Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

nota sulla infallibilità pontificia

NOTA SULL’INFALLIBILITÀ PONTIFICIA

Una ulteriore precisazione del teologo Giovanni Cavalcoli circa la infallibilità del Sommo Pontefice in riferimento al suo precedente articolo [QUI] e ad un recente articolo pubblicato su Chiesa&Postconcilio [QUI] nel quale è citato un interessante e saggio scritto del compianto e valoroso padre passionista Enrico Zoffoli.

Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

La Signora Maria Guarini ha pubblicato nel suo sito Chiesa&Postconcilio un interessante e saggio scritto del compianto e valoroso Padre Enrico Zoffoli, vero combattente della fede, che a suo tempo denunciò “le eresie del Cammino Neocatecumenale” [vedere QUI] fondato nel 1972 a Madrid da Kiko Arguello e Carmen Hernandez.

Vorrei fare però una precisazione dettata da un mio fondato timore che un’asserzione di questo venerato padre passionista possa essere fraintesa, ed è questa: «Il Papa è infallibile solo alle condizioni a tutti note».

Chiariamo innanzitutto che cosa significa “infallibile in fatto di dottrina. Vuol dire “non poter essere falso“. Ebbene, dire che il Papa è infallibile, vuol dire che dice il vero senza poter sbagliare. A tal riguardo, probabilmente il Padre Enrico Zoffoli si rifà al dogma dell’infallibilità pontificia definito dal Concilio Vaticano I [Denz. 3074], nel quale si stabiliscono appunto le condizioni di tale infallibilità.

C’è da notare però qui il rischio di un fraintendimento. Il Concilio pone certe condizioni dell’infallibilità, ossia quando il Papa dichiara che una data proposizione è contenuta nella divina Rivelazione: la cosiddetta “definizione dogmatica”, che costituisce una proposizione di fede definita come tale, da credersi con fede divina. Ma il Concilio non dice che il Papa è infallibile solo a quelle condizioni, perché esistono altre condizioni, più comuni e meno solenni, ancor più basilari, necessarie e sufficienti per l’infallibilità. Esse non sono indicate dal Concilio, ma le troviamo in altri luoghi del Magistero e nella Tradizione.

Le condizioni stabilite dal Vaticano I rappresentano l’autorevolezza suprema del Magistero della Chiesa; esse danno la massima certezza che una proposizione è di fede; ma queste condizioni si verificano molto raramente e in circostanze del tutto eccezionali.

Esistono pertanto anche gradi inferiori di infallibilità, più comuni, semplici ed ordinari, nei quali il Papa insegna una dottrina definitiva ed immutabile, assolutamente vera, anche se non con formule di tipo definitorio come nelle definizioni dogmatiche. Si tratta quindi, anche qui, di una dottrina che non può mai essere falsa, e quindi è infallibile. Infatti l’infallibilità di una dottrina non dipende dall’accento, dal modo o la forma espressiva coi quali è insegnata, ma dal valore o peso del contenuto.

Il modo riguarda solo la certezza non la verità di una dottrina. Che sia il Ministero dei Trasporti o il vigile urbano a dirmi che nel centro storico della città è proibito il traffico delle auto, non tocca la verità del contenuto, ma la sua autorevolezza. Così nelle dottrine della fede e della morale. Quando il Papa le insegna, che lo faccia in modo semplice o solenne, pastorale o dogmatico, definitorio o non definitorio, nuovo o tradizionale, l’essenziale è che comunque sia dottrina di fede o quanto meno connessa con la fede.

Nel caso delle dottrine nuove del Concilio Vaticano II, questa questione si presenta, per esempio, nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium, dove si danno delle definizioni di Chiesa, carismi, di gerarchia, di fedeli, di laici, di religiosi, ecc.. Anche in tal caso si danno dottrine infallibili, ossia assolutamente vere, anche se non sono state definite solennemente nelle condizioni prescritte dal Vaticano I.

In realtà oggi pare che le condizioni dell’infallibilità non siano proprio “a tutti note”, come dice ottimitisticamente il Padre Enrico Zoffoli. Proprio per questo San Giovanni Paolo II nel 1998 ha pubblicato la Lettera Apostolica Ad tuendam fidem, corredata da un’appendice della Congregazione per la dottrina della fede [vedere QUI], la quale espone tre gradi dell’infallibilità, dei quali solo il primo corrisponde a quello stabilito dal Vaticano I.

Non è pertanto onesto il metodo seguìto da alcuni di prendere come infallibili solo le dottrine di primo grado per avere il pretesto di considerare fallibili o addirittura false le dottrine del Vaticano II per il fatto che non sono espresse nel modo definitorio dei primo grado. Questo non vuol dire assolutamente che tutti gli insegnamenti del Concilio siano infallibili, ma lo sono solo quelli dottrinali. Ed è falso, come sostengono alcuni, che il Concilio sia stato solo pastorale e non anche dottrinale. Infatti, trattando con i lefebvriani, Benedetto XVI disse che alcuni insegnamenti del Concilio sono discutibili, facendo espresso riferimento solo a quelli per l’appunto pastorali. Viceversa però, sempre rivolgendosi ai lefebvriani, disse loro che, se volevano essere in piena comunione con la Chiesa, dovevano accettare le dottrine del Concilio: evidente riferimento alla loro infallibilità, che invece è negata dai lefebvriani.

Così pure negli insegnamenti dei Pontefici bisogna distinguere tra quelli dogmatico-dottrinli e quelli pastorali-disciplinari. Il Papa è infallibile solo nei primi, non nei secondi. Esempio lampante di questo è la drammatica vicenda dei rapporti di Alessandro VI col Savonarola, circa i quali abbiamo appena pubblicato di recente un articolo. Il Papa trattò ingiustamente il Savonarola, ma come Papa, maestro della fede e pastore della Chiesa, compì sempre il suo dovere.

Varazze, 28 marzo 2015

______________________________________________

Questo scritto è una ulteriore nota esplicativa a questo mio precedente articolo, vedere QUI

Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

Savonarola, il Borgia, Lutero e … “La Banda del Buco”

SAVONAROLA, IL BORGIA, LUTERO E … LA BANDA DEL BUCO

Puntuale come la morte sul Calvario dopo che il Signore è stato martoriato lungo la Via Dolorosa, giunge il nuovo articolo anti-bergogliano da parte della Banda del Buco che per invitare alla disobbedienza verso la “Chiesa apostatica” e il “Papa eretico” usa questa volta Padre Enrico Zoffoli [vedere articolo QUI] come in precedenza era stato tentato l’abuso della figura di Padre Divo Barsotti, al quale ha replicato uno dei padri dell’Isola di Patmos [QUI]. Siccome l’audace “teologa” di suddetta Banda seguita a seminare falsi storici basati perlopiù su maldestre estrapolazioni, la Redazione è lieta di pubblicare un articolo d’archivio del Padre Giovanni Cavalcoli nel quale il nostro insigne teologo domenicano parla proprio di due delle figure abusate attraverso questa ennesima citazione di un’opera usata in modo fuorviante: Girolamo Savonarola e Alessandro VI. 

 

Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

 

 

banda del buco

celebre film della omonima Banda del Buco [vedere QUI]

Nel complesso dibattito attuale relativo al significato da dare alla varietà e molteplicità così diversificata dei gesti, del comportamenti e degli insegnamenti del Sommo Pontefice, può esser utile tentare di far luce sui princìpi che ci devono guidare per valutare, per quanto è possibile, un pontificato che accanto a stili del tutto tradizionali, mostra degli exploits che a tutta prima appaiono sconcertanti per la loro inusualità rispetto al comportamento dei Papi precedenti, risalendo anche molto indietro nel tempo. Non occorre fare degli esempi, che sono sotto gli occhi di tutti, ma entriamo senz’altro in medias res. A tal uopo ho pensato di proporre al lettore il caso di due personaggi giganteschi e famosissimi della storia del cristianesimo, i quali, benchè vissuti molti secoli fa, possono fornirci spunti di riflessione e validi insegnamenti circa la questione che ci proponiamo di come giudicare il comportamento di un Pontefice: quali sono i limiti e la portata della sua autorità, dove il buon cattolico deve obbedire tranquillamente e dove invece gli è consentito avanzare critiche e riserve.

savonarola ferrara 2

statua a Girolamo Savonarola alle spalle del Castello Estense di Ferrara e posta di fronte al Palazzo Arcivescovile

Tanto il Savonarola quanto Lutero sono stati dei riformatori della Chiesa: ma quale differenza! Mentre Savonarola parte dall’idea che la Chiesa ha di se stessa così come è concepita dal Magistero ritenendola conforme al Vangelo, Lutero si fà la convinzione che quella essenza della Chiesa che è presentata dal papato, falsifichi l’ideale evangelico e quindi pretende di correggere il Papa sul concetto di Chiesa. Da qui le logiche conseguenze: mentre per Savonarola la riforma, sulla linea dell’insegnamento di Santa Caterina da Siena, è una questione di carità, ossia di messa in pratica della verità nell’obbedienza al Papa Maestro della fede, senza risparmiare al Papa filiali ed accorati richiami a fare il proprio dovere, per Lutero è una questione di verità, nel senso che si tratta di far ritrovare alla Chiesa la sua essenza evangelica deturpata dagli insegnamenti del papato.

savonarola ferrara

Ferrara, statua a Girolamo Savonarola

Non naturalmente che Savonarola non tenesse alla verità, ché, da buon Domenicano, ne fece la stella polare e la passione di tutta la sua vita e la causa del suo martirio, ma carità in quanto appunto attuazione della verità, integralmente e lealmente da lui accolta dal Magistero della Chiesa. Anche Lutero, certo, si presentò come sostenitore della verità; ma quanto dobbiamo credere a tale sua dichiarazione, quando vediamo l’ostinazione e la slealtà con le quali la rifiuta? Così Savonarola, pur giustamente severo contro il costumi morali di Alessandro VI, non si sogna nemmeno di fargli dei rimproveri in campo dottrinale, dove rispetta in pieno il Successore di Pietro, ed anche quando a un certo punto propugna la convocazione di un Concilio, lo fa sempre sottintendendo che esso debba riformare la Chiesa sotto la guida del Papa, cosa che è del tutto aliena dall’iniziale appello al Concilio fatto da Lutero; appello che, inizialmente influenzato dal conciliarismo hussita, successivamente abbandonerà, sapendo che per la Chiesa è inconcepibile un Concilio non presieduto dal Papa, quel Papa che egli contestava non solo nella sua condotta morale, ma proprio nel suo diritto ad essere Papa, cosa che a Savonarola non venne mai assolutamente in mente. Non facciamo di Savonarola un hussita. Si può deporre un Papa, ma non il Papato.

savonarola ferrara 1

Ferrara, altro particolare della statua del Savonarola

Il profetismo savonaroliano si atteneva rigorosamente agli esempi dei profeti biblici, per cui, se da una parte era un richiamo alla fedeltà a Dio, dall’altra propugnava con forza e senza compromessi l’applicazione della Paraola di Dio nella vita ecclesiale e nella stessa vita politica.
Non dobbiamo stupirci a questo proposito, noi figli della mitezza e del dialogo promossi dal Concilio Vaticano II, della severità dei castighi divini ed umani minacciati da Savonarola, che rientrava negli usi del tempo con la stessa pena di morte per i criminali e per gli eretici. Anche la riforma savonaroliana dello Stato fiorentino su ispirazione evangelica, in netto contrasto col farisaismo pagano di Machiavelli, dobbiamo vederla nel suo tempo. Per quanto Firenze fosse corrotta, era pur sempre una società cristiana, molto diversa dalle moderne società laicistiche ideologicamente pluralistiche, per non dir atee, per governare le quali non sarebbe affatto opportuno o possibile uno Stato cristiano ed è già molto che vengano accettati i diritti fondamentali dell’uomo.
Alcuni, come il Von Pastor [1], hanno voluto vedere in questa condotta del Savonarola un’eccessiva severità ed intransigenza; ma con ciò hanno trascurato di collocarsi nella mentalità del tempo, che non risparmiava neppure i Santi, come si possono avere tanti esempi dalla storia.

lutero 95 tesi

Lutero e le sue 95 tesi

Diverso invece è il profetismo luterano, basato certo anch’esso sulla Bibbia, ma una Bibbia adulterata e interpretata in contrasto col Magistero della Chiesa, per cui il progetto ecclesiale e politico luterano non poté non falsificare le vere esigenze e prospettive del Vangelo. Interessante è inoltre la differenza concernente la scomunica che fu irrogata sia a Savonarola che a Lutero, connessa con quanto si è detto. Entrambi suscitarono lo sdegno del Papa per il loro atteggiamento critico nei suoi confronti. Ma ben diversa fu la critica del Papa in Savonarola e in Lutero. Savonarola redarguì la condotta immorale di Alessandro VI e si oppose alle sue ingiustizie sulla base di ottimi princìpi etici e dottrinali, distinguendo la fallibilità dell’uomo dall’infallibilità del Vicario di Cristo.

Al contrario, Lutero, aggredì sconsideratamente e scriteriatamente il Papa proprio come Vicario di Cristo accusandolo di eresia, sulla base di princìpi ereticali e lasciandosi trasportare da un odio furioso e blasfemo.

savonarola alessandro VI

ritratti di Alessandro VI e Girolamo Savonarola

Savonarola fu scomunicato ingiustamente e per invidia da Papa Alessandro VI, circonvenuto da false informazioni, senza alcuna motivazione valida nè dottrinale, data la purezza della sua dottrina, nè morale, data la nobiltà delle sue virtù, ed oltre a ciò la scomunica fu invalida per vizio di forma e perchè contenente false accuse, e quindi nulla e giuridicamente ineseguibile. Egli poi fu ucciso dopo un processo ingiusto e irregolare, in odio alla fede. Infatti, odio alla fede (odium fidei) non è solo quello dell’empio e dell’eretico, ma può essere anche quello del credente, che, per invidia odia il credente accusandolo falsamente di eresia, ciò che fece appunto Alessandro VI. Per questo è lecito, a proposito del Savonarola, parlare di martirio [2].

savonarola lapide

lapide posta in Piazza della Signoria a Firenze dove Girolamo Savonarola fu impiccato e poi arso al rogo

È sconcertante che Savonarola sia stato mandato a morte come fosse un criminale proprio da colui che avrebbe dovuto lodarlo e appoggiarlo nella sua eroica battaglia per Cristo, ossia dallo stesso Vicario di Cristo, Papa Alessandro VI, accecato dall’odio e ingannato dalle calunnie dei nemici del frate. Nella tragedia del Savonarola abbiamo l’episodio terribile del padre che uccide il figlio.
Il caso del Savonarola è più unico che raro in tutta la storia del papato e della martiriologia: quello stesso Papa che ha da Dio il compito di canonizzare i martiri, diventa carnefice di un martire. Da notare che Alessandro VI celebrò correttamente delle canonizzazioni. Savonarola invece martirizzato da Alessandro VI. Incredibile.
Dal che vediamo la delicatezza, anche se di estrema opportunità, per le ragioni che diremo, di un’eventuale Causa di Beatificazione del Savonarola, Causa che, a seguito di una devozione secolare per il Martire, è pur stata auspicata di recente da Capitoli Generali dell’Ordine Domenicano in base a studi chiarificatori ormai definitivi, come quelli dello Scaltriti.

Nell’Ordine Domenico ed anche altrove, dopo la morte del Savonarola sorsero due correnti di opinione nei suoi confronti: una, troppo ligia alle censure di Alessandro VI, capeggiata dallo stesso Maestro dell’Ordine Goacchino Turriani, corrente che ne diffuse la fama come di “disobbediente”, quando lo stesso Papa si pentì di ciò che aveva fatto al Savonarola, mentre il Successore Giulio II disse che lo avrebbe volentieri fatto Santo; ed un’altra, saggia e perspicace, nella quale figurano alcuni Santi come Santa Caterina de’ Ricci, San Filippo Neri e, in tempi recenti, il Beato Giorgio Frassati, i quali lo venerarono come Santo e come Martire.

lutero dottrina

dottrina luterana

Ben diverso il destino postumo del luteranesimo, che si configurò e si configura fino ai nostri giorni come fattore di una tragica divisione nella Chiesa, che neppure l’ecumenismo avviato dal Concilio Vaticano II è riuscito a rimediare e che anzi fomenta altre eresie, come quella del modernismo. Nessun cattolico di buon senso pensa di far santo Lutero, che del resto è spregiatore del culto dei Santi, al contrario del Savonarola, devotissimo dei Santi a cominciare dalla Beata Vergine, e oggetto di venerazione nei secoli fino ad oggi. Savonarola infatti è un modello perfetto ed attuale di predicatore domenicano franco, coraggioso, ardente, osservante, generoso, amante della sana dottrina, della Chiesa e delle anime. Egli pertanto serve in modo eccellente a far capire la differenza fra il Papa come Maestro della fede e il Papa come supremo magistrato e pastore universale della Chiesa.

tiara

la tiara usata dai Sommi Pontefici fino a Paolo VI, l’ultimo che ne fece uso

Il Papa è infallibile nella potestas docendi, non nella potestas iurisdictionis sive gubernandi Ecclesiam e neppure è impeccabile nella condotta morale. In questi campi può commettere delle gravi colpe, per cui si comprende come Dante, che se ne intendeva, abbia potuto mettere Bonifacio VIII all’inferno. Non c’è dubbio che i Santi sono modello d’obbedienza; ma bisogna finirla una buona volta per esaltare un genere di obbedienza supina e paurosa, una falsa obbedienza, che viene ad essere in pratica un connivenza col peccato e un cedimento al prepotente. Si obbedisce al bene e non al male. Chi obbedisce al male con la scusa dell’obbedienza non è un santo, ma un ipocrita o un falso. Questa sacrosanta verità bisogna “gridarla sui tetti”, dirla finalmente ad alta voce contro tutti i bacchettoni e i servi dei potenti. Santo è anche chi rifiuta la falsa obbedienza. Ciò pertanto non richiede di assumere le vesti dei contestatori sessantottini o l’arroganza dei Rahner o dei Mancuso, altrettante figure dell’ipocrisia, ma di obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Si colpiscano piuttosto con forza i veri disobbedienti, come Lutero e tutti gli eretici, invece di farne i campioni della libertà e della riforma.

