro Pierluigi.

Il Cardinale Crescenzo Sepe mostra dall'altare del Duomo di Nap

il carrierismo, nell’Isola di Patmos, oltre a essere stigmatizzato come piaga della Chiesa, è stato anche reso oggetto di ironie e goliardie, come ad esempio il Padre Ariel eletto Vescovo titolare di Laodicea Combusta [cf. QUI, QUI, QUI] ed in seguito auto-promosso Arcivescovo Metropolita di Napoli [cf. QUI], con tanto di sua immagine foto-montata sull’abito corale cardinalizio del Cardinale Crescenzio Sepe.

Parlando in quel mio articolo di «collaboratori del Papa» [cf. QUI], intendevo i veri collaboratori, come per esempio i Padri di questa rivista telematica L’Isola di Patmos, che sono sinceramente, totalmente e autenticamente fedeli al Magistero pontificio.

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Il puro fatto giuridico-materiale-esteriore di rivestire un ruolo ufficiale di collaboratore, ottenuto con la frode, l’adulazione e la scalata al potere, come per esempio ha fatto il Cardinale Walter Kasper, non significa nulla. È pura facciata, pura ipocrisia, è menzogna. È cosa spregevole … Gesù lo avrebbe trattato da sepolcro imbiancato, perché le cose si giudicano dalla sostanza e non dall’apparenza.

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Dobbiamo stare attenti a non lasciarci ingannare da soli titoli e rivestimenti giuridici, perché possono nascondere il falso. Non basta, infatti, che in una bottiglia ci sia l’etichetta “Barolo”, perché contenga del vero Barolo.

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Se un collaboratore ufficiale del Papa tradisce o falsifica il Magistero del Papa – e dico del Papa come Papa – sia esso Jorge Mario Bergoglio o sia un altro Papa (in tutto i Romani Pontefici sono 265), chiamato a essere custode della divina Rivelazione contenuta nella Scrittura e nella Tradizione, non è un collaboratore, ma un traditore.

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Chi invece obbedisce al Magistero del Papa, come facciamo noi, anche se non ha incarichi speciali alla Santa Sede o altrove, è il vero, affidabile, competente, autorevole e leale collaboratore.

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È meglio esser fedeli al Papa senza titoli speciali, che occupare una poltrona in Vaticano per fare poi in tutto e per tutto la parte di Giuda.

dall’Isola di Patmos, 20 giugno 2016

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I LIMITI DI SOPPORTABILITÀ

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[…] il Santo Padre ha una testa alquanto dura e difficilmente ascolta qualcuno, ma se qualcuno ascolta, alla prova dei fatti ascolta le persone più sbagliate, come quelle che gli hanno consigliato, viepiù nella ricorrenza del centenario delle apparizioni della Madonna di Fatima, di andare in visita apostolica a Stoccolma per prendere parte ai festeggiamenti dei cinquecento anni della pseudo-riforma luterana, che è per noi e che per noi rimane una eresia dinanzi alla quale non abbiamo proprio niente da festeggiare.

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Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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Caro Padre Ariel.

Rifacendomi al suo ultimo articolo [cf. QUI] mi domandavo se difronte alle “limitatezze linguistiche e lessicali”, e conseguentemente ad alcune espressioni infelici che fanno pensare a presunte “elasticità dottrinali” dell’uomo che è Cefa, occorre chiedersi dove sia Paolo che, pur riconoscendone l’autorità, ardisca richiamarlo con fermezza? Almeno privatamente, se non pubblicamente. Narra infatti l’Apostolo: «… quando Cefa venne ad Antiòchia, mi opposi a lui a viso aperto perché aveva torto» [Gal 2,11]. E’ molto pesante la Croce di Pietro e forse Francesco se ne rende pienamente conto. Che sia questa la ragione per cui chiede sempre di pregare in suo soccorso? Anche a protezione di P. Federico Lombardi, tenuto sulle spine! Preghiamo per loro e per noi come Davide nei salmi 15 e 16. Intanto il filosofo Spaemann – amico di Papa Benedetto XVI – fa rilevare ragionevolmente: «Anche nella Chiesa c’è un limite di sopportabilità» [cf. QUI].

Ettore (Milano)

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Caro Ettore.

Kasper libro su lutero

La verità è che Giovanni Paolo II, su suggerimento del Cardinale Joseph Ratzinger, nel 1999 chiamò a Roma l’allora Vescovo di Rottenburg-Stoccarda, Walter Kasper, affidandogli il Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, affinché fosse tenuto sotto controllo, evitando che seguitasse a fomentare il peggio del catto-luteranesimo nelle facoltà teologiche e nell’episcopato tedesco. Purtroppo, quando nel 2013 il guinzaglio è stato tolto e con esso anche la museruola, i risultati sono stati quello che oggi brillano sotto gli occhi di tutti.

Io che non sono facilmente accusabile di usare le parole a caso, almeno fino a non facile prova contraria, comincio seriamente a temere per il Santo Padre i fischi in piazza [cf. QUI], proprio perché «Anche nella Chiesa c’è un limite di sopportabilità»; e temo che questo limite, che mai andrebbe valicato, sia stato invece valicato ormai da tempo.

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Il Santo Padre ha definito la Chiesa ospedale da campo, una definizione dinanzi alla quale ho reputato di ricordare in vari miei scritti e video-conferenze che nel pronto soccorso di questo ospedale ci stiamo noi presbìteri che viviamo a diretto contatto col cosiddetto polso della situazione. E sia io sia molti miei confratelli cominciamo a essere preoccupati per ragioni basate su dati oggettivi: i fedeli si lamentano sempre più e in toni sempre più aspri di questo pontificato; si lamentano di questo Sommo Pontefice che piace tanto, troppo, a tutte quelle persone che sono da sempre avverse al mondo cattolico ed al sentire cristiano. 

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Questa è la situazione. E coloro che vivendo a stretto contatto col Sommo Pontefice non lo informano di ciò, semmai per loro quieto vivere o per la speranza di poter passare dal color violaceo al color rosso porpora, nuocciono gravemente alla Chiesa e al Successore di Pietro, il quale «non va adulato ma aiutato», all’occorrenza persino redarguito, con tutto il rispetto dovuto alla sua sacra e inviolabile persona.

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Ciò che lamentano con sempre più frequenza proprio i fedeli che inizialmente erano entusiasti di questo pontificato, è «la confusione», la mancanza di «chiari si e di chiari no» al posto dei quali si tende a rispondere che «forse potrebbe essere si, ma forse anche no, assecondo il caso o la situazione …».

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A distanza di un anno dalla nomina dei nuovi vescovi stanno emergendo in varie diocesi italiane, in tutta la loro devastante portata, i disastri operati sul piano pastorale e dottrinale da figure molto mediocri che emulano con nauseabonda piaggeria il Santo Padre nel porgersi, nel parlare, nel vestire, persino nel salutare col pollicione alzato … [vedere miei precedenti articoli QUI, QUI, QUI]. Conosco diversi di questi sacerdoti elevati alla dignità episcopale, so bene quanto siano stati cresciuti a pane e Rahner usando come metro di speculazione teologica Hegel. E ricordo molto bene di quanto costoro si beassero nel citare nelle loro omelie o nelle loro catechesi, rivolte ai cattolici adulti di marca dossettiana, i libri di Umberto Eco e gli articoli di Paolo Flores d’Arcais editi sulla rivista della sinistra radicale Micromega; ma soprattutto ricordo con quanta ferocia hanno trattato il magistero di Benedetto XVI e in quali termini solevano definire «retrivo» o «anacronistico» il magistero di Giovanni Paolo II. E oggi, a uno a uno, ce li siamo ritrovati vescovi. E dopo avere trascorso gli anni a magnificare in giro per gli studi teologici italiani il libro di Hans Küng che pone in discussione l’infallibilità pontificia, oggi sono capaci di aggredire chiunque osi esercitare quel senso critico riconosciuto dalla libertà dei figli di Dio e dallo stesso Codice di Diritto Canonico, giacché al Regnante Pontefice – e va’ da sé, solo per loro perverso tornaconto personale –, essi pretendono di applicare criteri di infallibilità laddove mai sono stati riconosciuti come tali dalla Chiesa, oltre che dalla stessa struttura del dogma proclamato dal Beato Pio IX [si veda il motu proprio Ad tuendam fidem, QUI].

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Io che vivo nel pronto soccorso della Chiesa ospedale da campo, vedo questo tutti i giorni, non posso riferire cose diverse da quelle che vedo e che sento, vale a dire che i fedeli sono sempre più scontenti, oltre che disorientati.

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Per quanto riguarda il Beato Apostolo Paolo, possiamo dire che ad Antiochia affrontò Pietro a viso aperto senza problema alcuno per il semplice fatto che egli non aspirava a diventare cardinale. Detto questo va tenuta poi in considerazione un’altra cosa: se qualche Paolo oggi c’è – e questi potrebbe essere alla prova dei fatti il Cardinale Gerhard Ludwig Müller – purtroppo Pietro non lo ascolta, essendo troppo impegnato a prendere per oro colato le pericolose inesattezze teologiche del lacunoso rettore dell’Università Cattolica argentina, l’Arcivescovo Víctor Manuel Fernández, che non è certo quella grande e nobile aquila reale tale era il Cardinale George Marie Cottier, OP [25 aprile 1922 – 31 marzo 2016] teologo della Casa Pontificia.

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Il Santo Padre è circondato dal peggio della delinquenzialità dei modernisti, dei filo-luterani e degli eretici della peggior fatta. A questo si aggiunga che caratterialmente egli ha la testa alquanto dura e difficilmente ascolta qualcuno, ma se qualcuno ascolta, pare ascoltare le persone più sbagliate, come quelle che gli hanno consigliato – e viepiù nella ricorrenza del centenario delle apparizioni della Madonna di Fatima – di andare in visita apostolica a Stoccolma per prendere parte ai festeggiamenti dei cinquecento anni della pseudo-riforma luterana, che è per noi e che per noi rimane una eresia dinanzi alla quale non abbiamo proprio niente da festeggiare. Come per noi rimane altamente empio ed ereticale l’osceno libro celebrativo su Lutero pubblicato poche settimane fa dal Cardinale Walter Kasper, che in tutto e per tutto si palesa per l’eterodosso che è [cf. Giovanni Cavalcoli, OP QUI e mio articolo QUI].

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La verità è che Giovanni Paolo II, su suggerimento del Cardinale Joseph Ratzinger, nel 1999 chiamò a Roma l’allora Vescovo di Rottenburg-Stoccarda Walter Kasper, affidandogli il Pontificio segretariato per l’unità dei cristiani, affinché fosse tenuto sotto controllo, evitando così che seguitasse a fomentare il peggio del catto-luteranesimo nelle facoltà teologiche e nell’episcopato tedesco, o che favorisse persino profanazioni della Santissima Eucaristia tramite le cosiddette intercomunioni eucaristiche celebrate nelle chiese cattoliche coi figli dell’eresiarca Lutero. Purtroppo, quando nel 2013 il guinzaglio è stato tolto e con esso anche la museruola, i risultati sono stati quelli che oggi brillano sotto gli occhi di tutti, spingendoci in tal senso sino ai limiti della ecclesiale ed ecclesiastica sopportabilità, grazie non ultimo anche ai più stretti collaboratori del Romano Pontefice, che ormai non si fanno scrupolo alcuno a enunciare pubblicamente eresie, perseguitando ed emarginando in modo feroce e coercitivo tutti coloro che si mantengono fedeli alla sana dottrina cattolica ed al magistero della Chiesa; portando all’episcopato i loro amici catto-luterani e modernisti eretici i quali a loro volta consacreranno nel Sacro ordine sacerdotale altrettanti catto-luterani e modernisti eretici, respingendo tutte le migliori e sane vocazioni animate da autentici sentimenti cattolici.

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È la grande apostasia narrata nella sua Apocalisse dal Beato Apostolo Giovanni, attraverso la quale la Chiesa di Cristo dovrà passare per essere purificata. Questo il motivo per il quale ci siamo “ritirati” sull’Isola di Patmos, giovanneo luogo dell’ultima rivelazione; luogo nel quale l’Apostolo Giovanni scrisse durante il suo esilio l’Apocalisse. 

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dall’Isola di Patmos, 20 giugno 2016

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Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

I nuovi falsi profeti e le menzogne di Enzo Bianchi

I NUOVI FALSI PROFETI  E LE MENZOGNE DI ENZO BIANCHI

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Una simile arrogante sfrontatezza nel Bianchi si può spiegare solo perché, in questa tragica ed ingovernabile situazione, che sta vivendo oggi la Chiesa, è spalleggiato da potenti forze anti-cristiche, sicché, come ai tempi oscuri del X secolo, Marozia e le potenti famiglie romane spadroneggiavano sul Papa, così oggi spadroneggiano i ben più astuti modernisti, presenti ormai nella Santa Sede e tra gli stessi “collaboratori” del Papa, che non si capisce per quali motivi se li tiene o li assume, o perché forse spera di tenerli a bada o perché non è capace di cavarseli d’attorno […]

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Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

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«Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole».

[II Lettera del Beato Apostolo Paolo a Timoteo, 4, 3-4]

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Enzo bianchi con Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II dona una corona del rosario a Enzo Bianchi, forse per invitarlo a pregare la Beata Vergine Maria per la conversione dei luterani?

Il famoso monaco Enzo Bianchi ha tenuto di recente a Torino una conferenza dal titolo “Etica cristiana e malattia” in occasione del XX congresso nazionale FADOI [Federazione Associazioni Dirigenti Ospedalieri Italiani]. In essa Bianchi intenderebbe presentare l’etica cristiana concernente il tema del dolore, del male e della morte, invece di fatto espone una visione meramente filantropica, per non dire atea, che meglio rispecchia l’etica razionalistica dell’Illuminismo o della Massoneria e nulla ha a che vedere con l’etica cristiana.

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Da qui l’incredibile impudenza con la quale Bianchi falsifica l’etica cristiana. Invece, la vera etica cristiana, della sofferenza redentrice, è da lui sbeffeggiata come cosa ripugnante e superata. Parla non da monaco cristiano, ma come parlerebbero Nietzsche o Marx. Pertanto, quel Lutero del quale Bianchi si vanta di essere interlocutore, ne sarebbe scandalizzato e col suo tipico frasario sanguigno e colorito gli avrebbe dato del buffone e del bestemmiatore. Bianchi infatti sembra bensì accogliere l’istanza umanistica e solidaristica del cristianesimo, con il dovere di curare la salute e di lottare contro le malattie e la sofferenza, ma poi tutto ciò si rivela uno specchietto per le allodole, perché Bianchi fallisce completamente nel presentare l’aspetto proprio e quindi anche umano dell’etica cristiana, come vedremo dalle sue affermazioni, che qui riporto con la mia relativa confutazione racchiusa sotto il titolo “risposta”.

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Enzo Bianchi con Benedetto XVI

Enzo Bianchi, che per inciso non è né un chierico né un religioso professo, ma solo un laico sottoposto all’autorità di se stesso, rende omaggio a Benedetto XVI mascherato da abate

Per verificare la falsità delle sue tesi è sufficiente confrontarle con l’insegnamento del Catechismo della Chiesa Cattolica. Ma evidentemente soggetti come Bianchi se ne infischiano del Catechismo, perché, sull’esempio di Lutero, conoscono loro il cristianesimo meglio del Romano Pontefice e della Chiesa Cattolica.

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Una simile arrogante sfrontatezza nel Bianchi si può spiegare solo perché, in questa tragica ed ingovernabile situazione, che sta vivendo oggi la Chiesa, è spalleggiato da potenti forze anti-cristiche, sicché, come ai tempi oscuri del X secolo, Marozia e le potenti famiglie romane spadroneggiavano sul Papa, così oggi spadroneggiano i ben più astuti modernisti, presenti ormai nella Santa Sede e tra gli stessi “collaboratori” del Papa, che non si capisce per quali motivi se li tiene vicini o li assume; forse perché spera di tenerli a bada o perché non è capace di cavarseli d’attorno, probabilmente per troppa indulgenza o accondiscendenza e insufficiente energia, o per timore di vendette o perché minacciato o circonvenuto? Mentre il più deciso, coraggioso e perspicace Benedetto XVI è stato invece costretto ad abdicare il sacro soglio, ma il nostro trepidante pensiero va anche a quanto avvenne per il povero Giovanni Paolo I …

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Enzo bianchi con Francesco

Enzo Bianchi, che non ha mai professato voti religiosi e che non ha mai ricevuto i sacri ordini, si presenta nuovamente in maschera da abate, questa volta dal Santo Padre Francesco.

… è sempre stato uso degli eretici, quando i complotti non riescono e le ambizioni restano insoddisfatte, ricorrere al delitto, pur di realizzare, difendere o nascondere i loro piani perversi. Non avendo argomenti teologici e giuridici per sostenere le loro tesi, facilmente, se hanno potere, ricorrono all’intimidazione o alla violenza. La domanda che ci poniamo è come mai non compaia alcuna alta autorità per fermare questo impostore, seduttore dei fedeli e fantoccio dei miscredenti. Nessuno che difenda il Vicario di Cristo o gli dia qualche buon consiglio? Soltanto alcuni pochi coraggiosi, come per esempio l’illustre teologo Antonio Livi, stanno svolgendo un’opera di chiarificazione per impedire che si disonori il nome cattolico e di aiuto per coloro che sono ingannati – o vogliono ingannarsi – dalle sconcezze di Bianchi … [cf. QUI, QUI, QUI, etc..]

… ma vediamo adesso le tesi di Bianchi. Mettiamo in rientranza le sue dichiarazioni in corsivo e sotto le mie risposte.

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enzo bianchi duomo di padova

Enzo Bianchi tiene una lectio dall’ambone della chiesa cattedrale di Padova

L’etica cristiana

L’etica è una via per diventare uomo o donna. L’etica cristiana ha subìto e subisce evoluzioni. Su questo punto nessuna illusione: essa non è data una volta per sempre, non è cristallizzata in formule dogmatiche.

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Risposta

Il diventare uomo o donna è oggetto della genetica e non della morale. L’etica non riguarda la genesi dell’uomo, ma la questione dell’agire umano e della scelta tra il bene e il male. Essa certo educa l’uomo a raggiungere la maturità psicologica e morale e la perfezione spirituale, ma suppone l’uomo già costituito, responsabile delle proprie azioni, e si propone di indirizzarlo al conseguimento del suo fine ultimo, che è Dio, mediante l’osservanza dei divini comandamenti. Semmai il fine dell’etica cristiana è quello di diventare figlio di Dio. Nasciamo uomini figli di Adamo peccatore, ma Cristo ci fa diventare, col battesimo, figli di Dio.