Alessandro VI

codice miniato della Messa di Natale di Alessandro VI

Alessandro VI, peraltro, riconobbe, vivente ancora il frate, che la dottrina del Savonarola era ortodossa ed egli stesso, dopo averlo fatto condannare a morte con una vana accusa di disobbedienza, si pentì del gravissimo atto adducendo come scusa di essere stato male informato e di averlo scomunicato al di fuori della sua intenzione (praeter suam mentem). Scaltriti infatti dimostra che gli ordini dati al Savonarola da Papa Alessandro VI erano ingiusti ed illegittimi e quindi invalidi. Da qui la conseguenza della invalidità della scomunica motivata dal Papa col fatto che Savonarola avrebbe disobbedito. Il Savonarola viceversa avvertì subito l’ingiustizia e quindi la nullità giuridica dei comandi papali, in quanto, come mostrò chiaramente egli stesso, erano “contro la carità”, ossia contro la volontà di Dio e, come dimostra San Tommaso, l’ordine ingiusto di un superiore, ossia contrario alla legge divina o della Chiesa, non merita di essere obbedito, perchè in questo caso “talis oboedientia esset illicita” [3]. Così similmente per l’Aquinate una scomunica, anche pontificia, può essere ingiusta o illegittima e perciò stesso invalida e nulla, e quindi senza effetto. In tal caso la persona colpita resta del tutto libera dall’ingiusto ed infamante provvedimento e dalle sue conseguenze, per cui essa mantiene intatti il suo onore e la sua buona fama presso i buoni fedeli e resta in comunione con la Chiesa e col Papa, non in quanto ha errato, ma in quanto Papa, Vicario di Cristo. La brutta figura la fa il prelato che l’ha scomunicata, fosse anche il Papa, il quale è tenuto a riparare e a restituire alla persona innocente colpita il suo onore e la sua buona fama. Dice l’Aquinate: “si sit talis error ex parte sententiae, qui sententiam nullam esse faciat, non habet effectum, quia non esset excommunicatio” [4]. Con ciò stesso vengono a cadere le disposizioni disciplinari o punitive connesse alla scomunica.

lutero lettera di citazione di Carlo V

lettera di Carlo V a Lutero per la sua comparsa in giudizio

Lutero, invece, come è noto, fu giustamente scomunicato da Leone X con ottime ragioni basate sulle sue eresie e sulla arroganza ed ostinazione della sua condotta. Dal che si vede l’abissale differenza che separa la condotta di Savonarola da quella di Lutero nei confronti del Papa. Savonarola sapeva benissimo dove occorre obbedire al Papa e dove è consentito resistergli. Per questo, nel caso di Lutero, gravissima fu la colpa di coloro che con disprezzo della scomunica, invece di richiamarlo all’obbedienza al Papa e a ricredersi dalle sue eresie, accondiscesero al suo furore ereticale ed antipapale senza tener in nessun conto il valore e gli effetti della scomunica.

Lorenzo de Medici

ritratto giovanile di Lorenzo de’ Medici

Savonarola scomunicato ingiustamente è stato giustiziato; Lutero, scomunicato giustamente ha salvato la pelle. Una certa responsabilità in queste orrende ingiustizie ce l’ha certamente la famiglia Medici, una potentissima dinastia fiorentina, che dette i natali per due secoli, proprio nel corso del neopaganesimo rinascimentale, a molti vescovi e cardinali e addirittura a due Papi, Leone X e Clemente VII, i quali segnano una triste parte di primo piano nella storia del luteranesimo, dopo che i Medici della fine del Quattrocento contribuirono alla disgrazia del Savonarola, in testa come furono alle dissolutezze, al lusso, all’avidità e allo strapotere della classe politica fiorentina, tanto redarguita dalle veementi prediche del Profeta domenicano, e pure favorita dal Papa. Lutero invece fece un’enorme confusione tra il Papa come uomo e il Papa come Papa, facendo oggetto del suo empio ed implacabile odio ereticale la figura del Papa non solo nel suo aspetto umano, ma anche nella sua missione divina.

la salvezza

il mistero della salvezza

Tanto Savonarola quanto Lutero pongono al centro del loro interesse la salvezza mediante la croce di Cristo e si propongono una riforma della Chiesa alla luce del Vangelo. Tuttavia, profonde sono le differenze. Savonarola facendosi religioso, intende farsi santo lasciando il mondo corrotto. Ama l’osservanza regolare e sente il bisogno di lottare contro i peccati nella società e nella Chiesa correggendo i costumi corrotti, alla luce di una fede perfettamente ortodossa e cristallina. Lutero invece, temendo fortemente e quasi con spavento di non salvarsi, si fa religioso per aver maggiore sicurezza di salvarsi, ma, infetto da una concezione occamista del rapporto dell’uomo con Dio, per la quale Dio è buono ma sì da apparire un despota ostile all’uomo, mentre l’uomo si salva obbedendo irrazionalmente a Dio, non si pone nel giusto rapporto con Dio, perchè non riesce a conciliare in Dio la sapienza con la bontà, la misericordia con la severità, il timore con l’amore, la confidenza con la riverenza. Giunto ad un punto di insopportabile esasperazione, come si sa, Lutero credendo di ricevere un’illuminazione divina che, a suo dire, gli “aprì le porte del paradiso”, si convinse in modo entusiastico, fanatico e ostinatissimo di tale sua idea, quasi fosse in gioco la sua salvezza eterna e quella dell’intera umanità, sicchè rimase attaccato per tutto il resto della sua vita, all’idea che Dio comunque lo perdonava, anche se restava avvinto al peccato e vinto dal peccato, facendosi l’idea che la grazia poteva coesistere col peccato.

lutero slide

la “riforma” luterana

Così si spiega l’impegno frenetico, prodigioso ed indefesso che Lutero mise per tutta la vita a diffondere dovunque la sua idea, ritenendosi messaggero del vero Vangelo contaminato dal Papa, e quindi nutrendo viepiù negli anni seguenti fino alla morte un odio feroce contro il Papa, che aveva condannato la sua idea, ribadendo la dottrina tradizionale della giustificazione. A nulla valsero tutti i tentativi fatti per dissuadere Lutero da questa eresia. Non ci fu nulla da fare, ed anzi essa finì per diffondersi in Europa e nel mondo nei secoli seguenti fino ad oggi. Lutero ritenne addirittura questo principio, per il quale abusava del concetto paolino della giustificazione, come il cardine stesso della fede cristiana, “articulus stantis et cadentis Ecclesiae“, e come è noto, è riuscito a tirare a sè un numero sterminato di seguaci, appunto i cosiddetti “protestanti”, senza che neppure la riforma tridentina sia riuscita a porre un freno a questo fenomeno.

Nulla di tutto questo nel Savonarola, che conosceva ed accettava la vera dottrina della giustificazione e ne fece il perno la sua vita spirituale e della sua predicazione, anticipando le decisioni del Concilio di Trento. Savonarola, seguendo San Tommaso e la dottrina della Chiesa e dei Santi, non ha problemi a vedere in Dio un Padre sapiente e misericordioso e un Giudice giusto e clemente. Sa vivere questa verità e sa trasmetterla agli altri. In tal modo Savonarola fa esperienza della misericordia divina senza prender questa, come fa Lutero, a pretesto per evitare l’ascetismo morale, l’esercizio delle buone opere e dell’emendamento di sè. Per questo Savonarola non sente mai la tentazione di abbandonare l’austerità della vita religiosa, con la scusa avanzata da Lutero che le buone opere, i sacrifici e le penitenze non bastano alla salvezza, perchè sa benissimo che l’osservanza regolare dei religiosi e dei monaci, ben moderata e regolata, è un fattore essenziale, anche se secondario, del cammino di santificazione, al contrario di Lutero, che, sotto il manto della falsa idea che Dio perdona sempre, anche se non si è pentiti, torna alla vita secolare rinunciando a disciplinare le proprie passioni e a tenere a freno la tendenza alla falsità, propria della ragione umana oscurata dal peccato.

savonarola video games

immagine del Savonarola tratta da un video-gioco Assassin’s creed II, nel quale figura come personaggio

È questa mancata disciplina della ragione, infetta di occamismo, che unita alla superbia e all’ebbrezza del successo ottenuto, porta Lutero all’eresia, cosa assolutamente estranea al cammino spirituale del Savonarola, il quale invece sa che al peccatore pentito il peccato è veramente cancellato, anche se poi, data l’inclinazione al male dei figli di Adamo, il peccato sempre di nuovo si ripresenta. Ma ogni volta esso può esser cancellato dalla grazia. Invece Lutero, col pretesto che la condizione di peccatore è invincibile, non si sforza per vincere il peccato, ma si adagia in esso, godendo di peccare con la scusa che tanto Dio perdona, e ritenendosi comunque perdonato.

Tanto Savonarola quanto Lutero sono devoti al Crocifisso, come salvezza ed espiazione divina dei peccati, ma intendendo tale devozione in modo opposto: mentre Savonarola vede nel Crocifisso un Dio che è in armonia con la ragione, che chiede le opere buone e che quindi è amico dell’uomo, Lutero, fraintendendo il concetto paolino della Croce come “scandalo” [I Cor 1,23] dei Giudei, e confondendo male di pena e male di colpa, immagina di patire con Cristo senza emendarsi dal peccato, senza l’esercizio retto della ragione e quello delle virtù naturali, da lui disprezzate come vanto pelagiano e farisaico davanti a Dio delle proprie opere e dei propri meriti.

Per quanto riguarda il rapporto della Chiesa con lo Stato, diverso è l’atteggiamento del Stato e chiesaSavonarola e di Lutero. Il Savonarola si sente fortemente attratto dal dovere di proporre pubblicamente a Firenze il modo col quale il Vangelo deve servire al bene comune politico con rifermento al bene spirituale e morale delle persone e della società, in relazione al peccato e alla giustizia. Anche Lutero concepisce che il principe cristiano deve adoperarsi, per quanto è di sua competenza e in suo potere, per aiutare la Chiesa nell’incarnare il Vangelo nella storia e nella società civile. Sia l’uno che l’altro danno direttive ai prìncipi e ai cittadini ispirate al Vangelo.

lutero slide 2

conseguenze politiche della “riforma” luterana

Mentre tuttavia per il Savonarola il Papa, valendosi del suo ministero di Vicario di Cristo e sovrano temporale degli Stati della Chiesa, ha il compito, alla luce del Vangelo, di supremo giudice, regolatore e promotore dell’azione dei principi cristiani, Lutero, non dà al Papa alcuna autorità di tal genere, ma il Papa è al massimo un sovrano temporale come tutti gli altri, con in più la pretesa infondata di rappresentare Cristo sopra tutti gli altri. Dunque per Lutero la Chiesa ha bensì bisogno di essere ordinata ed organizzata secondo il Vangelo, anche per l’attuazione della sua missione politica oltre che spirituale; tuttavia la Chiesa in terra non ha bisogno di un unico centro visibile di unità, di un’unica direzione centrale, come sarebbe il Papa a Roma, ma è una collettività o una collegialità di cristiani guidati per gruppi, principati o nazioni dai loro rispettivi pastori sotto l’unica guida celeste di Cristo e dello Spirito Santo.

Lutero cuffie

Lutero ha finito col dar vita a tutt’altra musica …

Per Lutero non c’è un Papa, supremo sovrano spirituale e terreno, al di sopra dei principi, ma ogni principe sotto la guida dell’Imperatore dei Romani, è capo della Chiesa per il suo territorio, si tratti del proprio principato o dell’insieme del Sacro Romano Impero. Il Savonarola, dal canto suo, si adoperò intensamente per il bene pubblico di Firenze, favorendo una repubblica popolare, che fece porre sotto la regalità di Cristo. Egli ebbe stima del progetto del Re di Francia Carlo VIII, il quale si era convinto, a seguito della predicazione infiammata di Santa Giovanna d’Arco, che la Francia fosse eletta da Dio a sconfiggere i Turchi e la liberare Gerusalemme dal dominio musulmano. Per questo Savonarola si adoperò perchè Firenze, bloccati alla luce del Vangelo i progetti di signoria della famiglia Medici nemica del Re, si alleasse con lui. Senonchè però Carlo VIII considerava anche Alessandro VI un Papa simoniaco e quindi illegittimo, per cui pensò anche di spodestarlo e di fare dell’Italia un territorio di passaggio che consentisse alle sue truppe di raggiungere la Terra Santa. Per questo motivo il Papa odiava Carlo VIII, anche per il fatto che il Pontefice, sol pretesto di essere il Vicario di quel Cristo, al quale “è stato dato ogni potere in cielo e in terra”, dimenticando l’altra frase, nella quale il Signore davanti a Pilato dichiara che il suo regno “non è di questo mondo”, mirava ad espandere mediante la sua famiglia Borgia il suo dominio in Italia. Per questo il Papa ingiunse ai Fiorentini di unirsi alla Lega, che il Papa aveva messo in piedi contro la Francia ottenendo l’appoggio addirittura dell’Imperatore Massimiliano. Ma i Fiorentini, gelosi della loro libertà, dietro impulso del Savonarola, si rifiutarono di obbedire al Papa, cosa che fece aumentare il suo sdegno contro Savonarola, e portò il Papa ad aggiungere un nuovo motivo per accusare il frate di disobbedienza, quando questa non ledeva in nulla gli interessi della Chiesa e del regno di Dio, ma solo le mire espansionistiche di Papa Borgia.

lutero slide 4

distruzione del cattolicesimo in interi paesi europei

Viceversa, il luteranesimo, fin dalle sue origini, mostrò quanto falsa fosse la sua riforma della Chiesa e quanto il suo evangelismo esaltatore dell’interiorità e della coscienza in realtà nascondeva mire temporalistiche, delle quali subito approfitteranno i principi tedeschi per depredare le proprietà dei cattolici, per rafforzare il loro potere, la loro indipendenza e la loro ribellione all’Imperatore Carlo V, che con zelo esemplare esigeva da loro l’accettazione delle giuste misure pontificie nei confronti di Lutero e seguaci. Un grave vizio del principe rinascimentale, al quale non riuscirono a sottrarsi neppure i Papi, compreso quindi Alessandro VI, fu la sete di dominio personale – oggi diremmo “dittatura” – su plaghe le più ampie possibili della società, sete ben lumeggiata ed esaltata nel famoso Principe del Machiavelli. Estendere i propri domini era considerato un obbiettivo normale, ambìto ed ammirato dell’uomo forte e segno di eroismo, anche a costo di eliminare slealmente , ora facendosi “golpe”, ora “leone”, per usare le espressioni del Segretario fiorentino, gli oppositori o i pretendenti allo stesso territorio. Così si spiegano tanti delitti del Quattro/Cinquecento, compresa la morte del Savonarola. E’ triste doverlo dire, ma è così. Piccole e grandi famiglie o clan, solo che fossero dotati di un certo prestigio o potere economico o politico, dai Medici ai Borgia, aspiravano, come si diceva allora, alla “signoria”. Il Savonarola, al contrario, memore dell’etica politica di San Tommaso, per il quale il principe non è l’artista che plasma il popolo, quasi fosse materia di un’opera d’arte, ma è vicem gerens multitudinis, anticipando così la moderna democrazia, elaborò per Firenze uno statuto politico, in fondo realizzazione dall’ideale evangelico della fratellanza e del’autorità come servizio, che in un primo tempo ebbe grande successo, ma che presto fu frustrato dall’invidia congiunta dei Medici e dei Borgia e dalle stesse frange popolari, — i cosiddetti “compagnacci” —, che preferivano il regime lassista, godereccio e paganeggiante dei Medici all’austerità evangelica e al rigore morale del profeta domenicano.