Le norme dell’etica, di ragione (legge naturale, diritto naturale, etica naturale) o di fede (dogmi morali, diritto divino, etica cristiana) sono universali ed immutabili, come immutabile è la natura umana, la medesima in tutti gli individui dall’inizio alla fine della storia, al di là dell’evoluzione storica e delle differenti culture. Se così non fosse, si aprirebbe lo spazio ad ogni forma di discriminazione tra uomo e uomo e ad ogni forma di sopraffazione dell’uomo sull’uomo.

Esistono di fatto diversi livelli e forme di condotta morale, diversi codici giuridici ed usanze, legati ai diversi individui, popoli e società, con pregi e difetti. Ma le norme fondamentali, dettate dalla semplice ragione naturale, sono le stesse per ogni uomo, colto o ignorante, non in quanto è questo o quell’uomo, ma in quanto è uomo. Tutti gli uomini ― e lo sanno ― devono rispondere a Dio del loro operato.

Presentandosi l’occasione propizia, e questa può essere l’ approssimarsi della morte, non bisogna aver timore di parlare di Dio agli atei, perché lo sanno anche loro che Dio esiste, benché fingano di non saperlo o magari non ne vogliono sapere. Quante persone, dovutamente e caritatevolmente assistite, si convertono in punto di morte da una vita spesa nel peccato!

Le norme morali impongono quindi doveri assoluti e richiedono fedeltà e costanza, a costo di sacrificio, negli impegni presi davanti a Dio e agli uomini. Indubbiamente, le norme morali possono e devono essere sempre meglio conosciute ed applicate con i progressi della scienza e dei costumi.

Mutevoli e relative invece, e soggette ad eccezioni, sono le norme positive stabilite dal diritto e dal potere civile ed ecclesiastico, nell’ applicazione della legge morale nelle varie situazioni e circostanze.

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Enzo bianchi predica ai sacerdoti di siena

Enzo Bianchi invitato dall’Arcivescovo Metropolita di Siena a tenere una meditazione al clero, presso i locali del Seminario arcivescovile Pio XII, che dopo cinque secoli di attività è stato chiuso un anno fa, per mancanza di vocazione al sacerdozio [cf. QUI]. Oggi, parte dei locali dell’ex seminario, sono stati affittati ad un lussuoso albergo [cf. QUI] ed i pochi seminaristi sopravvissuti inviati presso il Seminario Arcivescovile di Firenze.

Il problema del male

L’etica cristiana non dà alcuna spiegazione al problema del male, della malattia e della morte. Essa ha proposto un immaginario come una storia che pretendeva di spiegare l’origine del male: il mito che il male, la malattia e la morte derivino da una colpa dei primi esseri umani. Non accettiamo più che il nostro soffrire “derivi” dalla colpa di qualcuno che ci ha preceduto e che, di conseguenza, ci sia stato dato in eredità.

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Risposta

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Il racconto genesiaco dell’origine del male dal peccato dell’angelo [1] e della coppia dei nostri progenitori, con le sue conseguenze, non è affatto né un “immaginario” né un “mito”, ma è verità storica oggetto di fede (cf. Cat. nn. 385-409) [2]. Questo racconto ci fa comprendere che l’umanità, a seguito del peccato originale, è caduta in uno stato di miseria e di tendenza al peccato, condizione dalla quale l’uomo non riesce a risollevarsi con le proprie forze.

La Scrittura narra come il Padre ha avuto pietà di noi e ci ha dato per la nostra salvezza e la remissione dei peccati suo Figlio Gesù Cristo, il quale, come dice il Concilio di Trento, «con la sua santissima passione sul legno della croce ci ha meritato la giustificazione ed ha soddisfatto per noi al Padre» (cf. Denz.1529) [3]. Se non si comprende che cosa è stato il peccato originale e quali sono le sue conseguenze, non si capisce neanche il senso dell’opera salvifica di Cristo, il quale ci chiede di unirci alla sua croce per la salvezza del mondo.

Uno dei massimi meriti e pregi del cristianesimo è quello di spiegarci che cosa è il male, da dove trae origine e come si può vincere. Il cristianesimo insegna sostanzialmente che Dio bontà infinita non vuole il male, ma lo permette per mostrare la sua onnipotenza, la sua misericordia e la sua bontà.

Onnipotenza vuol dire che Dio, col suo potere creatore benefico, misericordioso e provvidente, certamente punisce il malfattore, ma in vista di ricavare dallo stesso castigo o sventura, e quindi in generale dal male, un bene maggiore, come per esempio il perdono, bene maggiore di quello che ci sarebbe stato se il male non ci fosse stato: Egli infatti, nella sua misericordia, perdonando in Cristo il peccato, conduce l’uomo, per mezzo della grazia, allo stato di figlio di Dio, mosso dallo Spirito Santo, stato che è superiore allo stato di innocenza dei progenitori prima del peccato.

Tutto ciò mostra in Dio una bontà che colma oltre misura le semplici esigenze di felicità naturale, una bontà superiore a quella che Egli avrebbe mostrato, se non avesse elevato l’uomo in Cristo alla condizione soprannaturale di figlio di Dio. Il Padre, però, nel contempo, come risulta dal dogma della Redenzione, ha voluto essere compensato per l’offesa recataGli da Adamo e dai suoi discendenti, e pertanto ha voluto che l’uomo riparasse per giustizia la propria colpa unendosi al sacrificio della croce, col quale Cristo ha meritato la nostra giustificazione. In tal modo l’uomo può conquistarsi per giustizia, con le buone opere, per i meriti di Cristo, quella stessa salvezza che gli viene donata da Cristo gratuitamente, per misericordia.

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Enzo Bianchi con arcivescovo di Palermo

Enzo Bianchi invitato dall’Arcivescovo Metropolita di Palermo, soldato della Scuola di Bologna e capofila del dossettismo in Sicilia, a tenere una lectio su “Il primato della misericordia secondo Enzo Bianchi” [cf. QUI]

La fede cristiana

La fede cristiana non risolve il problema dell’origine del male, del soffrire, non lo spiega! La fede, non sopprime l’assurdo, non dà neppure senso alla malattia.

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Risposta

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Uno dei pregi principali della Rivelazione cristiana (Scrittura e Tradizione) è quello di illuminare con la luce della fede l’umanità circa il mistero del male [4]. La Parola di Dio ci dice qual è la natura profonda ed ultima del male, l’origine e il rimedio totale e definitivo del male; ma non ci dà una ragione o spiegazione o dimostrazione necessaria o logica (come credeva Hegel) per sapere perché Dio ha permesso il male. Questo è un mistero impenetrabile, noto solo a Dio, mistero che tuttavia, ai fini della nostra salvezza, non è necessario conoscere.

Se però non sapessimo che cosa è il male, quale ne è l’origine e quali le cause, non potremmo conoscere i mezzi per liberarcene e la salvezza sarebbe impossibile. Il cristianesimo c’insegna che il vero male, più che il patire, è fare il male, è il peccato, perché la pena è conseguenza del peccato. Fare il bene è promuovere la vita; per conseguenza fare il male è sopprimere la vita. La vita è il frutto della giustizia. La morte è la conseguenza del peccato. Pur di non fare il male, è dunque meglio patire il male, come diceva San Domenico Savio: «la morte, ma non peccati». La sofferenza è un male. Ma se per fare il bene ed evitare il peccato, occorre soffrire, ben venga la sofferenza.

Se Dio avesse voluto, avrebbe potuto far sì che il male non esistesse. Dio non è stato affatto necessitato a permettere l’esistenza del male, ma lo ha fatto liberamente. Possiamo solo formulare motivi di convenienza o congetture sul perché dell’esistenza del male, ma non produrre argomenti dimostrativi. Dobbiamo quindi credere con ferma fede che è bene così, anche se non possiamo scrutarne il perché.

Dobbiamo dire, alla luce della fede, che è bene che il male ci sia, certo non per compierlo o approvarlo o accettarlo, ma per combatterlo e distruggerlo. Combattere il male è bene. Dunque la presenza del male dà occasione per fare il bene. Solo il male della giusta pena, per esempio l’inferno [5], è un bene in senso assoluto, perché è espressione della giustizia divina.

Già la ragione naturale, grazie alla filosofia, si accorge che il male esiste, non è necessario ma contingente, sa che cosa è, conosce la sua dannosità, vi trova un senso e un significato intellegibili, per quanto ripugnante alla volontà. Sa che è peggio il male di colpa che quello di pena; comanda la lotta contro il male e il peccato, sa che esso è causa di sofferenza e che è causato da un agente libero, finito e peccabile, quindi non da Dio, che è bontà infinita e che può vincere il male. Ma l’uomo fragile e peccatore, senza il soccorso della grazia, non riesce a liberarsi dal male e dalla sofferenza.

Ecco che allora la Rivelazione fa’ luce ulteriore, definitiva, incoraggiante e consolante sul mistero del male, grazie all’insegnamento e all’esempio di Cristo, mediato dal Magistero della Chiesa. L’apporto principale del cristianesimo sta nell’insegnare all’uomo che il male (il peccato come offesa a Dio e il suo castigo) è ancora più grave di quanto la sola ragione possa sospettare, ma tuttavia Cristo, con il suo sacrificio “soddisfattorio vicario” [6], che continua nella Santa Messa, ci libera totalmente e definitivamente dal male e ci insegna come trasformare il male in bene.

La fede rifiuta l’assurdo, perché la fede è ossequio ragionevole a verità sovrarazionali, ma relazionabili alla ragione e che armonizzano con la ragione. Il contenuto della fede non è assurdo, non è irragionevole, non è impossibile, non è contradditorio, ma è verità sublime, infinita, immutabile e misteriosa.

Dio non muta, non si contraddice, non ci inganna e non si smentisce, ma si fa intendere, è leale ed affidabile, sempre identico a se stesso e fedele. La fede trasforma la malattia in momento di penitenza, di riparazione, di redenzione. Re-d-emo: compro di nuovo. «Siamo stati comprati a caro prezzo!» (I Cor 6,20).

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Enzo Bianchi e Nunzio Galantino

Enzo Bianchi tiene una lectio sulla liturgia a Bose, istituzione non religiosa e soprattutto non cattolica, in quanto aggregazione multi-confessionale della quale egli si è auto-proclamato priore. Partecipa come ospite d’onore il Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, S.E. Mons. Nunzio Galantino, che si rivolge pubblicamente al Signor Laico Enzo Bianchi chiamandolo «Reverendo Priore» [cf. QUI].

La sofferenza.

Il cristianesimo ha sempre combattuto la sofferenza, considerandola una strada redentiva e meritoria. Se l’etica cristiana chiede che la morte non sia rimossa, né negata, non è per un’assunzione del dolore o in vista della “redenzione”. La malattia era per la nostra salvezza, era redentiva, dunque occorreva offrirla a Dio. La malattia, la sofferenza non serve per la nostra redenzione. Anzi, possiamo dire che il dolore non ha senso. La sofferenza non è gradita a Dio, altrimenti egli sarebbe sadico.

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Risposta

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La sofferenza è certamente un male che, come tale, dev’esser tolto o quanto meno alleviato. I sedativi dunque svolgono una funzione positiva. Essi però devono togliere la causa del dolore, ma non devono distruggere le forze sane. Se la sofferenza non può essere tolta, dev’essere sopportata. Anche se la sofferenza è insopportabile, non dev’essere mitigata o tolta causando la morte del malato. Tuttavia, la sofferenza può essere un bene, quindi espiativa e redentrice.

Dio non gradisce o né vuole la sofferenza come tale, ma gradisce o vuole la sofferenza redentrice. La sofferenza redentrice è la sofferenza di Cristo, che si offre vittima di espiazione o di riparazione al Padre per la remissione dei nostri peccati. Quindi la sofferenza redentrice è un gran bene, che soddisfa o compensa il Padre per il peccato, purifica ed espia le colpe, e prepara all’annullamento della sofferenza nella vita futura.

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Enzo Bianchi e Paolo Romeo

Enzo Bianchi invitato dal Cardinale Paolo Romeo a tenere una lectio nella cattedrale di Palermo durante l’Anno della Fede. Per inciso: il Cardinale Romeo, amabilissima persona, merita ogni giustificazione sulla base del principio «non sanno quel che fanno», essendo per lui, la teologia, una via di mezzo tra un calesse siciliano e una pianta di fichi d’India, cosa che l’Autore redazionale di queste didascalie afferma per averlo sentito più volte predicare e parlare in pubblico.

La coscienza

La coscienza non è mai una voce che ci ricorda una legge già fatta. Occorre riconoscere la coscienza come istanza fondamentale delle scelte, nella vita e di fronte alla morte. La coscienza dice a ciascuno di noi, uomo o donna, credente o non credente in Dio: “Diventa conforme a ciò che tu sei”.

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Risposta

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Non è questo il concetto di coscienza che ci è insegnato dal Concilio Vaticano II [7], il quale invece dice: «nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce che lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre, chiaramente dice alle orecchie del cuore: fa’ questo, fuggi quest’altro. L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro il suo cuore: obbedire ad essa è la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria».

In queste poche righe il Concilio ricorda tre volte la legge divina come quella legge che troviamo nella nostra coscienza, dalla quale legge siamo vincolati, alla quale dobbiamo obbedire, e in relazione alla quale dobbiamo e dovremo rispondere a Dio del nostro operato.

Di tutto ciò in Bianchi non una parola, anzi, tutto il contrario, perché emerge chiaramente che il punto di riferimento e la regola della coscienza per lui non è Dio, ma l’uomo stesso («diventa conforme a ciò che sei»). Egli parla da perfetto ateo.

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Bianchi a Spoleto

Enzo Bianchi ospite dell’Arcidiocesi di Norcia-Spoleto per delle manifestazioni culturali, durante un colloquio con S.E. Mons. Renato Boccardo.

La sedazione del dolore

La cura globale della persona contribuisce a “une morte apaisée”, a un “morire meglio che si può”. Occorre praticare la sedazione profonda e continua, fino alla morte; occorre, infatti, evitare ogni sofferenza. Le cure palliative sono un dovere assoluto, perché il morire fa parte della vita e va addolcito per rendere la morte più mansueta e accettabile.

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Risposta

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La cura deve far vivere il più possibile, non deve mai far morire. Deve accompagnare il paziente fino alla morte, lenire il dolore il più possibile. Ma non possediamo farmaci che riescano a togliere totalmente ogni forma di dolore, senza compromettere o sopprimere la vita del paziente. D’altra parte, un prodotto che tolga il dolore uccidendo il malato, non è un farmaco, né un sedativo, ma un veleno, anche se usato col pretesto della sedazione del dolore. Il dolore certo è un male, ma è male peggiore sopprimere la vita. Non si può sopprimere un male (il dolore) provocando un male maggiore (l’uccisione del malato).

D’altra parte, occorre evitare l’accanimento terapeutico, consistente nel mantenere in vita il paziente con mezzi tecnici, in modo tale che le funzioni vitali non emergano più dalle risorse proprie del soggetto, ma sono indotte meccanicamente dal di fuori, così come si causa il moto di una macchina. Il paziente dunque è praticamente morto.

I suoi movimenti dipendono esclusivamente dall’azione o alimentazione meccanica proveniente dal di fuori, sicché, sospendendo questa azione, cessano i movimenti del soggetto, non però nel senso che la sua vita si spenga, ma in quanto il soggetto dimostra di essere già morto e che in precedenza aveva solo una vita apparente, come quella di un robot, che sembra essere un vivente e invece è una macchina.

La sospensione dell’alimentazione o stimolazione, però è giustificata solo quando si è accertato che l’organismo del paziente ha perduto tutte le energie proprie, il che soltanto sarebbe il segno che non è più in vita, e quindi autorizzerebbe la sospensione della cura, che a questo punto non avrebbe più senso. Da queste considerazioni si comprende l’errore dei medici di Eluana Englaro, i quali hanno sospeso l’alimentazione ad un organismo ancora capace di alimentarsi e quindi praticamente l’hanno uccisa.

Il retroterra ideologico di un intervento del genere non è stata la volontà di non far soffrire la povera Eluana, perché ella non soffriva, ma è stata una concezione materialistica della vita, per la quale un soggetto umano impedito o incapace di intendere e di volere non è “persona” e quindi non merita di esser lasciato  vivere.

Si capisce allora a quali terribili conseguenze si potrebbe giungere, se questo orrendo principio fosse applicato, oltre agli embrioni ed ai feti, come già si fa su larga scala, anche ad altre vaste categorie di persone, come per esempio i neonati, i bambini, le persone in coma, gli anziani e i dementi o a coloro che, in base a criteri sbagliati, sarebbero giudicati dementii o non sono considerati esseri umani. Alla faccia della misericordia.

Indubbiamente esistono situazioni, nelle quali il malato non riesce più a sopportare il dolore, per cui preferirebbe morire, piuttosto che andare avanti con tanta sofferenza. E d’altra parte, capita che un familiare che lo assiste impotente, straziato alla vista di tanto dolore della persona amata, e mosso in certo modo da compassione, preferirebbe vederlo morto piuttosto che vederlo tanto soffrire.

Eppure, la persona ragionevole, anche non credente, sa che non è lecito procurarsi o procurare la morte per far cessare o evitare il dolore, per quanto grande, Occorre tuttavia comprendere, scusare e aver compassione di quegli sventurati, i quali, sopraffatti dal dolore e dall’ angoscia, vittime magari di stati depressivi, senza vedere un futuro che non  sia il peggioramento della situazione, perdono la testa e si uccidono, soprattutto se privi di una formazione cristiana, che avrebbe potuto aiutarli a rassegnarsi, a sopportare la sventura e a sperare nell’aiuto divino.

La tentazione al suicidio per l’intensità della sofferenza può avvenire anche nei santi, come capitò a Santa Teresa di Gesù Bambino, la quale, negli ultimi tempi della sua malattia, chiese che le fosse allontanato dal comodino un certo farmaco, per non essere indotta in tentazione. Ma Dio, fiduciosamente invocato, non manca di dare la forza della sopportazione, come è dimostrato da un’infinità di esempi di pie persone che si sono affidate a Lui.

Il medico ― anche se la legge civile glielo dovesse consentire ― non deve accontentare in coscienza il paziente che chiede l’eutanasia, la cosiddetta “sedazione profonda”, espressione ipocrita per nascondere il delitto, così come non può accontentarlo se gli chiede un veleno e deve fare come l’infermiere o il vigile del fuoco, che interviene a trattenere il tale che sta per gettarsi giù dal tetto di una casa.

Al sofferente, il medico, in mancanza di altre persone, deve saper dire, se ne è capace, una buona parola di conforto o di speranza, non necessariamente basata sulla fede cristiana, ma semplicemente di carattere umanitario, se il malato non è un delirante o un ateo bestemmiatore ed in preda al furore contro Dio o contro il destino, nel qual caso non c’è che da pregare, senza per questo accontentarlo nelle sue insane voglie, benché in qualche modo comprensibili.