Educati entrambi alla povertà religiosa, Savonarola e Lutero sono del tutto alieni da qualsiasi mira di potere terreno. La loro unica aspirazione è la predicazione del Vangelo per l’edificazione del regno spirituale di Cristo, con la forte differenza, però, che, mentre Savonarola predica il Vangelo nella sua purezza in comunione col Magistero della Chiesa, Lutero predica un Vangelo inquinato dall’eresia in ribellione alla Chiesa. Savonarola, rimasto solo come Cristo, resta fedele al Papa Maestro della fede, nonostante i colpi ricevuti; Lutero, difeso dagli empi, si ribella al Papa che vuol correggerlo dai suoi errori.

savonarola rogo

immagine del rogo del Savonarola

Savonarola e Lutero: due riformatori, due ribelli scomunicati. Il primo promuove una vera riforma, il secondo ne promuove una falsa; il primo si ribella al peccato; il secondo si ribella al Papa; il primo, scomunicato e ucciso da innocente, il secondo scomunicato a piede libero e pur colpevole. Il primo mostra quando il Papa può sbagliare. Il secondo mostra quando il Papa sa condannare. Una lezione per i nostri giorni, nei quali tutti hanno la loro da dire sul Papa a proposito e a sproposito: ci sono i furbi che lo vorrebbero strumentalizzare per fini di potere fingendosi cattolici; ad altri invece quello che fa il Papa non va mai bene, rimpiangendo anacronisticamente i Papi del pre-concilio.

Le due grandi figure di Savonarola e di Lutero si stagliano nei secoli per insegnarci che si può morire innocenti uccisi dai fratelli di fede, mentre si può vivacchiare nel peccato con successo dando ad intendere di essere i cattolici del futuro.

Fontanellato, 2 febbraio 2015

 

NOTE

[1] L. Von Pastor, Storia dei Papi, Desclée&C.ie, Roma 1912, vol.III, pp.146-153
[2] Tutti questi dati sono reperibili nel libro “L’ultimo Savonarola”, Edizioni Paoline, Roma 1976, studio documentatissimo del P.Giacinto Scaltriti, che per cinquant’anni coltivò l’interesse per il Savonarola. Cf anche A. D’Amato, Savonarola martire della verità, Faenza 1998. Una buona difesa del Savonarola si trova alla voce Savonarola di Roberto Ridolfi, nell’Enciclopedia Cattolica, vol. X.
[3] Summa Theologiae, II-II, q.104, a.5, 3m.
[4] Summa Theologiae, Suppl., q.21, a.4.

_________________________________

candelabroCari Lettori,

dobbiamo affrontare delle spese per la gestione del sito ma non ne abbiamo i mezzi economici, si tratta di richiedere vari servizi a pagamento indispensabili per un migliore e più sicuro funzionamento: urge spostarci su un server-business, provvedere alla manutenzione e all’aggiornamento periodico del sito, dobbiamo acquistare il servizio che consenta un numero illimitato di iscritti alla newsletter perché superato il numero di 2.000 il servizio viene automaticamente disattivato, è necessario un diverso abbonamento internet di tipo aziendale che consenta più velocità e possibilità di scaricare materiali e documenti pesanti senza rallentamenti alla linea, ecc … il tutto per una spesa complessiva di 1.920 euro che noi non abbiamo. Se i nostri lettori ormai numerosi potessero darci una mano, saremo veramente e profondamente grati.









Proteggete Divo Barsotti dalle grinfie dei lefebvriani

PROTEGGETE DIVO BARSOTTI DALLE GRINFIE DEI LEFEBVRIANI

 

Il Padre Divo avrebbe trovato la forza persino nella vecchiaia, persino sulla sedia a rotelle, di raccattare un bastone e di sbatterlo con sanguigno spirito toscano sulla schiena di chiunque avesse osato porre pubblicamente in discussione il Magistero della Chiesa e l’autorità dell’assisa ecumenica del Concilio Vaticano II.

Autore Ariel S. Levi di Gualdo

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

 

 

COME TACERE SUL TENTATIVO DI STRUMENTALIZZARE LA FIGURA DI PADRE DIVO BARSOTTI DA PARTE DEL SITO  “ERESIE&DINTORNI” DI MARIA GUARINI?

VEDERE QUI

 

Al Reverendo Padre
Serafino Tognetti, CFD 

 

 

divo barsotti libro

 una delle pregevoli opere di Padre Serafino Tognetti sul Padre Divo Barsotti [cliccare QUI per aprire il video sulla presentazione dell’opera]

Venerabile Confratello in Cristo, sai bene quanto io sia affezionato alla figura del Padre Divo Barsotti e quanto sia tutt’oggi grato alla sua pia memoria, tanto grande e provvidenziale in divina grazia è stata la sua incidenza nel mio percorso vocazionale, in seguito nella mia spiritualità sacerdotale. La mia stima verso questo Servo di Dio è stata ripetutamente espressa in miei libri e articoli, è nota a te ed ai diversi vostri laici della Comunità dei Figli di Dio di cui sono confessore e direttore spirituale, come lo è ad altri membri della vostra aggregazione che partecipano sovente alle mie celebrazioni e ascoltano le mie omelie; a tutti loro sono legato in amorevole spiritualità barsottiana.

Perdonami se uso la lettera pubblica anziché il messaggio privato, ma come si dice dalle parti della mia Toscana natìa, dove tu risiedi e dove hai vissuto come fedele discepolo accanto al Padre Divo: «Ho deciso di pigliar due piccioni con una fava».

Veder portato in trionfo il Padre Divo sul blog della Signora Maria Guarini, la quale si picca d’esser teologa, liturgista, canonista, storica della Chiesa, ecc … ma soprattutto legittimo censore della suprema Autorità della Chiesa e di un’intera assisa ecumenica, credimi: mi ha fatto davvero male al cuore.

Questi cosiddetti tradizionalisti o meglio “lefebvriani”, cercano da sempre d’appropriarsi di figure d’uomini di Dio per usarli come legittimazione ai propri errori, che sono poi errori legati a forme di precise e manifeste eresie, perché come sai, essendo tu un brillante teologo, negare l’autorità di un intero concilio ecumenico attaccandosi al risibile filo di lana caprina che si tratterebbe “solo di un concilio pastorale e non dogmatico”, per giungere a dire che “non conta nulla”, infine ch’esso “è in errore“, è un insano parlare che finisce presto col passare dall’errore all’eresia, come dimostrano i contenuti pseudo-cattolici del blog in questione, al quale non dovrebbe essere associato il nome del Venerabile Padre e neppure il tuo, suo amato discepolo. Per valutare poi la oggettiva pericolosità degli errori dottrinari di questi personaggi, basti solo considerare il loro spirito critico furente verso il magistero degli ultimi Romani Pontefici a partire dal 1958 a seguire; un’idea aberrante di Traditio Catholica ridotta ad un ristagnante immobilismo che rifiuta il naturale processo evolutivo della Chiesa; una liturgia ridotta a “supremo feticcio”, spesso meramente estetico ed estetizzante incentrato su un cieco rifiuto della Sacrosanctum Concilium e che palesa come tale in queste persone incapacità metafisico-teologica di distinguere le sostanze dagli accidenti esterni contingenti e di capire che la sostanza della Santa Messa non è mai stata alterata, meno che mai nella struttura del suo mistero sacrificale.

Capisci bene quanto inopportuno sia che certi soggetti sprofondati fieramente nell’errore e instancabili diffusori dell’errore venefico tra le membra del Popolo di Dio, possano ardire abusare la figura di Divo Barsotti come proprio legittimante vessillo. Tu ed io sappiamo bene che il Padre Divo avrebbe trovato la forza anche nella vecchiaia, persino sulla sedia a rotelle, di raccattare un bastone e sbatterlo con sanguigno spirito toscano sulla schiena di chiunque avesse osato porre pubblicamente in discussione il Magistero della Chiesa e l’autorità di un’intera assise ecumenica.

Prego pertanto te ed i tuoi confratelli da me tanto stimati di agire con profonda cura dinanzi a simili tentativi di “appropriazione indebita”, perché voi, io e tutti coloro che venerano questo grande uomo di Dio che tra molti anni potrebbe essere venerato come santo e forse anche come dottore della Chiesa [vedere QUI], sappiamo bene che il Padre Divo, giustamente e piamente, ha espresso parole anche molto dure sulle derive teologiche del post-concilio; e noi tutti seguitiamo ad esprimere con lui quelle stesse parole con altrettanta forza. Attenzione però a questi personaggi immobili nel proprio stagno raffermo e capaci di mistificare il suo pensiero per mutarlo in una critica al Concilio Vaticano II ed alle riforme, al magistero ed alle dottrine nate da quell’assise di Padri della Chiesa riuniti col successore del Principe degli Apostoli. In tutta la vasta produzione del Padre Divo non esiste infatti un solo sospiro di opposizione al Concilio Vaticano II, cosa di cui tu sei testimone privilegiato, non solo perché allievo del Venerabile Padre ma perché sei stato accanto a lui fino alla sua morte come un amato figliolo devoto.

Tomas Tyn 3

Tomas Tyn. Per aprire il video con l’audio/video di una omelia e della celebrazione della Santa Messa, cliccare QUI

Il nostro confratello sacerdote Giovanni Cavalcoli dell’Ordine dei Frati Predicatori, assieme al quale portiamo avanti la rivista telematica L’Isola di Patmos, può confermarti dal canto suo che analoga operazione fu tentata tempo fa dai soliti noti sulla figura del Servo di Dio Tomas Tyn, di cui queste frange tentarono in qualche modo di appropriarsi, quasi come se questo teologo tornato alla Casa del Padre ad appena 39 anni — ma dotato di un genio filosofico-teologico equiparabile a quello di un novello Aquinate — fosse una sorta di anti-conciliarista [vedere QUI, QUI].

Questa è la loro tattica: appropriarsi di figure prese, tagliate e cucite da usare per legittimare i propri gravi errori e confermarsi a vicenda in quell’errore che alla propria base ha la temibile regina che regge come solido tronco tutti gli altri peccati capitali: la superbia.

Libera la Signora Maria Guarini, per dirla in modo davvero ameno persino in austero tempo di Quaresima, di prendere e strumentalizzare chi vuole, ma che lasci in pace il Venerabile Padre Divo, oggi al cospetto di Dio nella gloria degli Angeli e dei Santi, dopo avere amato e ubbidito la Chiesa pur con tutte le sue rughe; perché sono le rughe con le quali spesso gli uomini l’hanno deturpata che il nostro amato Padre Divo ha giustamente e piamente criticato, proprio come espresse predicando gli esercizi spirituali alla curia romana nel 1971 su invito del Beato Paolo VI [vedere QUI]. Mai mise invece in discussione il volto sempre santo e immacolato della Chiesa, la cui dottrina non è stata mai oggetto del suo sindacato, perché di essa egli è stato straordinario diffusore, difendendo l’essenza e la grandezza di tutto il Concilio Vaticano II dalle derive di certi teologi del post-concilio; derive oggi ancora più pericolose e contro le quali noi, discepoli e figli della sua spiritualità, seguitiamo a combattere con la Chiesa, nella Chiesa e per la Chiesa, che vuol dire al tempo stesso con Pietro, per Pietro e sotto Pietro, al contrario della Signora Guarini e del suo codazzo di pelagiani che combattono invece contro la Chiesa e contro Pietro di cui si sono eletti censori.

A te e ai tuoi confratelli un fraterno abbraccio in sincera unione sacerdotale.

.

Dall’Isola di Patmos, 25 marzo 2015 – Festa dell’Annunciazione

.

 

papi postconcilio

La Chiesa è un popolo in cammino con Cristo suo capo e guida che ha conferito a Pietro funzione vicaria di pascere il suo gregge [Gv 21, 17] e mandato di confermare i fratelli nella fede [Lc 22, 32]

.

Padre Divo Barsotti non era “dei vostri”

ELOGIO IN APPENDICE ALLA TOTALE INCOERENZA 

Santa Messa celebrata dal Venerabile Padre

Nel video che sotto segue vi è un frammento della Santa Messa celebrata da Divo Barsotti assistito dal giovane Serafino Tognetti, suo fedele discepolo. Si tratta della celebrazione di quella Santa Messa che nel blog della Guarini&Affini viene da anni definita come “messa protestantica” nata “dall’opera distruttiva di Paolo VI ” grazie al “massone Annibale Bugnini “, ecc … ecc … Ebbene, che la Signora Guarini ed il suo articolista Dante Pastorelli guardino in questo video con quale santa devozione quest’uomo di Dio celebrava col Messale di Paolo VI quel Divino Sacrificio da loro definito da anni con sprezzo come “messa protestantica del conciliabolo“, salvo poi pretendere di strumentalizzare questo Venerabile Sacerdote a loro uso e consumo.

CLICCARE QUI

Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

Sui cosiddetti “cattolici tradizionali” e sulla “messa tradizionale” [con nota postuma inserita il 27.03.2015]

SUI COSIDDETTI CATTOLICI TRADIZIONALI  E SULLA MESSA TRADIZIONALE

Volersi fermare al 1962 e voler bloccare tutto a prima del Concilio, come se esso non fosse avvenuto o avesse portato la Chiesa fuori strada, non è un vero essere tradizionali, non è fedeltà coerente e saldezza nella verità, ma un congelare un organismo vivente, è impedire il cammino della Chiesa, è ostinata arretratezza e presuntuosa disobbedienza alla Chiesa che avanza nella storia, è un inganno del demonio che conduce alla perdizione.


Giovanni Cavalcoli OP

Giovanni Cavalcoli OP

 

 

Con una nota postuma inserita in fondo dall’autore il 27.03.2015

 

 

cattolici tradizionali

un gruppo di “cattolici tradizionali”

Sta entrando nell’uso un’espressione che a ben guardare crea difficoltà ed appare equivoca, per non dire che è errata e pericolosa: cattolici “tradizionali”, espressione in apparenza innocua, forse anche bella. Essa può sembrare anche giusta, opportuna e appropriata, evidentemente dotata, per coloro che la usano per se stessi e la diffondono, di un senso positivo, quasi a dire: i cattolici fedeli alla Sacra Tradizione.

Un’espressione apparentemente chiarificatrice ma che in realtà, come cercherò di dimostrare, crea confusione e può, al di là delle buone intenzioni, aprire uno spiraglio al lefevrismo. Per questo, in fin dei conti, credo che sia meglio non usarla o quanto meno non usarla nel senso che spiegherò.

Al riguardo propongo le seguenti osservazioni.

Pio X

il Santo Pontefice Pio X

Prima. L’essere tradizionale, come già insegnava San Pio X, è una caratteristica del cattolico come tale, in quanto la dottrina della fede sorge dalla confluenza della Sacra Scrittura con la Sacra Tradizione. Entra nella definizione dell’essere cattolico. Per questo, il parlare di cattolico tradizionale non è che una tautologia, dire lo stesso dello stesso, è come dire che il cavallo è il cavallo. O tutt’al più è un’enunciazione del principio di identità, noto anche ai bambini. Bella scoperta!

L’essere tradizionale entra nell’essenza stessa dell’essere cattolico, così come l’appartenere alla razza equina appartiene all’essenza del cavallo. In tal senso un cattolico che non sia tradizionale, non è un cattolico. Così come un cavallo che non sia equino non è un cavallo. Pertanto, chi si qualifica come cattolico tradizionale, sembra dire: “Noi sì, che siamo i veri cattolici! Noi soli lo siamo!”. Il cattolico non tradizionale, quindi, non può essere un buon cattolico.

Non ha senso, quindi — commento io — aggiungere al termine “cattolico” l’aggettivo “tradizionale”, perchè questo attributo è già implicito nel concetto di cattolico, così come non avrebbe senso o sarebbe un’aggiunta inutile parlare di un cavallo equino.

Paolo VI 2

il Beato Pontefice Paolo VI

Così pure: perché chiamare Messa “tradizionale” solo la Messa vetus ordo? [QUI, QUI, QUI, ecc..] Anche quella novus ordo è la Messa tradizionale, è la “Messa di sempre”. Il Concilio non ha affatto cambiato la sostanza della Messa; ma ha solo apportato delle modifiche accidentali e contingenti, e come ha sostituto le modalità di prima, così un domani le presenti potranno essere sostitute da altre, senza che per questo la Messa venga mutata nella sua essenza.

Non sa distinguere questa gente miope la sostanza dagli accidenti [cf. nostri precedenti articoli QUI, QUI]? La riforma liturgica ha semplicemente introdotto un nuovo rito, un nuovo modo contingente di celebrare la stessa ed identica Messa istituita da Nostro Signore Gesù Cristo. Forse che Gesù Cristo ha celebrato l’Eucaristia secondo il … vetus ordo?

Seconda. Il parlare di cattolici tradizionali sembra alludere al fatto che esistano cattolici non tradizionali, il che poi sarebbe cattolicesimo nuovo o moderno. Ma, stando al loro ragionamento, nel tal caso questo cattolico sarebbe un falso cattolico, perchè non è “tradizionale”.

In realtà bisogna precisare che non ci è proibito l’aggettivo “tradizionale” applicato alla vita dello spirito, andando per analogia a come ci esprimiamo nel campo materiale, come per esempio in quello dell’arte o dell’alimentazione. Così, per esempio, sono apprezzati certi canti tradizionali o certi cibi tradizionali, senza che ciò implichi disprezzo per i canti e i cibi moderni. Ognuno è libero di scegliere.

cibi romagnoli

cibi tradizionali romagnoli

Nessun ristoratore che propaganda cibi tradizionali invita a non comprare cibi moderni. Eppure questi cattolici “tradizionali”, per una specie di disprezzo indiscriminato nei confronti della modernità, sembrano avere questo disprezzo nei confronti dei cattolici che vogliono essere moderni [vedere QUI, QUI, QUI, ecc..]; ed esser moderni — sia chiaro — non vuol dire affatto esser “modernisti”, anzi tutt’altro.