La buona morte non è l’eutanasia, ma il morire nella pace della coscienza, nonostante la sofferenza, serenamente sopportata in pieno abbandono nelle mani di Dio, unendoci al sacrificio di Cristo, perdonando chi ci ha offeso, nella fiducia che Dio terrà conto delle nostre buone opere, perdonerà i nostri peccati e vorrà accoglierci in paradiso.

Si comprende, tra l’altro, quanto queste idee di Bianchi sulla “sedazione profonda” e soprattutto i suoi presupposti ideologici disumani ed anticristiani possano favorire la pratica del suicidio, senza aspettare di andare in ospedale a farsi fare l’eutanasia, come del resto già sta avvenendo, per esempio in persone impressionabili o non in grado di curarsi, che hanno appreso di essere malate di cancro.

Indubbiamente, occorre che l’assistente del malato o il medico sappia saggiamente trovare ed adattare le parole alla situazione psicologica del malato, per non provocare reazioni controproducenti. Se il malato è credente, non alla Bianchi, ma secondo il Vangelo, accoglierà volentieri il richiamo all’amabilità della Croce.

Ma se non dovesse essere credente, occorrerà fare attenzione a non scandalizzarlo, perché l’amore cristiano per la sofferenza potrebbe essere scambiato per masochismo. Sbaglia invece Bianchi a considerare “dolorismo” la concezione redentiva cristiana della sofferenza. Semmai dolorismo da respingere è quello di Bruno Forte e di Karl Rahner, che ammettono la sofferenza nella natura divina.

A questo proposito, ci rendiamo conto di quanto preziosa ed utile sia, laddove è possibile o concessa, la vicinanza al capezzale del malato, soprattutto se credente, di pie persone o del sacerdote ben preparato. La seduzione che sta esercitando su molti oggi la prospettiva dell’eutanasia è inversamente proporzionale al calo della pastorale sacerdotale, la quale dovrebbe essere uno dei compiti principali del ministero sacerdotale, soprattutto del parroco, e, più in radice, questa situazione risente del calo della visione cristiana della vita, sotto l’influsso di una concezione mondana e secolaristica, dimentica del fine ultraterreno della vita presente, nonché della necessità e del dovere di orientare ad essa tutta la vita terrena.

Questa conferenza di Enzo Bianchi, personaggio di grande successo da anni nel mondo cattolico, ci dà la misura dello squallore, dello sfacelo e della impressionante decadenza del pensiero cattolico su di una tematica così importante come quella del dolore, del male e della morte, con l’esser sceso ad un livello di tale bassezza, dove di cristiano non resta nulla, se non un vago filantropismo, che non si distingue per nulla dalla visuale massonica o illuministica. Siamo davanti a un cristianesimo corrotto e moribondo, per il quale verrebbe proprio voglia di praticare l’eutanasia, per liberare le anime da questo cibo marcio e velenoso ed aprirle al rispetto della dignità umana.

Se un domani dovessi trovarmi all’ospedale in fin di vita, mi guarderei bene dal chiamare presso il mio capezzale un prete sul modello del “monaco” Enzo Bianchi e potendolo fare, mi rivolgerei a un vero sacerdote, che rimettesse i miei peccati, mi confortasse con i Sacramenti e la Parola di Dio, così da aprirmi la via alla vita eterna.

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Varazze, 19 giugno 2016

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NOTE

[1] Cf C.Journet, J.Maritain, Philippe de la Trinité, Le péché de l’ange. Peccabilité, natre et surnture, Beauchesne, Paris 1961.

[2] Vedi anche l’enciclica di Pio XII Humani Generis del 1950.

[3] G.Cavalcoli, Il mistero della Redenzione, ESD Bologna 2004; C.V.Héris, Il mistero di Cristo, Morcelliana, Brescia 1938; E.Hugon, Le mystère de l’Incarnation, Téqui, Paris 1940.

[4] Cf C.Journet, Il male, Borla,Torino 1963; J.Maritain, Dieu et la permission du mal, Desclée de Brouwer, Paris 1963.

[5] Cf il mio libro L’inferno esiste. La verità negata, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2010.

[6] Satisfecit pro nobis, come dice il Concilio di Trento, Denz.1529.

[7]Gaudium et spes, n.16.

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Nota a scanso di equivoci

Autore Redazione dell'Isola di Patmos

Autore
Redazione
dell’Isola di Patmos

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Alcuni anni fa, un consulente legale, diffidò il Dott. Paolo Deotto, direttore della rivista telematica Riscossa Cristiana dal fare uso delle immagini del Dott. Enzo Bianchi. All’epoca, prima che questa rivista prendesse svolte lefebvriane, sulle sue colonne pubblicavano articoli anche i due attuali Padri dell’Isola di Patmos. A quella diffida, Ariel S. Levi di Gualdo reagì con un articolo nel quale spiegava che da allora a seguire, per parlare di Enzo Bianchi, avrebbe usato le immagini della bellissima attrice italiana Monica Bellucci [cf. QUI]. Visto questo precedente, la redazione dell’Isola di Patmos precisa che le foto inserite in questo articolo sono immagini pubbliche reperibili da chiunque su riviste on-line e sui motori di ricerca e che non costituiscono violazione alcuna della legge sulla privacy. Ricordiamo pure che le accuse rivolte dai Padri dell’Isola di Patmos ad Enzo Bianchi, quali ad esempio “cattivo maestro“, “falso profeta“, “eretico” etc.. rientrano tutte nel lessico teologico. Pertanto, un qualsiasi magistrato della Repubblica Italiana si troverebbe non in serie difficoltà, bensì proprio impossibilitato a stabilire con un giudizio e una sentenza cosa è eterodosso e cosa invece è eretico. Se infatti certi consulenti bosiani non conoscono il diritto, come in passato hanno già dimostrato, nell‘Isola di Patmos il diritto è invece conosciuto, rispettato e praticato. Pertanto, il falso profeta e cattivo maestro Enzo Bianchi, si prenda teologicamente dell’eretico ed eviti di far recapitare anche a noi missive da parte di giuristi maldestri.

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La filosofa Ipazia, gatta romana e socialista, entra nella questione “Enzo Bianchi ed i falsi profeti”, con un rimprovero a Nunzio Galantino

LA FILOSOFA IPAZIA, GATTA ROMANA E SOCIALISTA, ENTRA NELLA QUESTIONE «ENZO BIANCHI ED I FALSI PROFETI » CON UN RIMPROVERO A NUNZIO GALANTINO

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[…] la mia attenzione è caduta su una foto e sul relativo testo di S.E. Mons. Nunzio Galantino, il Segretario generale della C.E.I, che essendo avvezzo a frequentare anche istituzioni e relative persone sbagliate, si rivolgeva al sedicente Priore di Bose chiamandolo in pubblico: «Reverendo Priore».

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lega

             Autore                 Ipazia gatta romana

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Cari Lettori.

ipazia 1

Ipazia gatta romana, durante il suo lavoro redazionale all’Isola di Patmos

Assieme alle compagne gatte della Lega Socialista mi rammarico per la nuova espressione scorretta del Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, S.E. Mons. Nunzio Galantino. Come infatti i Lettori sanno, io collaboro alla redazione dell‘Isola di Patmos con un ruolo di rilievo. Per esempio: salgo sulle scrivanie dove sono sistemati i computer di lavoro del Padre Ariel e di Jorge; quando il lavoro va’ per le lunghe ricordo che a una certa ora bisogna mangiare e via dicendo … insomma, svolgo la mia mansione redazionale. 

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Enzo Bianchi e Nunzio Galantino

il «Reverendo Priore» secondo S.E. Mons. Nunzio Galantino [in foto a sinistra].

Mentre i due di cui sopra montavano l’ultimo articolo di Giovanni Cavalcoli OP, che dinanzi alle ultime eresie del Bianchi pareva un toro da corrida dentro l’arena [cf. QUI], la mia attenzione è caduta su foto e relativo testo di S.E. Mons. Nunzio Galantino, che essendo avvezzo a frequentare anche istituzioni e relative persone sbagliate, s’è rivolto al Priore di Bose chiamandolo: «Reverendo Priore» [vedere testo QUI].

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Dovete sapere, Cari Lettori, che a causa di queste persone sono caduta in crisi di fede; e sebbene abbia ricevuta una formazione tomista e metafisica molto solida, al momento frequento l’Internazionale delle Gatte Socialiste. Padre Ariel non m’ha rimproverata, anzi sostiene che le crisi sono spesso salutari proprio per riportarci ad una fede più profonda e solida, per questo mi lascia fare. E lui di crisi se ne intende, visto che uscì a suo tempo da una crisi di fede per poi entrare anni dopo nel Sacro ordine sacerdotale.

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cirillo e metodio

i Santi Padri della Chiesa Cirillo e Metodio

Ciò detto voi capite, però, che questa del «Reverendo Priore» non l’ho digerita. Per questo – non perché condizionata da affetto ma per spirito di aequitas – esigo che il Segretario generale della C.E.I, qualora dovesse rivolgersi ai due Padri dell’Isola di Patmos, usi verso di essi il titolo riservato ai Patriarchi Maggiori: «Beatitudine». Se infatti in un pubblico contesto ufficiale S.E. Mons. Nunzio Galantino chiama «Reverendo Priore» un tale che mai ha professato i voti religiosi, che mai ha ricevuto i Sacri ordini e che è sottoposto solo all’obbedienza di se stesso, viepiù in un esotico monastero multi-religioso e multi-confessionale … capite che per senso delle ecclesiali ed ecclesiastiche proporzioni, a Padre Giovanni Cavalcoli ed a Padre Ariel S. Levi di Gualdo, egli deve rivolgersi col titolo di «Beatitudine», perché a confronto del sedicente priore bosiano, costoro vanno considerati due Padri della Chiesa, ma di un livello equiparabile a quello dei Santi Cirillo e Metodio.

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Vi invito ad ascoltare la canzone «Sebben che siamo gatte», eseguito da me e da tutte le mie compagne della Lega Socialista Felina.

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Il Santo Padre Francesco rettificato con una pezza cucita su un vestito vecchio

IL SANTO PADRE FRANCESCO RETTIFICATO CON UNA PEZZA CUCITA SU UN VESTITO VECCHIO

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«Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore» [Mc 2, 18-22]

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Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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PDF articolo formato stampa

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papa e lombardi

il Sommo Pontefice Francesco con il direttore della Sala Stampa Vaticana Federico Lombardi, S.J.

Mi è stata posta una domanda a proposito della conversazione del Papa al Convegno della Diocesi di Roma. Dopo la Terza domanda, il Papa, nella risposta data «a braccio» sulla «cultura del provvisorio», ha detto oralmente: «per questo una grande maggioranza dei nostri matrimoni sacramentali sono nulli» (così appare dalla registrazione), mentre il testo pubblicato dalla Sala Stampa oggi riporta: «una parte dei nostri matrimoni sacramentali sono nulli». Perché questo cambiamento? È una manipolazione del pensiero del Papa? La risposta è che, quando il Papa parla «a braccio» spontaneamente, il testo trascritto è sempre oggetto di una revisione da parte di chi è responsabile per la cura dei testi del Papa, per rivederne la lingua o eventuali inesattezze o punti particolari che sia giusto precisare. Quando si toccano argomenti di un certo rilievo il testo rivisto viene sempre sottomesso al Papa stesso. Questo è ciò che è avvenuto in questo caso, quindi il testo pubblicato è stato approvato espressamente dal Papa [il testo è disponibile QUI].

 
Federico Lombardi, S.J.

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Ho letto con interesse il comunicato nel quale adempiendo al suo ruolo di portavoce ufficiale e di direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Padre Federico Lombardi S.J. precisa che la Santità di Nostro Signore il Sommo Pontefice Francesco, «parlando a braccio ha detto oralmente» una frase poi ritoccata nel testo scritto. Per giustificare il ritocco di una frase destinata a creare sconcerto in giro per il mondo [cf. QUI, QUI, QUI, QUI, etc..], egli precisa sul finire del comunicato che «il testo pubblicato» – ossia quello corretto − «è stato approvato espressamente dal Papa».

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Vorrei capire meglio: ciò vuol forse dire che io, in una meditazione fatta a braccio durante la predicazione degli esercizi spirituali al clero, possa esprimere una inesattezza sulla processione delle Persone Divine, ritoccando poi il testo successivamente in sede editoriale, quando quella meditazione dovrà essere pubblicata in un libro, il tutto con mia previa approvazione postuma?

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papa e vallini 2

il Vescovo di Roma (in bianco a destra) con il suo Vicario Generale diocesano (in nero e rosso a sinistra) 

Ebbene mi domando: è forse accaduto che in hoc Anno Domini 2016, i Gesuiti, si sono mutati d’improvviso nelle sante vergini e martiri Agata, Lucia, Agnese, Cecilia, Anastasia … o forse suppongono che nessuno, inclusi presbìteri e teologi, conosca più il Vangelo, sempre più sostituito con surrogati emotivi di matrice nazional-popolare? E dico questo perché sul Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo, il Verbo di Dio fatto uomo si esprime in questi termini:   

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«Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore» [Mc 2, 18-22].

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La pezza postuma cucita rende peggiore lo strappo, perché l’Augusto Pontefice seguita imperterrito a esprimersi a braccio mostrando una tantum imbarazzanti limitatezze, che non sono solo mancanza di proprietà di linguaggio, spesso risultano infatti in gioco le sue carenti conoscenze dottrinarie, storico-ecclesiali e pastorali, ed il tutto potrebbe essere letto anche come carenza di prudenza.

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Papa e Vallini 3

il Vescovo di Roma (in bianco a sinistra) ed il suo Vicario Generale diocesano (in nero e rosso a destra)

Un Romano Pontefice non parla per luoghi comuni e non da sfogo pubblico alla propria emotività. Ciò per il semplice fatto che egli non è più Simone, ma Pietro, la roccia sulla quale Cristo ha edificato la sua Chiesa [cf. Mt 13, 16-20]. Pietro è colui che «una volta ravveduto» è chiamato ad una precisa missione a lui affidata da Cristo Dio: «Conferma i tuoi fratelli».

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«Simone, Simone, ecco Satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli». E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte». Gli rispose: «Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi» [cf. Lc 22, 31-34].

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Siccome l’invito a confermare i fratelli è preceduto dal monito «una volta ravveduto», ma soprattutto seguito dalla profetica anticipazione «Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi», sinceramente mi domando: Jorge Mario Bergoglio, ha veramente cessato di essere Simone, ed una volta «ravveduto» e divenuto Pietro, ha dato avvio alla propria missione cristologica, che è quella di confermare i fratelli nella fede, non certo indurli a quella confusione derivante da espressioni ambigue e inesatte? Perché sia sul piano della esegesi, sia sul piano teologico, a questa frase bisogna prestare molta attenzione, dato che all’inizio di essa si parla di «ravvedimento» ed alla fine di «tradimento», al centro del discorso si esorta «conferma i fratelli», ma questa frase centrale rimane appunto nel mezzo, tra il «ravvedimento» ed il «tradimento». O qualcuno intende forse manipolarla per far dire al Verbo di Dio ciò che esso non ha di fatto detto, estrapolando unicamente «conferma i fratelli»?

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Papa e Vallini 4

il Vescovo di Roma (in bianco a destra) ed il suo Vicario Generale diocesano (in nero e rosso a sinistra)

La Santa Sede, oltre che dei Vigili del Fuoco, di cui Federico Lombardi S.J. è divenuto ormai comandante, dispone di dicasteri, pontifici consigli e segretariati; di filosofi, teologi, canonisti, storici, ecclesiologi e specialisti nei vari settori. E tutti questi servitori di Pietro e della Sede Apostolica hanno sempre lavorato ai testi e sui testi dei Sommi Pontefici, o perlomeno di tutti quei Sommi Predecessori del Regnante Pontefice che avevano l’umiltà di farsi aiutare, cosa questa che li ha resi, oltre che amati e venerati, anche santi e modelli di eroiche virtù per l’intera Chiesa universale. O qualcuno ricorda forse una clamorosa gaffe di San Giovanni XXIII, del Beato Paolo VI, del Servo di Dio Giovanni Paolo I o di San Giovanni Paolo II? Qualcuno volle additare come gaffe il celebre discorso del Sommo Pontefice Benedetto XVI a Ratisbona, ma oggi, a distanza di anni, quel discorso è risultato una lucida profezia [cf. QUI].

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Se il Santo Padre, la cui autorità è fuori d’ogni cattolica discussione, pensa di seguitare a questo modo, oltre al progressivo svuotamento delle chiese corre il rischio di finire fischiato in pubblico dai cattolici, che saranno poi criticati e redarguiti dagli ultra-laicisti, dai comunisti radical-chic e dai massoni che da alcuni anni inneggiano alle meraviglie di questo pontificato, con la civettuola teologa femminista catto-luterana Marinella Perroni e con Alberto Melloni, incontrastato leader della Scuola di Bologna, ospiti d’onore presso il Grande Oriente d’Italia [cf. QUI, QUIQUI pag. 6], ed il tutto, va’ da sé, a somma ingiuria del mondo cattolico, del quale, questi due empi, si sono presentati in Loggia come esponenti teologici e storici di alto lignaggio.

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Papa e Vallini 5

il Vescovo di Roma (in bianco a sinistra) ed il suo Vicario Generale diocesano (in nero e rosso a destra)

Roma è sopravvissuta ai singoli Pontefici per il semplice fatto che Roma è la Chiesa, che Roma è Pietro. Urge quindi spiegare al Santo Padre che le piazze romane non si gestiscono con le furberie argentine e con quei colpi a effetto forse suggeriti da quel maldestro esperto in comunicazioni di Antonio Spadaro S.J. Le piazze di Roma hanno portato i propri Pontefici in trionfo, all’occorrenza i romani si sono fatti trucidare per consentire la sicura fuga del loro Pontefice in un momento di sommossa o durante l’invasione di un esercito straniero. Le piazze gremite di Roma hanno gridato veramente e sinceramente «viva il Papa», ma … attenzione: le piazze di Roma si sono anche inferocite verso taluni Pontefici, diversi cadaveri dei quali sono finiti gettati nel Tevere, non sepolti nelle grotte vaticane avvolti dalla devozione dei Christi fideles.

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Roma e la romanità, che da venti secoli è segno della universalità cattolica, va capita e conosciuta, ma anche amata e rispettata, altrimenti si corrono grossi rischi, specie da parte di un Sommo Pontefice applaudito sempre di più da tutto ciò che non è cattolico e che da sempre è storicamente e socialmente avverso al nostro mondo cattolico.