Nella Chiesa non c’è nulla di male che alcuni abbiano più simpatia per la tradizione ed altri invece per il rinnovamento e per il progresso, a patto che tutti stiano nell’ambito dell’ortodossia. Ma allora non conviene usare per chi ama in special modo la tradizione, il termine “tradizionale”, che fa apparire i progressisti, ossia chi ama il progresso, come falsi cattolici, contrari alla Tradizione e modernisti. Progredire è un dovere; essere modernisti è un’eresia.

Tomas Tyn 2

Il Servo di Dio Tomas Tyn,

Meglio sarebbe mantenere il termine “tradizionalista” da tempo largamente usato, dandogli in senso positivo e legittimo come sopra. Io stesso ho scritto un libro sul Servo di Dio Tomas Tyn col sottotitolo di “Tradizionalista postconciliare” [1], alludendo al fatto che esiste un sano tradizionalismo il quale contrariamente al tradizionalismo lefevriano, accoglie lo sviluppo della Tradizione operato dal Concilio e dai Papi del post-concilio, rifiutando nettamente di vedere una contraddizione del magistero conciliare rispetto a quello del pre-concilio.

ariel vetus ordo

Uno dei Padri dell’Isola di Patmos, autore di articoli critici verso il lefebvrismo e le correnti anti-conciliariste, una volta a settimana celebra col vetus ordo missae, contribuendo alla conservazione del Messale di San Pio V secondo le direttive del motu proprio di Benedetto XVI

Terza. Ma quello che desta preoccupazione è che coloro che hanno messo in giro questa espressione e si considerano con vanto cattolici tradizionali, esprimono delle idee che si avvicinano pericolosamente al lefevrismo, in quanto respingono come anti-tradizionali le dottrine del Concilio Vaticano II e quelle dei Papi seguenti, ritenendo che il vero cattolicesimo, fedele alla Tradizione, sia solo quel tipo di cattolicesimo, in quelle forme particolari – per esempio il rito tridentino della Messa -, che esisteva prima del Concilio.

Quarta. Il vero cattolico tradizionale è quello del post-concilio. Ogni vero cattolico, come ho detto, è certamente per essenza tradizionale, ma lo è — e ciò non sembri contraddizione — anche il progressista, come lo fu per esempio il Maritain (non il modernista che è un eretico), ma nel senso dello sviluppo operato dal Concilio e dal postconcilio. Infatti un sano progresso, quale quello promosso dal Concilio, non è altro che uno sviluppo e una migliore conoscenza del dato immutabile della Tradizione.

 

Giovanni Cavalcoli breviario

un altro dei Padri dell’Isola di Patmos che per la liturgia delle ore usa il breviario latino

Questo è il vero rispetto della Tradizione. Volersi fermare al 1962 e voler bloccare tutto a prima del Concilio, come se esso non fosse avvenuto o avesse portato la Chiesa fuori strada, non è un vero essere tradizionali, non è fedeltà coerente e saldezza nella verità, ma un congelare un organismo vivente, è impedire il cammino della Chiesa, è ostinata arretratezza e presuntuosa disobbedienza alla Chiesa che avanza nella storia, è un inganno del demonio che conduce alla perdizione.

Varazze, 24 marzo 2015

[1] Tomas Tyn, un tradizionalista postconciliare, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2007.

__________________________________________________________________________________________

NOTA POSTUMA DEL 27.03.2015  SULLA SOSTANZA DELLA SANTA MESSA

 

 

Secondo lei, rabbino Ariel, per un Cattolico che voglia restare fedele alla retta Dottrina si dovrebbe stare ad ascoltare le “elucubrazioni mentali” di due [censurato] Ariel&Cavalcoli che si mettono a discettare sul nulla distinguendo, per esempio sostanza e accidenti nella Tradizione e nalla Sacra Liturgia, oppure non sarebbe molto più edificante restando con certezza fedeli alla Sana Dottrina Cattolica leggere, per esempio, un brano di un Mistico e grande Sacerdote quale Don Divo Barsotti sul sito Chiesa&Postconcilio, il quale sconfessa le “elucubrazioni mentali” del duo [censurato] Ariel&Cavalcoli su quelli che questi chiamano gli “accidenti esterni”? Penso che a qualsiasi Cattolico che gli sia rimasto il lume della ragione non avrebbe dubbi cosa rispondere.

[Commento postato da Gianluigi Bazzorini il 25.03.2015]

 

 

Luigi Bazzorini è un nostro lettore dai toni fortemente critici. Nell’ultimo suo intervento nel blog ha superato però i limiti della decenza, per cui abbiamo deciso di non pubblicarlo, non perchè esso ci insulta, essendo noi ormai stimati dai buoni cattolici, ma proprio per la salvaguardia del suo onore che sarebbe alquanto compromesso, se certi suoi interventi insultanti fossero pubblicati.
Reteniamo invece di utilità ai lettori trattare, con la seguente nota, la questione da lui sollevata: la distinzione fra sostanza e accidenti è fondamentale non solo in filosofia e nel comune buon senso, ma anche in campo teologico e nello stesso dogma, come per esempio abbiamo nel dogma della transustanziazione.
La sostanza di una persona, per esempio, è la persona stessa nella sua identità, Paolo è sempre Paolo dalla nascita alla morte.
Gli accidenti, invece, almeno quelli contengenti, mutano. Paolo è sempre Paolo, anche se non ha quel dato accidente. Essi riguardano cose che ora ci sono ora non ci sono, ossia ciò per cui Paolo muta: il peso, l’altezza, gli umori, i suoi luoghi di residenza, il grado della sua istruzione, gli abiti che porta, i suoi rapporti sociali, il denaro di cui dispone, ora sano ora malato, ora sveglio ora dormiente, ecc ..

Così similmente la Santa Messa ha una costituzione fondamentale, mancando la quale non è valida; ha un’essenza  immutabile istituita da Nostro Signore Gesù Cristo, ed una forma rituale, convenzionale, gestuale, cerimoniale o rubricistica esteriore ed  accidentale, le modalità o espressioni del rito, che Cristo ha rimesso al potere della Chiesa onde disciplinare le forme accidentali o cerimoniali dei sacramenti.

Per esempio: l’altare volto o non volto verso il popolo, la presenza o meno della balaustra, il Canone Eucaristico ad alta o bassa a voce, le letture fatte o non fatte da una donna, nominare poche o molte volte il sacrificio e gli angeli, poche o molte genuflessioni, la Comunione in bocca o in mano, la lingua latina o italiana, ecc.. sono accidenti esterni che non intaccano la sostanza.

Così, per quanto riguarda la Santa Messa come tale, la sua essenza o sostanza fu istituita una volta per tutte da Cristo, per cui la Chiesa non ha nessun potere di mutarla, ma la conserva immutata nei secoli con l’assistenza dello Spirito Santo.

Sarebbe eretico pensare che la Chiesa possa mutare la sostanza di un sacramento. Essa può mutare invece certi accidenti. Infatti, per quanto riguarda il cerimoniale o il rituale, esso può essere modificato ad arbitrio della Chiesa, secondo le necessità o le opportunità. Qui la Chiesa può emanare leggi o diposizioni anche discutibili e rivedibili. Si può inventare il nuovo o tornare all’antico. Un conto è quindi la dottrina dei sacramenti in sé e di per sé immutabile; e un conto è la pastorale dei sacramenti, in sé di per sé mutevole.

Così il vetus ordo e il novus ordo missae, in quanto modalità contingenti di celebrare la Santa Messa, la lasciano intatta la sostanza di fede e toccano solo l’aspetto accidentale e mutabile.

Il Concilio Vaticano II ha stabilito il novus ordo missae. Domani un altro Concilio  potrà cambiare ancora questi aspetti accidentali e non sostanziali. L’esistenza del novus ordo non proibisce in dovute circostanze l’uso del vetus ordo missae. Si tratta sempre della Messa. Chi può, è libero di scegliere. L’importante è che la Messa sia valida, lecita e celebrata dignitosamente, nel ripetto delle regole e del rispettivo rito. Sarebbe dunque un errore credere che la sostanza della Messa sia conservata solo nel vetus ordo o che viceversa il vetus ordo missae sia da proibire.

L’importante è che tutti ci sentiamo una cosa sola attorno al mysterium fidei, sia che preferiamo il novus ordo, sia che preferiamo il vetus ordo missae.  

Giovanni Cavalcoli, OP

Varazze, 27 marzo 2015

Il cogitatorium di Ipazia – lefebvriani e disturbi borderline: la rottura dell’unità genera non-unità

—  IL  COGITATORIUM  DI  IPAZIA  —

LEFEBVRIANI E DISTURBI BORDERLINE: LA ROTTURA DELL’UNITÀ GENERA NON-UNITÀ

 

[…] i maggiorenti della setta scismatica dei lefebvriani accusano nel loro comunicato ufficiale il vescovo Richard Williamson ed il benedettino Jean Michel Faure, da lui consacrato vescovo il 19 marzo 2015 in Brasile, di … «non riconoscere più le autorità romane».

 

ipazia profilo

Ipazia gatta romana

 

Per entrare nel negozio-librario cliccare sulla copertina

candelabroCari Lettori,

a dire e scrivere la verità si finisce sempre in bolletta. Vedete allora di darci una mano per sostenere le spese di gestione del sito di questa nostra rivista telematica. Grazie!









L’elogio dell’eresia di Paolo Pasqualucci

L’ELOGIO DELL’ERESIA DI PAOLO PASQUALUCCI

[…] adempiendo giornalmente alle mie funzioni sacramentali ho l’indegno onore di annunciare il Verbo di Dio all’assemblea dei fedeli, proclamando il quale non dico mai – e come me non lo dicono i miei Venerabili Fratelli Sacerdoti, inclusi gli epistemologi — « Dal Iota Unum secondo Romano », né il Popolo di Dio risponde: « Lode a te Amerio ».

Il testo del Prof. Paolo Pasqualucci al quale è stata data la risposta che sotto segue è leggibile QUI

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

Carissimo figliolo.

La professorite cronica è una malattia dalla quale spesso non si riesce a guarire e non di rado può portare a sprofondare in parte nella tuttologia cosmica in parte nel delirio di onnipotenza. Per questo comincio subito col dirle che qualora lei avesse visto il kolossal cinematografico I Dieci Comandamenti con la splendida interpretazione di Charlton Heston nel ruolo del Patriarca Mosè e di Yul Brynner nel ruolo del faraone egizio [vedere QUI], ciò non la autorizza a sentirsi un esperto in scienze bibliche né a dispensare una sapienza che mostra di non avere nel merito specifico dei temi che ha presunto di trattare nel suo articolo oggetto di questa mia risposta, al di là delle sue intenzioni interiori che io non posso leggere né giudicare. Stando però a ciò ch’ella scrive ed esprime pubblicamente — non ultimo attraverso ampi copia e incolla fatti su testi di autentica fantascienza canonistica tratti dagli scritti diffusi dai circoli lefebvriani — devo prendere atto che dalle sue righe non traspaiono né buone intenzioni né autentici sentimenti cattolici.

Per il mandato a me conferito dalla Santa Chiesa di Cristo sono stato chiamato attraverso il sacerdozio ministeriale all’esercizio della paternità universale sui Christi fideles che il Signore Gesù ha affidato a Pietro e agli Apostoli comandando loro di pascere il suo gregge [cf. Gv 21, 15-17]. Noi presbiteri siamo i diretti collaboratori degli Apostoli depositari della pienezza del sacerdozio i quali hanno trasferito su di noi parte delle loro potestà sacramentali, docenti e di governo; ed in piena comunione e devota obbedienza ai nostri vescovi siamo chiamati all’esercizio del sacro ministero secondo il nostro grado sacramentale.

Ariel evangeliario

il presbitero Ariel S. Levi di Gualdo porta in processione il Santo Vangelo durante una celebrazione presieduta dal Vescovo

Esercitando il sacro ministero ed i poteri sacramentali e docenti ad esso correlati per il servizio alla Chiesa Cattolica e al Popolo di Dio, nei miei scritti parto sempre citando il Santo Vangelo; al contrario di lei che chiamando in causa anche la Signora Maria Guarini che ha ospitato il suo scritto nel proprio blog, parte invece all’attacco dirompente citando avanti a tutto l’opera Iota Unum di Romano Amerio.

Ritengo doveroso informarla che nell’adempiere ogni giorno alle mie funzioni sacramentali ho l’indegno onore di annunciare il Verbo di Dio all’assemblea dei fedeli, proclamando il quale non dico mai — e come me non lo dicono i miei Venerabili Fratelli Sacerdoti, inclusi gli epistemologi — «Dal Iota Unum secondo Romano», né il Popolo di Dio risponde: «Lode a te Amerio». All’assemblea riunita per la celebrazione del Sacrificio Eucaristico, prima che il sacerdote acclami il Santo Vangelo, uno o più lettori proclamano letture e salmi tratti dai Libri della Rivelazione. Posso assicurarle che in nessuna chiesa si legge il Denzinger durante l’azione liturgica, né i trattati narcisistici dell’estetica filosofica in cui si proclama che «la bellezza ci salverà», perché è stato il sangue dell’Agnello Immolato che ha lavato il peccato del mondo [cf Gv 1, 29], non la bellezza di certi filosofi ameriani intrisi di una estetica estetizzante che ha quasi il sapore della gnosi, oltre ad una languorosa carenza di virilità spirituale.

Tutte cose che la prego di riferire anche alla Signora chiamata in causa nel suo scritto da lei, non da me che ho già detto ad essa in coscienza, per il suo sommo bene e per la salvezza della sua anima, ciò che ero tenuto a dirle [vedere QUI]; perché per quanto ella possa piccarsi di essere una che s’intende non solo di liturgia ma addirittura della sola, autentica e vera liturgia cattolica, resta pacifico che non è certo questa Gentildonna a celebrare i sacri misteri nella nostra Santa Chiesa ordinata su precisi ruoli, all’interno della quale ciascuno dovrebbe stare al proprio posto ed adempiere a quanto gli è concesso adempiere nella economia della salvezza. Infatti, nei tempi paradisiaci dei quali questa come altre Gentildonne della vera “Traditio” piangono lacrime di nostalgia — per esempio sotto l’augusto pontificato del Santo Pontefice Pio X — non solo, non sarebbe mai stato a loro permesso di parlare di teologia o di liturgia, ma non sarebbe stato neppure a loro permesso di cantare nel coro parrocchiale. Ammonisce infatti San Paolo Apostolo:

«Come in tutte le Chiese dei santi, le donne tacciano nell’assemblea, perché non è loro permesso di parlare. Obbediscano invece, come dice la legge. Se desiderano apprendere qualcosa, interroghino a casa i propri mariti, poiché è sconveniente per una donna parlare nell’adunanza» [I Cor 14, 33-35].

L’Apostolo non è un misogino, sia chiaro, egli intende solo ammonire ricordando alle Guarini dell’epoca il loro preciso ruolo nell’economia della salvezza, il tutto in una situazione sociale — quella dell’antica città di Corinto — nella quale le donne cercavano di predominare e dettare legge anche a vescovi, presbiteri e diaconi, investiti per grazia divina di un ruolo non concesso alle donne, incluse quelle più o meno pie, più o meno esperte in liturgia e in teologia. Evitino pertanto certe Gentildonne e Gentiluomini di sbraitare “Traditio, Traditio! ” e prendere poi dalla Tradizione Apostolica e dalla storia della Chiesa solo ed esclusivamente quello che fa a loro comodo, trattando infine la dignità sacerdotale letteralmente a pesci in faccia per opera di laici “cattolici” che come lei, Chiarissimo Professore, mostrano sì vere carenze, ma non sulla teologia, ch’è cosa parecchio profonda e seria, bensì sul Catechismo della Chiesa Cattolica, ch’è cosa altrettanto profonda e seria, il tutto con buona pace per i suoi ampi copia e incolla di fantascienza canonistica tratti dagli scritti dei circoli lefebvriani.

Respingo le accuse a me rivolte di «carenze filosofico-teologiche» non perché indignato, meno che mai perché da esse ferito, ma per il sacro rispetto che nutro verso il Vescovo che mi ha consacrato sacerdote e per il suo successore all’obbedienza del quale sono oggi filialmente sottomesso, posto che il primo non avrebbe mai consacrato sacerdote un adulto ignorante, il secondo non lo avrebbe mai lasciato proferire impunemente errori, specie considerando che i miei scritti sono letti da migliaia di lettori e non di rado tradotti anche in lingue diverse dall’originale italiano. Nel respingere certi addebiti ingiusti e privi di fondatezza non intendo quindi difendere la dignità mia — cosa che ripeto non m’interessa fare — ma quella del Vescovo che mi ha consacrato sacerdote e quella del Vescovo alla cui obbedienza  sono oggi sottomesso.