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Benedetto e Vallini

… cambia la musica, cambia direttore d’orchestra, ma … i suonatori sono sempre gli stessi.

In coscienza io mi sento di dire che l’epilogo di questo pontificato rischiano di essere i fischi in piazza. E quando ciò avverrà, come già ho scritto [cf. QUI], a difendere il Santo Padre Francesco ci saremo noi figli devoti, quelli che lui si è dilettato a prendere più volte a sberle per compiacere il mondo degli ultra-laicisti plaudenti e dei modernisti ruffiani che hanno ormai invaso i sacri palazzi. E costoro, che dopo averlo compiaciuto si sono accaparrati «l’uovo, la gallina e il culo caldo», quando la piazza strillerà contro il Santo Padre Francesco, loro saranno al sicuro e al riparo altrove, facendo in tal modo risuonare la terrificante frase del Vangelo: «Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono» [cf. Mt 26,56]. E quando al termine della tempesta torneranno, occupando semmai posti ancor più prestigiosi di quelli che erano riusciti ad accaparrarsi, da sopra il carro del nuovo condottiero diranno che in fondo, loro, il Santo Padre Francesco non lo hanno poi così approvato; e se lo hanno approvato è stato solo perché dovevano farlo per l’ossequio dovuto al Sommo Pontefice, per il dovere legato al loro alto ufficio ecclesiastico.

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È una profezia amara che affido ai lettori dell’Isola di Patmos, vedremo poi se il tempo, come più volte accaduto in vari altri frangenti passati, mi darà ragione, posto che io spero e prego di avere torto, augurandomi di non vedere mai il mio Sommo Pontefice preso a fischi dai cattolici, ed al tempo stesso difeso da quell’ateo, anticlericale e comunista radical chic di Eugenio Scalfari, difeso dalle Logge Massoniche che oggi, per incomprensibile mistero, si sono scoperte più fedeli al Romano Pontefice della Guardia Svizzera; ma se ciò è accaduto, è solo perché si illudono di poter distruggere la Chiesa da dentro, ad esoterica gloria del Grande Architetto dell’Universo … 

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Pregate quindi con me affinché io abbia torto, totalmente torto; affinché domani, per queste mie parole scritte oggi, debba fare ammenda e chiederne pubblicamente perdono a capo chino e con la cenere in testa.

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Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

L’apostasia dalla fede

– Theologica –

L’APOSTASIA DALLA FEDE

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L’apostasia implica un cedimento o un crollo, come un pavimento che ceda sotto il peso della nostra persona; implica l’idea di una desistenza: l’uomo desiste dal portare avanti l’impegno a credere. L’apostasia è un tradimento, simile a quello col quale la sposa tradisce lo sposo o l’amico tradisce l’amico.

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Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

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Giovanni Cavalcoli foto ordine

Giovanni Cavalcoli, alle origini della attuale crisi di fede all’interno della Chiesa

Attualmente nella Chiesa si è diffusa una crisi di fede di gravità, intensità e ampiezza mai viste. Nessun ceto di fedeli è risparmiato, dal semplice popolo di Dio al collegio cardinalizio. Restano immuni il Sommo Pontefice, il Papa emerito Benedetto XVI e i loro più stretti e fedeli collaboratori sparsi nel mondo, come per esempio questa rivista telematica L’Isola di Patmos.

Questa crisi è la conseguenza di un cinquantennio di desistenza dell’autorità nei confronti del sorgere delle eresie, in particolare del neomodernismo. È come se una città popolosa come Roma restasse priva dei servizi di nettezza urbana per dieci anni: possiamo immaginare in che stato sarebbe ridotta quella città. Ebbene, Benedetto XVI, nella famosa Via Crucis del Venerdì Santo del 2005, denunciò appunto la «sporcizia» esistente nella Chiesa. Il deodorante modernista e la soda caustica dei lefebvriani non sono sufficienti, anche perché sono disorganizzati e in contrasto fra loro [segue testo intero …]

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Per leggere tutto l’articolo cliccare sotto:

16.06.2016   Giovanni Cavalcoli, OP  –  L’APOSTASIA DALLA FEDE

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Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

Il Papato crocifisso

– Lettere dei Lettori dell’Isola di Patmos

IL PAPATO CROCIFISSO

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«I loro cadaveri rimarranno esposti sulla piazza della grande città, che simbolicamente si chiama Sodoma ed Egitto, dove appunto il loro Signore fu crocifisso» [Ap 11,8].

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Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli, OP

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È a causa delle divisioni interne alla Chiesa Cattolica se si verificano questi eventi e si permette di non denunciare le eresie, se non da veraci padri come l’autore dell’articolo [Ndr. cf. QUI] L’importante è essere in fraterna pace. Adesso è più importante soccorrere materialmente l’umanità, nei suoi vizi e debolezze peccaminose; la misericordia in questo periodo è un fiume in piena, sta inondando gli argini e mi domando: «I condottieri della Chiesa Cattolica Apostolica Romana sono pronti ad agire sulle chiuse per contenere gli allagamenti»? All’Angelo della Chiesa di Laodicea Giovanni nell’Apocalisse scrisse: «Queste cose dice l’amen, il testimone fedele e verace, il principio delle cose create da Dio. Mi sono note le tue opere, come non sei né freddo, né caldo: oh fossi tu o freddo, o caldo: ma perché sei tiepido, e né freddo, né caldo, comincerò a vomitarti dalla mia bocca» [Ndr. cf. Ap 3, 14]. Nessuno parla, tutti sono impietriti, solamente sui blog si denuncia e si accendono le discussioni, le critiche. Esiste la Congregazione per la dottrina della fede? Su questi casi, perché non interviene e corregge gli errori perpetrati, smentendo e ribadendo l’assoluta verità? Per caso, usano il motto … «Chi sono io per giudicare?».

Cristo Regni! 

                                                                                                               (Giacomo N.)

 

«[…] vedemmo un Vescovo vestito di Bianco, abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santopapa visione apocalittica Padre. Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni»

[Suor Lucia di Fatima]

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pastorelli di fatima

immagine fotografica dei tre pastorelli di Fatima

Il commento di Giacomo mi dà spunto a rispondergli con un vero e proprio articolo. Il mio pensiero va alla rivelazione del terzo segreto di Fatima fatta dal Cardinale Tarcisio Bertone a nome del Santo Padre Benedetto XVI qualche anno fa. Abbiamo il quadro di un’umanità e di una Chiesa sofferenti ed agli estremi, e verrebbe quasi fatto di dire distrutte. Una delle opere di misericordia che troviamo nel Catechismo di San Pio X è: «Pregare per i vivi e per i defunti». Ed è quello che il Papa, nella visione, sta facendo. Egli insieme con i pastori della Chiesa, sale faticosamente in mezzo ai cadaveri su di un monte, dove c’è una grande croce. Il Papa si inginocchia e lì viene ucciso.

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Non si tratta evidentemente della visione illusoriamente ottimistica della Chiesa messa in giro dal Cardinale Carlo Maria Martini. Si tratta invece del quadro realistico che, dai tempi del Beato Pontefice Paolo VI, [il “fumo di Satana” penetrato nella Chiesa], ci hanno dato i Papi fino a Benedetto XVI, che ha parlato di «crisi generalizzata della fede». Il Papa attuale non ha questi toni allarmati e drammatici, per non creare ulteriore sconcerto e angoscia. Come una tenera madre, egli vuol mostrarsi sereno, confortante ed ottimista per non scoraggiarci. Ma egli sa ben meglio di noi cosa sta succedendo.

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drago apocalisse

raffigurazione del drago dell’Apocalisse del Beato Apostolo Giovanni

L’aspetto drammatico della situazione può essere meglio compreso raffrontandola alla visione del terzo segreto di Fatima, con Ap 11,1-13, dove si parla di «due testimoni» [simbolo dei pochi veri cattolici rimasti fedeli al Papa], i quali saranno martirizzati insieme col Papa da una folla enorme di apostati inferociti, ma che risorgeranno vittoriosi, giacché portae inferi non praevlebunt contro la Chiesa.

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Papa Francesco si sforza di cogliere gli aspetti positivi della modernità, condannando sì certo errori e peccati, ma praticando soprattutto la misericordia a tutto campo, persuadendo senza connivenze e correggendo l’errante con amore, perché convinto che questa povera umanità, più che malvagia, è disgraziata. Eccolo, allora, seguire l’esempio Cristo, a «non spezzare la canna fessa e non spegnere il lucignolo fumigante» [cf Mt 12,20]. Non si tratta tanto, per lui, di mandare in carcere, ma di mandare all’ospedale.

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san pietro distrutta

una immagine fantastica della Basilica di San Pietro in rovina e invasa da acque torrenziali …

Come a San Giovanni XXIII, nel suo famoso discorso di apertura del Concilio Vaticano II, dell’11 ottobre 1962, a questo Papa non piacciono le «suggestioni di certe persone, pur ardenti di zelo, ma non fornite di senso sovrabbondante di discrezione e di misura. Nei tempi moderni esse non vedono che prevaricazione e rovina». Anche a Papa Francesco «sembra di dover dissentire da cotesti profeti di sventura, che annunziano eventi sempre infausti, quasi che incombesse la fine del mondo». Ovviamente, Papa Francesco sa che dovrà giungere la fine del mondo, ma non ritiene che questo sia il momento. Piuttosto si tratta di portare a compimento l’opera riformatrice del Concilio.