Ribadisco per questo che né il mio Vescovo — che come Sommo Maestro di Dottrina ha giurisdizione su di me, quindi precisi doveri di correzione e di richiamo nei miei confronti — né la Congregazione per la Dottrina della Fede sposerebbero mai questa accusa a me rivolta, che ripeto mi lascia del tutto indifferente. Se darmi però dell’ignorante lacunoso può allietare il microcosmo dei vostri cupi farisei e dei vostri pelagiani tristi, in tal caso faccia pure, sempre ammesso che lei trovi qualche cattolico disposto a prestarle ascolto al di fuori del vostro ghetto auto-referenziale, oltre il quale e fuori dal quale c’è il mistero della Chiesa con il suo Popolo in cammino, che lungi dal vivere immobile, o dal saltare come le rane sempre nella medesima pozzanghera d’acqua rafferma, abita in Cristo e procede ben oltre i vostri delimitati e limitanti recinti fatti di mille sofismi e di virgole soppesate in modo parossistico.

Il fatto che lei, o chi ha ispirato la sostanza del suo scritto, proclami su un celebre blog la pagliuzza delle mie annunciate ma non provate «carenze filosofico-teologiche», non dovrebbe in alcun modo esentare il suo ghost writer dal vedere la trave che Lei&Compagni portate conficcata nell’occhio, per esempio le sue effettive carenze teologiche, ecclesiologiche e canoniche che non sono mie mere opinioni ma dati racchiusi nei suoi scritti sconcertanti e mistificanti, perché strutturati principalmente su estrapolazioni operate in modo selvaggio dai contesti complessi e articolati dei pregressi documenti del Magistero antecendenti al “tremebondo” Concilio Vaticano II, o da brandelli de-contestualizzati tratti dalla letteratura degli antichi Padri della Chiesa di cui lei tende a fare maldestri collage per produrre effetto su quei semplici che — al contrario di me e di altri miei confratelli teologi — non hanno potuto dedicare anni della propria vita a studiare i testi patristici nella loro articolata interezza e negli originali greci e latini. Tutto questo la unisce in triste sodalizio a coloro che errano perché spinti dagli impulsi di quella superbia che impedisce loro di accettare un dato dogmatico elementare: la custodia della fede è affidata alla Santa Chiesa di Cristo che venera nella figura del Successore del Principe degli Apostoli l’espressione vivente del suo supremo custode e garante essendo lui chiamato a confermare i fratelli nella fede [Lc 22, 31-32]. È pertanto con severa amorevolezza pastorale e dottrinale che la ammonisco dicendole: chi è contro Pietro non è contro Jorge Mario Bergoglio, come crede lei e come credono i suoi sodali in pubblica e fiera eresia, ma è contro Cristo di cui Pietro, roccia edificante della Chiesa [cf. Mt 16, 18-19], svolge per sua divina volontà e mandato funzione vicaria: «Chi non è con me è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde» [Mt 12, 30].

Per sereno imperativo di coscienza sono tenuto a dirle che i suoi scritti sono un autentico ricettacolo di eresie, ed in breve le spiego perché: da anni lei rigetta pubblicamente in essi il magistero dell’ultimo mezzo secolo di storia ecclesiale, pone in discussione la autorevolezza di un Concilio Ecumenico  di cui rigetta le dottrine, il tutto con gravi e inaccettabili accuse di errore e di deviazione dalla Traditio catholica puntualmente rivolte a tutti i pontefici succedutisi sulla Cattedra di Pietro dal 1958 a oggi. Accuse, queste sue, rivolte con particolare durezza nei suoi numerosi articoli proprio a quei Sommi Pontefici che sono stati canonizzati o beatificati dalla Santa Chiesa di Cristo: San Giovanni XXIII, il Beato Paolo VI, San Giovanni Paolo II.

Riponga quindi nello scaffale certe teorie discutibili del vostro “divinizzato” Romano Amerio, così talentato e intelligente ma così cupo e privo di fiduciosa speranza, al quale riconoscete una “infallibilità” non riconosciuta invece ad un’intera assise ecumenica; e specie in questa Quaresima prenda in mano i quattro Vangeli, perché quelli e solo quelli sono Parola di Dio, non il Iota Unum di questo grande e talentato filosofo che ha prodotto anche non pochi danni quando ha principiato ad usare il proprio metro filosofico per fare il teologo e l’ecclesiologo che di fatto non è.

In spirito di fede, speranza e carità non cesserò di pregare con sacerdotale paternità affinché lei e la Signora Maria Guarini possiate correggervi da questi gravi errori che con vostra grande responsabilità diffondete quali false verità tra i credenti; errori che vi rendono chiusi all’ascolto e alle azioni della grazia di Dio; errori venefici nei quali vi state confermando gli uni con gli altri e che vi spingono in modo diabolico a considerare la Santa Chiesa di Cristo come la prima, la peggiore e la più grande nemica della vostra distorta ed erronea idea di fede e di Traditio catholica, sino a considerare e presentare il Successore di Pietro, supremo pastore e garante del depositum fidei, come un “distruttore” e un “falsificatore” delle verità di fede; e tutto questo fa di voi dei pericolosi eretici in quanto diffusori di velenosi errori tra il Popolo di Dio.

Questo agire è in parte stoltezza in parte aberrazione, specie per lei che nella sua veste di filosofo del diritto presume di riuscire a muoversi in modo agevole sul terreno di complesse e delicate dinamiche teologiche e di altrettante complesse e delicate discipline canoniche, che nei concreti fatti mostra però coi suoi pubblici scritti di non conoscere né bene né a fondo. Prendere poi per buone le “ragioni” dei lefebvriani che tentano di giocare su cavilli bizantini campati in aria e mirati soprattutto ad alterare la solare verità dei fatti e di come i fatti si sono palesemente svolti, sappia che può solo condurla sul baratro di quel farisaismo di cui questi soggetti sono naturali eredi. Quando infatti i farisei non poterono contestare al Signore Gesù il dato di fatto che aveva guarito dinanzi a numerosi testimoni un uomo cieco dalla nascita, volendolo comunque attaccare alterarono a tal punto la realtà sino ad accusarlo di avere compiuto un miracolo di sabato, giorno nel quale è proibito lavorare, quindi compiere persino miracoli [Gv 9, 16].

Vi affido quindi di nuovo alla misericordia di Dio con una preghiera speciale allo Spirito Santo in questa IV domenica di Quaresima.

 

 

Ariel S. Levi di Gualdo – presbitero

Dall’Isola di Patmos, 15 marzo 2015  – Domenica Laetare

rosone 1

Veni Creator Spiritus

Veni, creátor Spíritus,
mentes tuórum vísita,
imple supérna grátia,
quæ tu creásti péctora.

Qui díceris Paráclitus,
altíssimi donum Dei,
fons vivus, ignis, cáritas,
et spiritális únctio.

Tu septifórmis múnere,
dígitus patérnæ déxteræ,
tu rite promíssum Patris,
sermóne ditans gúttura.

Accénde lumen sensibus,
infúnde amórem córdibus,
infírma nostri córporis
virtúte firmans pérpeti.

Hostem repéllas lóngius
pacémque dones prótinus;
ductóre sic te prǽvio
vitémus omne nóxium.

Per Te sciámus da Patrem
noscámus atque Fílium,
teque utriúsque Spíritum
credámus omni témpore.

Deo Patri sit glória,
et Fílio, qui a mórtuis
surréxit, ac Paráclito,
in sæculórum sǽcula.

Altre brevi considerazioni sull’eresia lefebvriana

ALTRE BREVI CONSIDERAZIONI SULL’ERESIA LEFEBVRIANA

[…] se il Sommo Pontefice Paolo VI, come ha scritto e ribadito, dice al Vescovo Marcel Lefebvre che le sue idee sono «contro la fede» e lo invita a sottomettersi nell’obbedienza alla Chiesa e al Successore di Pietro, è evidente che intende accusarlo di eresia. Cos’è infatti l’eresia, se non una proposizione contro la fede derivante dal rifiuto di prestare obbedienza alle dottrine della Chiesa ed alla sua Suprema Autorità Apostolica? Come però di recente abbiamo visto, esistono “cattolici” che pur dinanzi a simili evidenze tentano di cavillare con futili sofismi, ma di fatto c’è poco da cavillare perché di futili sofismi appunto si tratta.

 

Autore Redazione dell'Isola di Patmos

Autore
Redazione
dell’Isola di Patmos

Il concetto di eresia si può esprimere con varie espressioni verbali equivalenti. Non ci si deve attaccare alle parole, ma badare al concetto; altrimenti si è degli ipocriti, dei farisei ottusi, oppure dei fanatici chiusi in se stessi.

farisei 2

«Fate bene attenzione e guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei» [Mt 16, 6]

Se per esempio affermiamo che Giuseppe non vive più, è chiaro che s’intende dire che è morto. È quindi presto detto che se il Sommo Pontefice Paolo VI, come ha scritto e ribadito, dice al Vescovo Marcel Lefebvre che le sue idee sono «contro la fede» [qui] e lo invita a sottomettersi nell’obbedienza alla Chiesa e al Successore di Pietro, è evidente che intende accusarlo di eresia. Cos’è infatti l’eresia, se non una proposizione contro la fede derivante dal rifiuto di prestare obbedienza alle dottrine della Chiesa ed alla sua Suprema Autorità Apostolica? Come però di recente abbiamo visto, esistono “cattolici” che pur dinanzi a simili evidenze tentano di cavillare con futili sofismi, ma di fatto c’è poco da cavillare perché di futili sofismi appunto si tratta.

Quanti per ciò asseriscono che in errore non era il vescovo eretico e scismatico Marcel Lefebvre bensì l’intera assisa ecumenica del Concilio Vaticano II, quindi il Santo Pontefice Giovanni XXIII, il Beato Pontefice Paolo VI, il Santo Pontefice Giovanni Paolo II, i Sommi Pontefici Benedetto XVI e Francesco in quanto a loro dire “responsabili” della continuità di questi “errori” derivanti niente meno che da un concilio ecumenico “solo pastorale” quindi “non dogmatico“, per la causa del quale la Chiesa sarebbe stata fatta scivolare addirittura nella “apostasia dalla fede” [vedere QUI], nell’affermare questo sono a loro volta eretici e diffusori di pericolose eresie, senza alcuna possibilità di cavillosi sofismi giustificatori sul piano teologico, metafisico ed epistemologico, se davvero vogliamo essere seri. Il Vaticano II, come più volte hanno scritto e spiegato i Padri Giovanni Cavalcoli e Ariel S. Levi di Gualdo nei loro vari articoli, anche se non ha sancito nuovi dogmi, secondo i principi ed i tre diversi gradi della infallibilità [cf. Ad tuendam fidem, QUI] ha sancito delle nuove dottrine vincolanti e non passibili di rigetto da parte di chicchessia [sui gradi della infallibilità, vedere il nostro precedente articolo QUI].

Pope Benedict XVI poses during a meeting with Roman Rota members at the Vatican

I giudici del tribunale ecclesiastico in udienza dal Sommo Pontefice

Anche se il Tal dei Tali è un eretico palese e manifesto, la Sede Apostolica, per motivi suoi, è libera di pronunciare o di non pronunciare un giudizio di eresia. Occorre dunque distinguere nei problemi di eresia quello che è il compito del teologo e quello che è il compito della Congregazione per la Dottrina della Fede. Si tratta infatti di due orientamenti o funzioni pastorali diversi e in qualche modo indipendenti l’uno dall’altro. La Sede Apostolica non ha mai sostenuto certe teorie ed ha lasciato sempre i teologi liberi di esprimere i loro pareri.

 

 

Rimprovero

quanti teologi andrebbero  rimproverati per il bene della Chiesa e dei fedeli?

La Sede Apostolica può rimproverare il teologo che si è sbagliato nel giudicare un altro come eretico; ma non proibisce affatto ad un teologo di rilevare in un altro i germi di un pensiero eretico. Quanto al teologo che venga accusato da un suo collega di eresia, egli deve guardarsi — cosa che invece purtroppo succede — dall’indignarsi come se egli fosse stato diffamato; tutt’altro, l’accusato deve esaminare gli addebiti che gli vengono fatti e comportarsi di conseguenza. Se gli addebiti sono giusti, dovrà correggersi; se invece sono errati sarà il teologo accusatore a doversi scusare o riparare il torto fatto.

Archbishop-Marcel-Lefebvre4

il vescovo scismatico Marcel Lefebvre

Ci si potrebbe chiedere se l’evidenziare il fatto che Marcel Lefebvre è un eretico può essere utile per ottenere il ritorno dei lefevriani. La Sede Apostolica fino ad adesso ha proceduto con troppa delicatezza e i lefevriani ne hanno approfittato per trascinare la controversia ad infintum.

La Sede Apostolica è stata finora troppo parca nell’usare il termine “eresia”, forse per non evocare oscuri fantasmi del passato? Questa eccessiva indulgenza, per non dire negligenza, ha finito però col permettere il sorgere, il risorgere ed il libero circolare di molte e svariate eresie, presentate da certi soggetti particolarmente aggressivi come “naturali” frutti del Concilio, dal collegio cardinalizio fino al sacrestano di una parrocchia di campagna; un Concilio che questi eretici palesi e manifesti indicano come “il male” e quindi come la “naturale” fonte e origine di tutti i mali.

È evidente che così non si può andare avanti, perché l’eresia pone ostacolo alla salvezza. Bisogna dunque tornare ad usare questo termine quando è il caso, in modo ben ponderato e vagliato; così come un medico coscienzioso fa la diagnosi di un carcinoma o di leucemia, con la differenza che da questi mali quasi sempre non si guarisce, mentre dalle eresie si guarisce.

ospedale da campo

assistenza religiosa in un ospedale da campo

Il timore di ripetere gli sbagli del passato non deve essere così elevato sino a spingere l’Autorità Ecclesiastica a non far niente od a tacere, altrimenti si compiono sbagli opposti e peggiori, come è chiaro oggi, invasi come siamo da una grande quantità di malattie e privi di medici che le curano.

La Chiesa, dice il Santo Padre, è un «ospedale da campo». D’accordo. Ma dove sono i medici? Non è che le eresie spariscono da sé per il fatto che non se ne parla o non vengono curate. Anzi, come dimostrano i fatti, le eresie aumentano e la parola finisce per essere usata a sproposito da scriteriati esasperati come è testimoniato per esempio dagli estremisti che oggi accusano addirittura il Sommo Pontefice di eresia, ed i suoi predecessori succedutisi sulla Cattedra di Pietro dal 1958 a seguire.

errore medico

errore medico …

Se un medico sbaglia una cura, forse che per questo dovrebbe smettere di fare il medico? L’uso pudico di circonlocuzioni per alludere all’eresia può essere utile in certe situazioni incandescenti, ma l’usarlo sistematicamente non ha per effetto, come è dimostrato dell’esperienza, altro che il dare il permesso a chiunque di abbracciare l’eresia sotto i più speciosi pretesti che tutti conosciamo.

.

rimprovero 2

il rimprovero è un atto di amore e di misericordia al quale la Chiesa non può e non deve all’occorrenza sottrarsi

Se applichiamo dovunque questo principio devastante, nessuno, dato che siamo tutti fallibili, dovrebbe fare più niente per la paura di sbagliare. Ecco perché forse è giunto il momento di affrontare in modo deciso la questione dottrinale sotto questa angolatura.

Occorre far capire una volta per tutte ai lefebvriani in buona fede, che amano la verità e vogliono sinceramente essere cattolici e rispettare la Tradizione, che sono vittime dell’eresia, sperando che ascoltino. Altrimenti bisogna avvertire chiaramente i fedeli del pericolo, perché questi falsi cattolici continuano a far proseliti aumentando l’odio contro Roma, contro il Successore del Principe degli Apostoli, contro il magistero e le dottrine del Concilio Vaticano II.

il rimprovero, la correzione dell’errore e la lotta contro l’eresia, è un atto di amore e di misericordia al quale la Chiesa non può e non deve all’occorrenza sottrarsi, in modo particolare durante il Giubileo della Misericordia, indetto dal Sommo Pontefice Francesco per l’anno 2015/2016.

.

___________________________________________________________________

.

ATTI E DOCUMENTI DELLA SANTA SEDE SUL CASO DELL’ERESIA LEFEBVRIANA

– «Lettre de S.S. Paul VI à Mgr Marcel Lefebvre», 29 juin 1975 [testo QUI]

– Lettera Apostolica di S.S. Paolo VI, «Nuova ammonizione a S.E. Mons. Marcel Lefebvre», 8 settembre 1975 [testo, QUI]

– S.S. Paolo VI, «Lettera a Mons. Marcel Lefebvre», 15 agosto 1976 [testo QUI]

– Discorso di S.S. Paolo VI «Sulla dolorosa vicenda di Mons. Marcello Lefebvre», 1° settembre 1976 [testo QUI]

– «Lettera Apostolica Ecclesia Dei» del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II in forma di motu proprio, 2 luglio 1988 [testo QUI].

– Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, nota esplicativa «Sulla scomunica per scisma in cui incorrono gli aderenti al movimento del Vescovo Marcel Lefebvre», 24 agosto 1996 [testo QUI].

– Congregazione per i Vescovi: «Decreto di remissione della scomunica latae sententiae ai Vescovi della Fraternità di San Pio X», 21 gennaio 2009 [testo QUI]

– «Nota della Segreteria di Stato circa i quattro Vescovi della Fraternità di San Pio X», 4 febbraio 2009 [testo QUI]

Lettera del Santo Padre Benedetto XVI ai Vescovi della Chiesa Cattolica riguardo alla remissione della scomunica ai 4 Vescovi consacrati dall’ Arcivescovo Lefebvre [testo, 10 marzo 2009 QUI].

Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

La questione dell’eresia e degli eretici, ieri e oggi

LA QUESTIONE DELL’ERESIA E DEGLI ERETICI, IERI E OGGI

Qualunque fedele ben saldo nella fede, sensibile al bene delle anime, bene informato del caso, può pronunciare, con prudenza e dopo attento esame, la nota di eresia a carico di un altro fedele; può anche denunciarlo, se crede e se ciò può servire al bene dell’eretico e a quello dei fedeli […]

 

Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

eresia la questione della eresia oggi

l’opera del teologo domenicano Giovanni Cavalcoli, La questione dell’eresia oggi [vedere QUI]

Un termine delicato ma importante del linguaggio cristiano, da usare con prudenza, nelle dovute circostanze e con cognizione di causa, è quello di “eresia”, la quale consiste in generale nella scelta (àiresis, αἵρεσις) di una proposizione falsa nel campo della dottrina della fede o nella soppressione o negazione o dubbio volontari di qualche verità di fede. Ora, siccome la fede è verità, l’eresia è una proposizione falsa contro la dottrina della fede. L’eretico non accoglie con vera fede (fides qua) tutto quanto (fides quae) la Chiesa, a vari livelli di autorità, ci dà a credere come è contenuto nel deposito della divina Rivelazione, le cui fonti sono la Scrittura e la Tradizione. Egli invece fa una cernita arbitraria; ossia, ritenendosi magari direttamente illuminato da Dio, sceglie soggettivisticamente tra i contenuti della fede solo quelli che gli piacciono o gli fanno comodo o trova conformi alla sua ragione. Il che denota la mancanza di una vera fede, anche se il soggetto accetta gli altri contenuti, perchè chi crede, accoglie con fiducia tutto quello che l’autorità gli rivela. Viceversa, è precisamente quando si tratta di dati univoci od omogenei alla ragione, che la ragione ha il diritto e il dovere di fare un vaglio in base ai suoi princìpi e al suo metodo e di assumere solo ciò che è conforme a ragione e può essere intuìto o dimostrato dalla ragione. Invece le verità di fede non contrastano con la ragione, ma le sono però superiori, in quanto verità divine, cosicchè, se può esservi armonia tra ragione e fede, dato che l’una e l’altra si fondano in Dio, tale armonia non consente alla ragione di rendersi evidenti quelle verità, che restano certissime, ma per lei misteriose e trascendenti.

giovanna arco

Giovanna d’Arco guidò le armate francesi contro quelle inglesi durante la guerra dei cent’anni. Catturata dai Borgognoni fu venduta agli inglesi che la processarono per eresia. Il 30 maggio 1431 fu arsa viva al rogo. Nel 1456 il Pontefice Callisto III dichiarò nullo quel processo. Nel 1909 fu beatificata dal Santo Pontefice Pio X e canonizzata nel 1920 dal Pontefice Benedetto XV.

Questa incongruenza dell’intelletto dell’eretico con la verità e quindi la sua nozione falsa, che peraltro a lui appare vera, può essere cosciente e intenzionale, oppure può essere inconsapevole e involontaria. Nel primo caso si dà una colpa grave, perchè sopprime o falsifica la fede sotto l’angolo di quella proposizione. E poichè ogni verità di fede è necessaria alla salvezza, un’eresia compromette la salvezza, anche se si tratta di una sola proposizione, così come basta un solo peccato mortale per togliere la grazia. Così similmente in un organismo, qualunque corruzione o disfunzione di un organo vitale, anche se gli altri restano sani, provoca la morte del soggetto.

Nel secondo caso il soggetto non sa di essere nell’errore, per cui non ne ha colpa. Supponendo che egli ami la verità, se viene illuminato, facilmente si corregge. Invece l’eretico volontario, siccome è attaccato al suo errore, anche se confutato, persiste nel restargli attaccato in quanto preferisce il suo giudizio a quello della Chiesa, che lo avverte della sua eresia, che egli continua a professare non per amore della verità, ma perchè gli fa comodo o per superbia o per altri interessi estranei all’amore per la verità.
L’eretico non è semplicemente chi nega una verità di fede o un dogma, ma è il cattolico che tradisce la fede passando all’eresia. Per questo, quei soggetti, come per esempio i protestanti, che nascono in un ambiente protestante e ricevono un’educazione protestante, benchè nelle loro dottrine siano contenute oggettivamente delle eresie, non possono propriamente essere denominati “eretici”, ma, secondo l’espressione coniata da San Giovanni XXIII, ed entrata nell’uso, sono “fratelli separati“, Essi, come insegna il Concilio, appartengono alla Chiesa, ma senza essere in piena comunione, per cui la Unitatis Redintegratio auspica che essi un giorno entrino nella Chiesa cattolica [vedere QUI].

eretici donatisti

Sant’Agostino disputa con gli eretici donatisti, dipinto di Carl Van Loo (1753)

L’eresia si oppone alla verità rivelata o di fede, sia essa la Parola di Dio, sia il dogma o sia la dottrina della Chiesa. Essa dubita del vero e sospetta il falso; scambia il vero col falso e il falso col vero; l’apparenza con la verità e la verità con l’apparenza; relativizza l’assoluto ed assolutezza il relativo; rende mutevole l’immutabile ed immutabile il mutevole; confonde ciò che è distinto; oppone ciò che è unito; prende la parte per il tutto (“ideologia”) e il tutto per la parte.
Il Nuovo Testamento, pur ritenendo inevitabili le eresie a causa della debolezza e della malizia umana [I Cor 11,19], considera le eresie come “dottrine diaboliche” [I Tm 4,1] e mette in guardia contro gli eretici [Tt 3,10]. L’eretico «rifiuta di volgersi alla verità per dare ascolto alle favole» [II Tm 4,4]. È un “anticristo” che si separa dalla comunità cristiana [I Gv 2,19]. L’eresia è una sapienza “terrena, carnale, diabolica” [Gc 3,15]. San Giovanni è severo contro gli eretici: occorre star lontani da loro: «chi va oltre e non si attiene alla dottrina di Cristo, non ricevetelo in casa e non salutatelo; poichè chi lo saluta, partecipa delle sue opere perverse» [II Gv 11].

eretici giordano bruno

la celebre statua eretta in onore di Giordano Bruno in Campo dei Fiori a Roma dopo l’Unità d’Italia. Il Bruno subì un lungo processo a partire dal 1592. Nel 1599 il tribunale dell’inquisizione lo invitò ad abiurare sette proposizioni eretiche. Dopo la condanna fu fatto trascorrere un altro anno durante il quale l’invito fu più volte ripetuto. I giudici dell’inquisizione, oltre a condannare le sue eresie, per anni cercarono di salvarlo.

La Chiesa sin dagli inizi, nei decreti dei Papi e dei Concili, dopo un opportuno avvertimento all’eretico, se questi non si correggeva, si è sempre premurata di segnalare gli eretici alla comunità ed eventualmente di punirli, affinchè stesse in guardia ed evitasse il loro errore. Un provvedimento disciplinare canonico è la scomunica, il cosiddetto anàthema sit, la quale ha il compito di chiarire che l’eretico, a causa della sua eresia, non può essere considerato come membro di quella comunità, che è fondata su quella verità che egli rifiuta. Tuttavia la Chiesa, anche nel caso degli eretici, non sempre ricorre alla scomunica, ma possiede anche altri mezzi e modi per stimolare ed indurre il peccatore al pentimento e ad abbandonare il suo errore.

Mentre tuttavia una scomunica può essere tolta, quando la Chiesa condanna un’eresia, come è dimostrato dalla storia stessa [vedere QUI], non ritira mai la sua sentenza [vedere QUI, QUI], perchè è da ritenersi che la Chiesa sia infallibile in questo tipo di giudizi, che toccano, sia pur sub contrario, la dottrina della fede.

Nel diritto canonico l’eresia si configura come un crimine o un delitto, che quindi può essere punito dietro regolare processo, avviato a seguito di denuncia sporta alla competente autorità giudiziaria ecclesiale, da quella episcopale a quella romana. Oggi i processi per eresia sono molto rari. I pastori preferiscono interventi meno formalizzati e più morbidi o duttili, a seconda dei casi, promovendo le buone qualità dell’eretico e mirando più che alla punizione, alla correzione. Questo stile più evangelico e più rispettoso della persona dell’eretico e fiducioso nelle capacità di autodifesa di un popolo di Dio dovutamente informato in quelle verità che sono negate dall’eretico, trae origine dalla riforma pastorale e canonica promossa dal Concilio Vaticano II, il quale, pur condannando gravi errori del mondo moderno, non pronuncia mai la parola “eresia” preferendo espressioni equivalenti. E neppure esistono i tradizionali canoni contro gli eretici.

eresia ario

antico affresco raffigurante l’eresiarca Ario

L’eresia nel senso più forte è la negazione di un dogma solennemente ed esplicitamente definito [dottrina ex cathedra]. Ma siccome il Magistero della Chiesa insegna infallibilmente le verità di fede o connesse alla fede anche a due livelli o modalità inferiori di autorevolezza, come per esempio è avvenuto per le dottrine del Concilio Vaticano II [vedere mi precedente articolo QUI], chi non accettasse queste dottrine di autorità inferiore, certamente non peccherebbe contro la fede divina e quindi non potrebbe essere considerato propriamente eretico; e tuttavia il suo errore potrebbe essere qualificato come “prossimo all’eresia” (haeresi proximum), in odore di eresia (haeresim sapiens) o quanto meno disobbediente al Magistero autentico della Chiesa: offensivo delle pie orecchie (piis auribus infensum).

eretici agostino pietro della francesca

Sant’Agostino in una raffigurazione di Pietro della Francesca. L’Ipponate fu strenuo nel combattere l’eresia di Pelagio

Qualunque fedele ben saldo nella fede, sensibile al bene delle anime, bene informato del caso, può pronunciare, con prudenza e dopo attento esame, la nota di eresia a carico di un altro fedele; può anche denunciarlo, se crede e se ciò può servire al bene dell’eretico e a quello dei fedeli, al Vescovo o alla Congregazione per la Dottrina della Fede [vedere nostro precedente articolo QUI]. Non è quindi necessario considerare eresie o eretici solo quelle dottrine o coloro che sono stati esplicitamente condannati dalla Chiesa. Certo, di queste eresie si può avere assoluta certezza e il condannarle da parte nostra può dare gran forza al nostro giudizio. Ma nessuno ci impedisce, anzi l’amor Christi che urget nos, ci spinge a prender nota delle eresie che sono in circolazione, e sono parecchie, per vedere che cosa si può fare per porvi rimedio.

Indubbiamente il vaglio e il discernimento delle eresie non è facile. Occorre avere un grande amore per la verità ed essere animati da una grande carità: occorre essere ben preparati nella dottrina cattolica e saper interpretare i detti e gli scritti degli altri. Occorre sforzarsi di interpretare in bene, a meno che l’errore non sia evidente. Occorre sempre però, in linea di principio, mettere in conto di potersi sbagliare nell’interpretare o nel giudicare: o troppo severi o troppo miti. Una proposizione che appare ereticale ut littera sonat, ossia secondo il significato oggettivo, proprio e coerente delle parole, potrebbe non essere eretica nelle intenzioni e nel significato inteso dall’autore, che non si è espresso bene o con proprietà di linguaggio, ma intendeva dire un’altra cosa che, a conti fatti, è ortodossa.

eretici farinata dante

Farinata illustra a Dante la condizione degli eretici condannati a dannazione eterna

La Chiesa condanna sempre, quando lo fa, un’eresia ut littera sonat, ossia nel significato letterale, in quanto oggettivamente reca danno ai fedeli e suscita adepti, magari senza fare il nome dell’autore, per non affrontare la questione a volte spinosa di cosa intendeva dire esattamente l’autore, ma la cosa da un punto di vista pastorale non interessa. L’importante è che i fedeli vengano preservati dall’errore e sappiano qual è la verità opposta.

La Chiesa fa il nome dell’autore, quando si tratta di una dottrina sua propria o intende censurare l’esponente principale o l’iniziatore di un movimento ereticale o quando gli aderenti di tale movimento eventualmente sono astuti nel declinare o nascondere la loro responsabilità. Oggi però la Chiesa evita spesso di fare il nome, onde impedire un’esagerata opposizione all’eretico, che ne misconoscerebbe le qualità, che possono essere anche grandi e benefiche per altri versi.

eresia rosmini

il Beato Antonio Rosmini

Oggi però soprattutto — si veda per esempio il caso del Beato Antonio Rosmini — la Chiesa, valendosi di più progrediti metodi e mezzi dell’ermeneutica, come per esempio il metodo della contestualizzazione, della storicizzazione, o della varietà dei linguaggi e dei modi espressivi o la stessa psicologia dell’autore, cerca di mettere in luce eventuali buone intenzioni o buona fede dell’autore, così da scagionarlo almeno dall’eresia “formale”, ossia colpevole e da ammettere solo un'”eresia materiale”, inconscia ed involontaria, che salva l’innocenza dell’autore.

eretici luterro 95 tesi

Martin Luther affigge 95 tesi sul portale della chiesa di Wittenberg. Forse nessuno gli aveva mai spiegato che la porta della chiesa rappresenta “Cristo porta della salvezza” e “porta del gregge“, se lo avesse appreso, avrebbe cercato altro luogo per piantare chiodi ed eresie …

Non si può ammettere invece che la Chiesa si sbagli nell’interpretare il pensiero di un autore, sì da condannarlo erroneamente per eresia. L’dea quindi di certi falsi ecumenisti, secondo la quale il Concilio di Trento non avrebbe capito Lutero è assolutamente falsa e il tentativo di presentarlo come cattolico incompreso è pure causa assolutamente persa, dopo cinque secoli di studi dottissimi ed numerosi interventi del Magistero a suo riguardo.

L’ecumenismo voluto dal Concilio è certo una benedizione e un dono dello Spirito Santo, in quanto accordo tra cattolici e protestanti nelle verità che sono rimaste comuni; ma non facciamone il cavallo di Troia per far entrare le eresie di Lutero all’interno della Chiesa, chè questa non sarebbe più opera dello Spirito Santo, ma del demonio. E ne abbiamo già la prova dalla confusione creata dai modernisti, i quali, come già osservava San Pio X nella Pascendi dominici gregis, sono allievi dei protestanti [vedere nostri articoli precedenti QUI, QUI]. Semmai, sono questi falsi ecumenisti, che non hanno capito nè Lutero nè il Concilio di Trento. Ma essi stanno recando un grave danno, in quanto impediscono che oggi l’autorità ci ricordi le eresie di Lutero. Ma se circolano come circolano le eresie luterane, sotto mentite spoglie, senza che l’autorità intervenga, ciò non toglie che esse restino eresie; tuttavia non si può escludere che in certi casi il mancato intervento dell’autorità sia motivato da ragioni valide, come per esempio l’opportunità o l’evitare un male maggiore e però anche da motivi meno nobili, come la negligenza o il rispetto umano.

eretici giudici rotali

assisa dei giudici del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica

Considerando i contenuti ereticali o supposti tali o para-ereticali, occorre stabilire l’entità o la portata o il peso dell’errore, a quale grado di autorità della Chiesa esso si oppone, di quanto si allontana dalla verità, il danno che esso provoca, quelle che tradizionalmente si chiamano le “note teologiche”. Il supposto errore si oppone a un dogma o solo a una dottrina della Chiesa o solo a un’opinione teologica? Una volta accertata l’entità dell’errore, occorre innanzitutto tentare di persuadere l’eretico a tu per tu, come prescrive il Vangelo. La denuncia pubblica dell’errore va fatta solo se l’eretico rifiuta la correzione e se la sua eresia seduce molti. Per una piccola fiammata possono bastare due secchi d’acqua. Ma per un incendio, bisogna chiamare i pompieri. Per questo Cristo dice che, se il fratello non ascolta nel colloquio privato o nel trattare la cosa tra due o tre, occorre avvertire la Chiesa [cf. Lc 17, 1-4; Mt 18, 15-17].