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Senonché Papa Giovanni, che, come è noto, si attendeva una «nuova Pentecoste», non previde il fraintendimento di quelle sue parole. Infatti avvenne, sin dagli anni dell’immediato post-concilio, che il confronto con la modernità promosso dal Papa e dal Concilio, non fu inteso nel senso giusto, ossia come assunzione critica dei valori della modernità alla luce del Vangelo, ma come assolutizzazione idolatrica e acritica della modernità e scelta, nel Vangelo, interpretato alla maniera protestante,  soltanto di ciò che è compatibile con la modernità così intesa.

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apocalisse babilonia

raffigurazione di Babilonia secondo il racconto dell’Apocalisse del Beato Apostolo Giovanni

Nello stesso tempo, e con perversa coerenza logica, sempre per un fraintendimento delle parole del Papa, si rinunciò a contrastare e a ribadire gli errori della modernità, i quali invece, con inqualificabile dabbenaggine o raffinata astuzia, furono portati alle stelle come profezie dei tempi nuovi, come se la Chiesa del pre-concilio si fosse sbagliata a condannarli. Non ci voleva altro per una rinascita in grande stile del modernismo, cosa denunciata già nel 1966, purtroppo invano, dal Jacques Maritain, il quale parlò del modernismo attuale come «polmonite» a confronto del modernismo-raffreddore dei tempi di San Pio X.

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Ormai il modernismo è talmente penetrato nel campo della teologia e nella pubblicistica cattoliche, nelle diocesi, negli istituti religiosi, negli istituti accademici della Chiesa, nella gerarchia, nella Santa Sede e tra i collaboratori del Sommo Pontefice, che la Congregazione per la dottrina della Fede è adesso davanti ad un’alternativa drammatica, mai verificatasi prima in tutta la storia della Chiesa. Ha perso il controllo della situazione, come se dieci vigili urbani, da soli, dovessero regolare il traffico di Roma. Per qualche teologo di punta, la Congregazione per la dottrina della fede è un focolaio di reazionari, che converrebbe chiudere e sostituire con l’ecumenismo diretto dal Cardinale Walter Kasper, richiamato in servizio. 

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testa sotto la sabbIA

uno tra gli sports dei più praticati in questo ultimo mezzo secolo: lo sport dello struzzo …

Per non essere intervenuti a tempo, circa 50 anni fa, a causa di un imprudente temporeggiare, minimizzare e tergiversare, per un’eccessiva indulgenza, mancanza di vigilanza, di perspicacia e di coraggio, i vescovi hanno consentito al modernismo di invadere la Chiesa come una specie di metastasi. Nell’ormai nutrito numero di articoli racchiusi nei nostri due anni di vita nell’archivio dell’Isola di Patmos, il Padre Ariel ha firmato diversi scritti nei quali spiega e insiste sul principio del «tumore con le metastasi diffuse nel Corpo della Chiesa». Altrettanto io, in modo diverso ma con la stessa sostanza di fondo, ho scritto diversi articoli per spiegare questo problema. E ciò perché entrambi siamo consapevoli della presenza, degli effetti e soprattutto dei frutti di questo cancro.

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Adesso non ci sarebbero che due alternative: o procedere a norma di diritto canonico, ma allora bisognerebbe processare e censurare decine per non dire centinaia di persone tra prelati, docenti, teologi, religiosi e sacerdoti nel mondo; oppure rinunciare a intervenire confidando nella Divina Provvidenza.

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gramigna e grano

grano e gramigna …

Lasciamo che il grano e il loglio crescano assieme in attesa del Giorno del Giudizio, o di tempi migliori. «Il perverso continui pure ad essere perverso, l’impuro continui ad essere impuro e il giusto continui a praticare la giustizia e il santo si santifichi ancora» [Ap 22,11].

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La Congregazione per la dottrina della fede ha scelto questa seconda strada. Da qui la sua assenza di interventi da alcuni anni. Siccome la situazione è umanamente insolubile, non resta che confidare nell’aiuto del Signore e nell’intercessione della Madonna e dei Santi, soprattutto di San Tommaso d’Aquino.

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papa francesco solo

la solitudine è l’intima e drammatica realtà di ogni pontificato …

Non è un caso che questa nostra rivista telematica di teologia ecclesiale e aggiornamento pastorale sia stata chiamata L’Isola di Patmos, richiamando così il luogo dell’ultima rivelazione, dove l’Apostolo Giovanni, esiliato, scrisse l’Apocalisse. Persino nome e sottotitolo da noi scelto contengono già in sé una spiegazione, ma soprattutto un messaggio teologico ed escatologico di speranza; proprio quella speranza che noi cerchiamo di trasmettere e diffondere dinanzi ad una situazione apparentemente insolubile. 

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Aiutiamo il Santo Padre, non lasciamolo solo a portare la croce, evitiamo quelle critiche acerbe, presuntuose, ingiuste e farisaiche, che alla fine non producono niente, ma solo livore, sconcerto e disobbedienza e, dall’altra parte, evitiamo di strumentalizzare, con una falsa interpretazione adulatrice, le sue parole per i nostri interessi mondani e ricordiamoci piuttosto della «sorte che gli ipocriti si meritano» [Mt 24,51].

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Varazze, 9 giugno 2016

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Buon Ramadan nel ricordo delle Sorelle dei Poveri della Beata Teresa di Calcutta barbaramente assassinate dagli islamisti

BUON RAMADAN NEL RICORDO DELLE SORELLE DEI POVERI DELLA BEATA TERESA DI CALCUTTA BARBARAMENTE ASSASSINATE DAGLI ISLAMISTI

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Con un messaggio del Vescovo Ambrogio Spreafico, responsabile per l’ecumenismo e per il dialogo inter-religioso della Conferenza Episcopale Italiana, sono stati rivolti a circa un milione e settecentomila musulmani residenti in Italia i più devoti auguri per un felice Ramadan ricco di frutti spirituali [cf. QUI].

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Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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Suore di madre teresa assassinate

immagini di questo genere non devono turbare, perché esiste la grande aspirina europea dell’Islam moderato

A titolo puramente personale, vorrei informare i Lettori dell’Isola di Patmos che domani celebrerò una Santa Messa di suffragio per le anime sicuramente già sante di quattro martiri: le Piccole Sorelle dei Poveri della Beata Teresa di Calcutta, barbaramente assassinate nello Yemen il 4 marzo 2016 da un gruppo di islamisti [1], assieme a loro sono stati uccisi collaboratori volontari e anziani da loro assistiti [cf. QUI].

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I nostri buoni Vescovi, Ambrogio Spreafico in testa, responsabile per l’ecumenismo e il dialogo inter-religioso della Conferenza Episcopale Italiana, gli auguri non li rivolgono di certo agli islamisti integralisti, ma al magico e onirico Islam moderato, o com’ebbi a scrivere in un articolo al quale rimando: i nostri Vescovi si appellano alla grande aspirina dell’Islam moderato [cf QUI], mentre i loro fratelli episcopi che vivono in quelle regioni, indirizzano inutilmente a tutti loro – come l’Arcivescovo Metropolita di Mosul, S.E. Mons. Amel Nona – parole di questo genere:

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Amel Nona

l’Arcivescovo Metropolita di Mosul, S.E. Mons. Amel Nona, all’interno di una delle numerose chiese cattolico caldee distrutte dagli islamisti fondamentalisti

«Ho perso la mia diocesi. Il luogo fisico del mio apostolato è stato occupato dai radicali islamici che ci vogliono convertiti o morti […] voi pensate che gli uomini sono tutti uguali, ma non è vero. L’Islam non dice che gli uomini sono tutti uguali. I vostri valori non sono i loro valori. Se non lo capite in tempo, diventerete vittime del nemico che avete accolto in casa vostra» [cf. QUI].

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Mentre con eleganza provocatoria, Sua Beatitudine il Patriarca di Antiochia dei Maroniti, Cardinale Béchara Pierre Raï, domandava:

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Patriarca Rai

Sua Beatitudine il Patriarca Béchara Pierre Raï

«Che dicono gli “islamici moderati ” che vivono in Occidente di ciò che accade ai nostri cristiani di Mosul?»  [cf. QUI]

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L’Islam moderato è una figura d’Islam che non esiste, inventata dagli europei per esorcizzare le loro paure, negare la realtà della progressiva islamizzazione della vecchia Europa e fuggire il palese dato di fatto: L’Islam è una cultura strutturalmente intrisa di violenza aggressiva, codificata nei suoi testi “sacri” e suggellata in molti Paesi arabi attraverso la totale mancanza di separazione tra potere politico e potere religioso. Pertanto, “l’islamico moderato“, è equiparabile a un qualsiasi soggetto che si proclamasse “cattolico non credente” o “cattolico ateo“, che equivale a dire cesserebbe seduta stante di essere cattolico, proprio come “l’islamico moderato“, che in quanto tale cesserebbe seduta stante di essere mussulmano.

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[1] Con il termine Islamismo si intendono un insieme di ideologie, ivi incluse ideologie violente, le quali ritengono che l’Islam debba guidare la vita sociale e politica così come la vita personale di tutti i consociati. Si tratta di una concezione essenzialmente politica dell’Islam, teocratica, che all’occorrenza legittima anche la persecuzione delle altrui credenze religiose, la uccisione degli “infedeli” e la conversione forzata.

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Lectio magistralis del Sommo Pontefice Benedetto XVI a Regensburg

[testo in italiano, QUI]

 

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In memoria delle Sorelle dei Poveri assassinate

 

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