L’eresia non è una semplice opinione contraria che non scalfisce l’unità della fede, ma essa invece corrompe la fede. Guai a eresiaq opinionitrattare da eretico chi semplicemente ha un’opinione contraria o diversa! Ma anche guai a lasciar correre eresie che mandano in perdizione le anime sotto pretesto della libertà di pensiero o di pluralismo teologico! Certezza teologica e certezza di fede sono due cose ben diverse. Oggi si tende a ridurre tutto ad opinione, anche le certezze di fede: per questo, se qualcuno cade nell’eresia, si pensa semplicemente che abbia un’opinione diversa. Non si dà peso al fatto che un certo modernismo e un certo tradizionalismo retrivo sono eresie. Oppure avviene il contrario: chi la pensa diversamente da me è un eretico. Occorre recuperare i criteri oggettivi per le valutazioni e non lasciarsi trasportare dai pregiudizi, dall’emotività e dalla faziosità. Altrimenti, che cattolici, che “universali” siamo, se ognuno vuol tirare il sacro nome di cattolico dalla sua parte?

eresia errore

sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico

Occorre distinguere l’errore in campo teologico o esegetico dall’eresia. Il teologo e l’esegeta si occupano certo della dottrina della fede o della Chiesa, ma mediante la loro scienza, la quale certamente è fondata su princìpi di fede e sui dogmi; ma la teologia e l’esegesi costruiscono il loro sapere mettendo in opera e avvalendosi di mezzi e metodi cognitivi elaborati dalla ragione.
Ciò comporta il fatto che la ragione, essendo fallibile, può sbagliare in due modi: o all’interno del suo stesso procedere, e allora abbiamo l’errore; oppure in quanto la ragione interpreta la verità di fede, il dato biblico o dogmatico, e allora abbiamo l’eresia. Se per esempio un esegeta si sbaglia nell’ubicare una città o nell’interpretare la natura di uno strumento musicale dell’Antico Testamento, senza che ciò entri nel merito della dottrina della fede, questo è un semplice errore esegetico. Se invece dovesse affermare che gli angerli nella Sacra Scrittura sono meri personaggi simbolici e fantastici, è chiaro che cadrebbe nell’eresia.

E così pure, se un teologo preferisse dividere l’ente in ente finito ed ente infinito piuttosto che in ente per essenza ed eresia imparare dagli erroriente per partecipazione, ciò non comprometterebbe la dottrina della fede. Ma se dovesse risolvere la persona umana nella relazione, metterebbe in pericolo il dogma della Santissima Trinità, per il quale solo la Persona divina è relazione sussistente. E se non cade nell’eresia formalmente e direttamente, vi cade indirettamente e per conseguenza (propositio haeresi proxima).

L’eresia propriamente è una tesi ribelle alla dottrina della Chiesa interprete infallibile della Parola di Dio. Ma esiste un errore contro la fede ancora più grave, il massimo grado dell’errore: la bestemmia, che è l’insulto verbale alla stessa Parola di Dio, ossia a Dio, a Cristo e alla sua dottrina, con l’attribuzione a Dio o a Cristo di epiteti o attributi sprezzanti, offensivi e ingiuriosi. Alla bestemmia, nella prassi, specie liturgica e sacramentale, corrisponde il sacrilegio o l’empietà.

dogma assunzione

cliccare sopra l’immagine per visionare il filmato

Si danno dunque quattro gradi di autorità nella dottrina della fede e per corrispettivo di ribellione alla verità di fede: il grado massimo è la Parola di Dio, alla quale si oppone la bestemmia. Al di sotto della Parola di Dio, che esce dalla stessa bocca di Cristo, vi sono poi gli insegnamenti della Chiesa: il grado più elevato è il dogma definit (ex cathedra), oggetto del Magistero straordinario (Papa e Concili) e di solenne definizione (de fide credenda).

Sotto il dogma c’è la dottrina prossima alla fede, oggetto del Magistero semplice ed ordinario (il Papa con i vescovi sparsi nel mondo); contiene le verità logicamente connesse, dedotte o presupposte, al dogma (de fide tenenda). A questo grado si oppone la dottrina prossima all’eresia. Al grado più basso abbiamo il semplice Magistero autentico, che tratta sempre di fede, ma di ciò che la Chiesa deduce o ricava dalla sua stessa dottrina. E quindi anch’esso è infallibile, però ad esso si deve il religioso ossequio della volontà. L’errore contrario è la disobbedienza al Magistero della Chiesa.

congregazione della dottrina della fede

La Congregazione per la Dottrina della Fede

Chi oggi si occupa o s’interessa di eresie, chi cerca di individuarle e correggerle, chi esprime giudizi su di esse, chi formula accuse, rilievi o note di eresia; al limite il solo parlare seriamente di eresie che non siano quelle dei primi secoli, è spesso malvisto soprattutto negli ambienti modernisti. Si vede subito in lui con una certa ironia o con fastidio il cacciatore di streghe, il cerbero inesorabile, l’aggressore dei mulini a vento, un patetico residuo del passato, l’ansioso inseguitore di fantasmi, l’avanzo dell’Inquisizione, la mente rigida incapace di elasticità o duttilità, la mente ristretta di chi vede il nemico nel diverso, il tradizionalista retrogrado, il presuntuoso intollerante e senza misericordia, chiuso nelle proprie idee superate, invidioso di chi ha successo, il pedante che cerca il pelo nell’uovo, il fariseo che pretende di giudicare gli altri, colui che mira a dominare le coscienze, l’aspirante vescovo tosatore del gregge.

dominus jesus

cliccare sull’immagine per leggere il testo della Dichiarazione Dominus Jesus

In nome di un malinteso ecumenismo, di una falsa libertà religiosa, e di un dialogo a tutto campo, abbiamo perduto la coscienza dell’universalità oggettiva della verità come bene vitale comune. Siamo ancora sensibili, grazie a Dio, alla sofisticazione dei cibi, al pericolo delle epidemie, alla falsificazione della moneta, giustamente tutti assieme cerchiamo di rimediare a questi mali, consapevoli della loro oggettività. Quando invece si tratta di idee, di dottrine, di contenuti intellegibili, di verità di ragione o di fede, ecco comparire il mostro piacevole del soggettivismo e del relativismo e quindi il menefreghismo per i pericoli nostri e degli altri.

 

Cop_SanTommaso

una interessante opera su San Tommaso d’Aquino [vedere QUI]

Quanta consapevolezza invece aveva la cristianità medioevale del danno arrecato a tutti dall’eresia. Non per nulla si parlava di “peste ereticale”. E San Tommaso non esitava appunto a paragonare la falsificazione della fede alla falsificazione della moneta. Quale senso del peso delle realtà spirituali nel bene come nel male! Quale viva percezione dell’importanza della fede nella nostra vita! Quale coscienza della fede come bene comune! Si parla molto di verità e di fede. E ciò va senz’altro bene. Ma si parla poco o non si sa parlare nel dovuto modo di eresia. Non ci siamo ancora liberati dai fantasmi del passato, che pesano su questa fatidica parola. Alcuni forse vorrebbero toglierla dal vocabolario; ma è sbagliato. La Chiesa la usa ancora e la userà sempre. Si tratta di imparare o reimparare ad usarla. Anzi è del tutto auspicabile che la Chiesa organizzi dei centri di ricerca, di raccolta di dati, e di cura delle eresie, così come in campo medico esistono poderose organizzazioni e strutture che studiano e risolvono in équipe e scientificamente i problemi della salute.

eresia ritrattazione eretico

raffigurazione pittorica della ritrattazione dell’eretico dinanzi al Sommo Pontefice

Perchè mai notiamo i più lusinghieri progressi, con la presenza di personale altamente specializzato, nel campo della cura della salute fisica, per cui esistono tante strutture, tanta serietà e competenza, mentre nel campo della vita spirituale e in particolare dei problemi riguardanti la verità e le sue contraffazioni sembra regnare l’indifferenza, il dilettantismo, l’arretratezza e il pressapochismo? Non solo alla Santa Sede e nelle grandi istituzioni accademiche, ma in ogni diocesi, in ogni parrocchia, in ogni istituto religioso, in ogni centro culturale laico cattolico dovrebbero esistere uffici e servizi ben forniti, per aiutare i fedeli nel discernimento e a difendersi o a difendere gli altri dal veleno dell’eresia. È giunto il momento di parlare dell’eresia con serietà, con serenità, con oggettività, con senso di responsabilità, con pastoralità, in un clima di carità e di servizio fraterno, senza ironie, senza ansietà e senza isterismi, un po’ come il medico parla dell’influenza o del vaccino contro il morbillo.

eresia lefebvre consacra i vescovi

eresie ed eretici moderni: il vescovo scismatico Marcel Lefebvre consacra illecitamente quattro vescovi in disobbedienza a Roma, da lui dichiarata “caduta in apostasia” a causa delle “dottrine eretiche” del Concilio Vaticano II [vedere i filmati QUI e QUI]

Certo l’eresia è una cosa seria, ma appunto perchè tale, occorre riprendere a parlarne con serietà, calma e cognizione di causa, senza lasciarla in mano alle sette o agli estremisti, che ne squalificano e distorcono il significato, se ne servono per divorarsi tra di loro e per affermare una meschina dominazione sulla coscienza degli altri. Operare contro l’eresia per la vittoria della verità e quindi per la salvezza delle anime, non è cosa da poco.

Occorre un forte equipaggiamento non solo culturale, ma anche spirituale, perchè, oltre a dover lottare contro l’ignoranza, la malizia e la dabbenaggine umane, si tratta di far fronte anche alle insidie del padre della menzogna; dal che torna assai consigliabile, se non necessario, ricorrere all’intercessione di Maria Santissima, vincitrice di tutte le eresie.

Varazze, 6 marzo 2015

Risposta a un articolo di Maria Guarini: “Convertiti e credi al Vangelo”.

RISPOSTA A UN ARTICOLO DI MARIA GUARINI: «CONVERTITI E CREDI AL VANGELO»

[…] le disposizioni di S.E. Mons. Marcello Semeraro, Vescovo della Diocesi Suburbicaria di Albano Laziale, relativamente alla frequentazione di fedeli alla Fraternità San Pio X, sono pienamente legittime e comprensibili, quindi il suo «Reditus» non è «improprio, infondato e insostenibile», tutt’altro, è doveroso.

[VEDERE QUI L’ARTICOLO DI MARIA GUARINI]

Giovanni Cavalcoli, OP
Ariel S. Levi di Gualdo

Pope Francis receives ashes from Cardinal Tomko during Ash Wednesday Mass at Basilica of Santa Sabina in Rome

il Cardinale Jozef Tomko impone le ceneri sul capo del Sommo Pontefice Francesco.

Cara Signora Maria Guarini,

non possiamo esimerci dal risponderle nel merito sulla sua interpretazione soggettiva circa il perché Monsignor Antonio Livi abbia lasciato il nostro sodalizio. Vorremmo quindi precisare in risposta a quanto da lei scritto nel suo Blog molto noto e seguito [vedere QUI], che la nota di eresia alle critiche fatte dal Vescovo Marcel Lefebvre alle dottrine del Concilio Vaticano II si evince facilmente dalle dichiarazioni fatte dal Beato Pontefice Paolo VI, dal Santo Pontefice Giovanni Paolo II e dal Sommo Pontefice Benedetto XVI, tutte riportate di recente in un articolo firmato da Ariel S. Levi di Gualdo sulla nostra rivista telematica L’Isola di Patmos [vedere QUI].

Motivo questo per il quale, le disposizioni di S.E. Mons. Marcello Semeraro, Vescovo della Diocesi Suburbicaria di Albano Laziale, relativamente alla frequentazione di fedeli cattolici alla Fraternità San Pio X, sono pienamente legittime e comprensibili, quindi il suo «Reditus» non è «improprio, infondato e insostenibile», come lei asserisce, tutt’altro, è doveroso.

Quanto all’espressione «riammissione nella Chiesa» usata dal Vescovo di Albano Laziale e riguardo la quale lei questiona in modo improprio sul piano ecclesiale, canonico e pastorale, le facciamo presente ch’essa è giustificata dal fatto ch’è rivolta in modo coerente e pertinente a cattolici che hanno abbandonato la comunione ecclesiale col Romano Pontefice.

Pertanto, il paragone che lei fa con i non-cattolici, dei quali parla la Unitatis redintegratio, non può reggersi affatto in piedi. Si afferma infatti lì, al n. 4 [vedere QUI], che i non-cattolici devono essere «pienamente incorporati nella Chiesa cattolica». Il che è diverso. Esiste infatti una differenza di espressioni motivata dal fatto che, mentre i lefebvriani erano cattolici, che hanno abbandonato la comunione ecclesiale, i non-cattolici dei quali parla questo documento sull’ecumenismo, sono nati non-cattolici, per cui non devono tornare ma entrare nella Chiesa Romana.

Il fatto che alti prelati abbiano di recente avuto contatti con i lefebvriani è motivo di sincero compiacimento per ogni buon cattolico e mostra la premurosa maternità della Chiesa cattolica verso questi figli dispersi che per adesso seguitano a perseverare nell’errore; ma si tratta di contatti che non vanno assolutamente interpretati nel senso che Roma si sia rassegnata ad avallare le eresie della Fraternità di San Pio X.

Con tutto il più sincero bene ci sentiamo infine obbligati a esortarla ad abbandonare la strada che ha intrapreso. Il suo continuo, puntiglioso ed errato questionare sulla legittimità delle dottrine del Concilio Vaticano II e del Magistero della Chiesa degli ultimi cinquant’anni; il suo offrire spazio e cassa di risonanza a centinaia di commenti di “cattolici” intrisi di livore che in forme spesso anche ingiuriose sprezzano l’Autorità della Chiesa ed il Romano Pontefice, reca anzitutto grave danno alla salute della sua anima e, per suo tramite, a numerose altre anime che possono assimilare e perseguire come giusta via simili gravi errori e deviazioni dalla fede cattolica apostolica romana.

In questo momento di grande riflessione e purificazione quaresimale la preghiamo di meditare sulle gravi responsabilità che lei seguita ad assumersi perseverando nell’errore ed inducendo nell’errore anche altre anime. È un forte gravame questo di cui si sta caricando, con seri rischi per la salute della sua anima che un giorno sarà chiamata dinanzi al giudizio di Dio.

Agli inizi di questa Quaresima, imponendo le ceneri sulle teste dei fedeli, noi sacerdoti abbiamo pronunciato su di loro la frase: «Convertiti e credi al Vangelo». Cessi dunque di credere solo alle ragioni di se stessa, cominci a credere veramente al Vangelo ed a servire quanto prima la Santa Chiesa di Dio in verità e giustizia, non prosegua come sta facendo a lottare contro la Chiesa, la sua dottrina ed il suo magistero in nome della sua idea soggettiva di Chiesa. La sua idea soggettiva di Chiesa non è la Chiesa di Cristo, glielo esprimiamo in scienza e coscienza, ma soprattutto glielo esprimiamo in tono di supplica come pastori preposti per sacramento di grazia alla cura del Popolo di Dio, per il bene e per la salvezza della sua anima e delle tante anime che per suo tramite possono cadere nell’abisso dell’errore, perseverando ostinatamente nel quale si potrebbe correre il serio rischio di consegnarsi liberamente al fuoco della Geènna.

Ubi Petrus, ibi Ecclesia.

Giovanni Cavalcoli, OP – Ariel S. Levi di Gualdo

dall’Isola di Patmos, 4 marzo 2015

Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

I compiti del Sommo Pontefice ed i gradi della infallibilità

I COMPITI DEL SOMMO PONTEFICE ED I GRADI DELLA INFALLIBILITÀ

.

Secondo la nota esplicativa della Congregazione per la dottrina della Fede alla Lettera Apostolica Ad tuendam fidem di San Giovanni Paolo II del 1998, l’infallibilità pontificia nell’insegnare le verità di fede si pone su tre gradi di autorevolezza: un massimo, un medio, un minimo. Se quindi il Sommo Pontefice enuncia una nuova dottrina che tocchi direttamente o indirettamente la verità di fede, perché la spiega o la commenta, anche se in questa circostanza non ci sono le condizioni dettate dal Concilio Vaticano I, non per questo l’insegnamento del Sommo Pontefice non è infallibile […]

.

.

Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

.

.

Pietro rubens

Ubi Petrus, ibi Ecclesia

Dopo aver ascoltato la professione di fede di Simone «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» [cf. Mt 16,16], Nostro Signore Gesù Cristo ha voluto edificare la sua Chiesa sulla roccia, e questa roccia è Pietro. Il che vuol dire che Cristo concepisce la “sua” Chiesa, ossia la Chiesa da Lui progettata, voluta, istituita, la nuova Assemblea o Convocazione (קהל, qahàl) di Israele, come un edificio ben fondato, robusto, resistente ad ogni attacco nemico ed incrollabile: «Le forze degli inferi non prevarranno contro di essa» [cf. Mt 16,18]. Nessuno, nel corso della storia fino alla fine del mondo, potrà mai mutare, falsificare o distruggere l’essenza e quindi l’esistenza della Chiesa. Questo non vuol dire che periodicamente la Chiesa, per il suo aspetto umano, non abbia bisogno di essere riformata; non nel senso tuttavia che essa, deviando dalla sua essenza o dalla sua forma, sì da divenire deforme, abbia bisogno di recuperare la sua forma essenziale. Questa forma infatti è immutabile e incorruttibile ed è mantenuta in essere nella sua identità dall’assistenza dello Spirito Santo. La forma della Chiesa può chiarirsi, consolidarsi, irrobustirsi o migliorarsi lungo i secoli — questa è opera speciale dei Concili ecumenici —, ma non può sostanzialmente mutare.

.

popolo in cammino

la Chiesa è un popolo in cammino

La Chiesa certo conosce un divenire nella sua storia, che però non intacca la sua essenza o costituzione fondamentale — il cosiddetto “diritto divino” —, che Cristo ha voluto darle. Essa conosce alti e bassi, periodi di decadenza o di ripresa, periodi di stasi o di progresso, di crescita o di diminuzione, di espansione o di restringimento. Essa sa conservare l’essenziale e il perenne senza cadere nel conservatorismo e sa rinnovarsi e progredire senza cadere nell’evoluzionismo o nel modernismo, secondo il quale la Chiesa non ha un’essenza fissa concettualmente definibile una volta per tutte — il dogma —, ma è un evento esistenziale e concreto in continuo divenire come manifestazione nella storia e nella modernità della volontà salvifica di Cristo. La Chiesa è in continua radicale evoluzione senza che nulla resti di fisso, perchè l’“evento Cristo”, come essi si esprimono, ossia lo “scandalo della croce”, sconvolge tutte le nostre certezze.

.

piatra angolare

Gesù è indicato più volte come pietra angolare

Più volte il Nuovo Testamento chiama Gesù «pietra angolare» [cf. Mt 21,42; At 4,11; Ef 2,20; I Pt 2,6-7]. È allora evidente che Pietro è la “pietra” non in senso originario, primario, radicale e fondamentale, ma derivato dalla prima pietra divina, che è Cristo e quindi in rappresentanza di Lui, partecipe dei suoi stessi poteri, il cosiddetto “potere delle chiavi”. Il fatto dunque che Cristo sia il Capo celeste della Chiesa animata dallo Spirto Santo non ha impedito al Signore di volere un capo visibile, suo vicario sulla terra, per guidare infallibilmente — benché peccatore — la Chiesa terrena al regno di Dio. Cristo così ha edificato la Chiesa nella sua essenza e nelle sue funzioni essenziali; e tuttavia anche Pietro, per comando stesso di Cristo, ha un compito secondario di edificazione — quello che si chiama “diritto ecclesiastico” —, il quale, erigendosi sulla Chiesa fondata da Cristo, la edifica nel senso che la guida a nome di Cristo con l’assistenza dello Spirito Santo, verso una sempre più profonda conoscenza della Parola di Dio, verso la conquista a Cristo di sempre più numerose anime, fomentando l’unione nella carità, educando alla fede e a tutte le virtù, indicando sempre la meta ultima del cammino della Chiesa, istituendo e formando i sacri ministri, convalidando i carismi, incitando i buoni, richiamando a sé i ribelli, correggendo gli errori e i cattivi costumi ed esortando tutti ad entrare nel regno di Dio.

.

gerusalemme celeste

raffigurazione pittorica della Gerusalemme Celeste

Con la sua divina potenza se Cristo avesse voluto avrebbe potuto guidare direttamente dal cielo anche la Chiesa terrena e visibile, servendosi dell’unica mediazione dello Spirito Santo che agisce nei cuori e nelle anime. In tal modo Cristo guida ed organizza le schiere beate degli angeli e le stesse anime della Chiesa celeste. Ciò è appunto ciò che credono i luterani e gli ortodossi scismatici orientali e molti altri eretici. Ma ciò, stando alla narrazione evangelica ed alla millenaria tradizione della Chiesa, non corrisponde a verità. In realtà, l’istituzione del papato da parte di Cristo si è rivelata molto saggia, anche se il suo esercizio di fatto, data la debolezza e la malizia degli uomini, presenta a volte alcune difficoltà, che tuttavia possono essere risolte. È quello che cercherò di fare in questo articolo.

.

successione apostolica

opera raffigurante la successione apostolica

Una prima questione può esser quella della regolamentazione della successione di un Papa ad un altro. Cristo non ha dato disposizioni precise in merito. Nel Nuovo Testamento si fanno raccomandazioni circa la prudenza nella scelta dei pastori e se ne elencano i requisiti e le virtù necessari. Una cosa che comunque dà sicurezza è l’assicurazione data da Cristo che la Chiesa, assistita dallo Spirito Santo, non mancherà del suo pastore fino alla fine e del mondo. E di fatti è sorprendente notare la perfetta successione dei Pontefici da San Pietro all’attuale Santo Padre Francesco. L’elezione dei Papi è avvenuta sin dagli inizi — e ciò è abbastanza logico — sulla base del voto del collegio apostolico e poi, in seguito sino ai nostri giorni, del collegio cardinalizio. Tuttavia a questo punto, data la fragilità e la malizia degli uomini, possono sorgere angosciosi interrogativi: si sono sempre rispettate le regole? E se un Papa viene eletto a seguito di un’infrazione delle regole dell’elezione, è valido? E noi comuni fedeli, come possiamo esser certi che un dato Papa è stato validamente eletto? Chi ce lo assicura? Chi può illuminarci? Gli antipapi non sono forse sorti in seguito a contestazioni da parte dei cardinali circa la validità dell’elezione del Papa? A chi spetta dirimere questioni di questo genere? Come fare per discernere il vero Papa? Io credo che non dobbiamo porci tanti problemi. Il comune fedele non ha normalmente gli strumenti per verificare cose così difficili. Il Papa è sempre eletto dal collegio cardinalizio ormai da molti secoli. Quando un Papa viene ufficialmente proclamato, c’è da supporre che la sua elezione sia stata valida. Se ci fosse stata qualche irregolarità tale da invalidarla, l’unica voce autorevole e credibile sarebbe quella non dico di uno o due cardinali, che magari parlino di straforo, ma occorrerebbe un pronunciamento pubblico di almeno un gruppo di cardinali, i quali dovrebbero fornire le prove, cosa che non avvenne in occasione dello scisma di Occidente. E per questo i cardinali ribelli non elessero un vero Papa, ma solo un anti papa.

.

pettegolezzo

il pettegolezzo, quel male così tristemente diffuso anche dentro la Chiesa …

Non basta attenersi alle voci che girano, perché possono essere interessate, dettate da desiderio di novità, invidia o da altri inconfessabili motivi. Anche ammesso che possano trapelare forti indizi presso privati, o anche in certi ambienti più o meno estesi, se il collegio cardinalizio nel suo insieme non dà segni di contestazione, è bene stare con le posizioni ufficiali. Fu questo probabilmente il caso di Alessandro VI, che ottenne l’elezione in modo simoniaco, ma, siccome non apparve una chiara contestazione da parte dei cardinali, la storia ha registrato questo Papa come valido.

.

Benedetto XVI atto di rinuncia

Il Sommo Pontefice Benedetto XVI durante la lettura del suo pubblico atto di rinuncia al ministero attivo

Una questione che si è posta di recente con l’atto di rinuncia al ministero petrino di Benedetto XVI e l’elezione dell’attuale Pontefice è quella del significato giuridico del cosiddetto “pontificato emerito”, considerando soprattutto che un evento di tal fatta non si era mai verificato nella storia della Chiesa. Si tratta di due Papi legittimi coesistenti, dei quali uno è in carica, mentre l’altro è a riposo; una cosa simile a quanto già avviene nelle diocesi, dove capita la coesistenza del vescovo emerito col titolare ufficiale. La questione può essere la seguente: qual è l’autorità del Papa “emerito”? Certamente egli ha cessato dalle funzioni pontificie di capo della Chiesa, che sono state assunte da Papa Francesco. Dunque il caso di Papa Benedetto XVI mette in luce il fatto che si può dare un vero Papa, che però, per giustificato motivo, non esercita più il ministero petrino. Dunque l’autorità di Joseph Ratzinger sembra limitarsi a quella che già possedeva prima di esser stato eletto a Papa, vale a dire un’autorità episcopale cardinalizia, nonchè quella di eminente teologo, ex prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, uomo quindi di grande valore e prestigio internazionale, ex perito del Concilio, che può dare un valido aiuto all’azione del Papa presente, ovviamente in sottomissione a lui, come quella di qualunque fedele.

.

Un’altra questione sono i gradi di autorità dottrinale del ministero petrino. Gesù si è limitato qui a due direttive fondamentali: “Confirma fratres tuos” e “Pasce oves meas”. Esistegradi di autorità allora una prima distinzione, che tocca i due piani dell’agire: il magistero e il governo: dunque un potere di insegnamento della fede e un potere di governo o pastorale. Gesù ha promesso a Pietro l’assistenza dello Spirto Santo, che rende infallibile, ossia assolutamente vero, l’insegnamento dottrinale o dogmatico. Ma non gli ha promesso l’impeccabilità nella condotta morale e nella conduzione della Chiesa dal punto di vista pastorale e disciplinare. Un Papa può essere un uomo mediocre, un cattivo pastore, un uomo vizioso, ma non può mai essere un eretico o un falsario nella fede. Tutti possono errare nella fede all’infuori di Pietro. Il Papa corregge chiunque erra nella fede: ma egli non è corretto da nessuno.

.

Bisogna distinguere, senza separare, la dottrina dei Pontefici dalla dottrina della PonteficiChiesa. La prima nasce dall’iniziativa del Papa — per esempio il motu proprio — e con ciò stesso diventa dottrina della Chiesa. La seconda invece nasce dai Concili, e viene approvata dal Papa.
Di fatto non si dà mai il caso di un Papa che, abusando del suo carisma di maestro universale della fede, abbia sostenuto l’eresia o che viceversa abbia insegnato come dogma qualcosa che poi si è rivelato eretico o non conforme al Vangelo, come ha creduto stoltamente Lutero. Un caso del genere del resto sarebbe impensabile, perché smentirebbe l’assistenza dello Spirito Santo promessa da Cristo.

.

condanna di ario

raffigurazione dell’assisa del Concilio di Nicea che condannò l’eresiarca Ario

Il Papa è infallibile sia quando condanna un’eresia, sia quando approva o dogmatizza una dottrina. Roma locuta, causa finita. Il Papa, assistito dallo Spirito Santo, in queste sue decisioni non torna mai indietro. Se così non fosse, bisognerebbe dire che il Papa può confondere ciò che è di fede con ciò che gli è contrario, il che è empio al solo pensarlo. E si badi bene che non è solo questione di condannare un’eresia in se stessa, ma anche di condannarla nel senso inteso dall’eretico. Famoso a questo riguardo fu il caso dei giansenisti, i quali pretendevano di accettare la condanna papale dell’eresia in se stessa, ma negavano che fosse condannata nel senso inteso da Giansenio. Al che il Papa rispose dicendo che invece l’aveva condannata proprio nel senso inteso da Giansenio. Da qui si può capire quanto stolti sono i luterani e i modernisti nel sostenere, ancora dopo cinque secoli, in base ad inutili cavilli, che il Concilio di Trento si è sbagliato nel condannare Lutero. E invece in realtà sono loro che dovrebbero decidersi una buona volta ad accogliere la verità, senza prendere in giro gli ecumenisti ingenui.

Giovanni XXII

raffigurazione pittorica del Sommo Pontefice Giovanni XXII

Vi sono stati sontanto alcuni pochissimi casi di Papi che hanno ceduto momentaneamente a minacce; ma è evidente che tale loro atto estorto è stato estraneo alla loro responsabilità, tanto è vero che, dopo aver riacquistata la loro libertà, loro stessi hanno annullato l’atto invalido. Il caso più difficile è forse quello di Giovanni XXII nel XIV secolo il quale, in alcune sue omelie, sostenne che le anime dei defunti hanno la visione beatifica solo alla fine del mondo. È vero che non esisteva un dogma in questo senso; ma la cosa avrebbe dovuto esser chiara dalla Tradizione e dalla Scrittura. Pensò poi Benedetto XII nel 1336 a definire dogmaticamente la visione beatifica come atto dell’anima immediatamente dopo la morte. Con Giovanni XXII abbiamo il caso di un attaccamento indiscreto alla propria opinione, anche se il Papa si ritrattò in punto di morte. Qui in ogni caso il carisma di Pietro ne esce indenne, perché il Papa si fermò al videtur e non volle dare alcuna definizione. Ciò non vuol dire che il Papa non possa avere opinioni personali su questioni teologiche discusse o su dottrine teologiche incerte e che quindi in questo campo non possa errare. Quando invece, come maestro della fede, tratta nelle più svariate circostanze, livelli, forme o modalità, di temi che riguardano direttamente o indirettamente la fede, ossia gli insegnamenti di Cristo, la divina Rivelazione o il Simbolo della fede o dogmi già definiti, il Papa non può errare, ossia è infallibile, perché se errasse vorrebbe dire che Cristo non mantiene le promesse, che sarebbe cosa blasfema solo il pensarlo.

.

concilio vaticano i

Il Beato Pontefice Pio IX al centro dell’assisa del Concilio Vaticano I

Il Concilio Vaticano I stabilisce alcune condizioni nelle quali un insegnamento dottrinale del Sommo Pontefice è infallibile, ma ciò non vuol dire che è infallibile solo a quelle condizioni: condizioni di infallibilità non vuol dire le uniche condizioni di infallibilità. Così io posso dire che un laureato in medicina può curare l’influenza. Ma questo non vuol dire che non possa farlo anche chi non è medico. Le condizioni stabilite dal Vaticano I sono di carattere straordinario, sono quelle più rigorose e solenni, che danno la massima certezza, certezza di fede divina o teologale, che l’insegnamento è di fede. Esse riguardano la definizione di un nuovo dogma, ossia appunto di un’interpretazione che il Papa fa della Parola di Dio. In tale occasione il Papa dichiara o definisce che la dottrina che egli propone è di fede o è contenuta nella divina Rivelazione. Abbiamo qui il cosiddetto dogma definito.

.

confusione

il non lieve problema della confusione …

Occorre fare attenzione a non confondere la modalità definitoria caratteristica della proclamazione di un nuovo dogma col semplice definire cose di fede o prossime alla fede. Il Papa può dare delle definizioni nel campo della fede, per esempio può dare una definizione o dire o spiegare che cosa è la Chiesa, che cosa è la santità, che cosa è il dogma, che cosa è la verità, che cosa è l’eresia, che cosa sono il paradiso e l’inferno, che cosa è la creazione, che cosa è la grazia, che cosa è la transustanziazione, che cosa è la fede, che cosa è la carità, che cosa è la legge naturale, cosa sono i sacramenti, chi è il sacerdote, chi è il religioso, che cosa è la risurrezione e via discorrendo, senza che per questo egli si ponga sul piano del dogma. Ma trattandosi di temi nei quali egli è maestro della fede, assistito dallo Spirito Santo, anche in questi casi è infallibile, e va ascoltato, se non proprio con fede divina come nelle definizioni solenni, certamente con totale fiducia e con religioso ossequio della volontà e dell’intelligenza.

.

compendio dottrina sociale

il compendio della Dottrina Sociale della Chiesa

Così pure, se il Papa enuncia una nuova dottrina che tocchi direttamente o indirettamente la verità di fede, perché la spiega o la commenta, anche se in questa circostanza non ci sono le condizioni dettate dal Vaticano I, non per questo l’insegnamento del Papa non è infallibile. Dunque, per sapere se il contenuto di una dottrina, di un discorso, di un documento, di un intervento, o di un qualunque pronunciamento pontifici sono di fede, occorre anzitutto vedere se il Papa parla come dottore privato, nel qual caso non abbiamo atti di magistero, ma solo opinioni private e discutibili, oppure se parla come Papa. In questo secondo caso non occorre esigere tutte le condizioni poste dal Vaticano I, ma è necessario e sufficiente che il Papa espliciti, sviluppi, spieghi, commenti o applichi un dato che si sa già essere di fede o perché Parola di Cristo o perché dato della Tradizione o di precedenti Concili o perché articolo del Credo, o perché dogma già definito o perché comunque insegnamento del Magistero ecclesiale precedente.

.

papa colomba

 San Giovanni Paolo II

Secondo la nota esplicativa della Congregazione per la dottrina della Fede alla Lettera Apostolica Ad tuendam fidem di San Giovanni Paolo II del 1998 [cf. QUI], l’infallibilità pontificia nell’insegnare le verità di fede si pone su tre gradi di autorevolezza: un massimo, un medio, un minimo. Questi tre gradi si giustificano in relazione a tre livelli di fermezza o certezza o credibilità con i quali un maestro può proporre la medesima verità di fede. Il Papa può parlare o a nome di Cristo, suprema autorità, oppure può parlare come mandato da Cristo ad annunciare il Vangelo, oppure come interprete del Vangelo.

.

Pio IX

immagine del Beato Pontefice Pio IX

La dottrina enunciata al primo livello è il dogma definito, ossia quella proposizione di fede che è definita dal Papa ex cathedra come di fede o come contenuta nella Rivelazione — per esempio la definizione del dogma dell’Immacolata Concezione o dell’Assunzione di Maria al cielo —. Tale dottrina è oggetto della fede divina o teologale. Negarla è eresia.

.

La dottrina del secondo livello è derivata o dedotta dal dogma o è necessariamente connessa al dogma, per cui, se viene negata, viene negato il dogma. Per esempio, sostenere il sacerdozio della donna, non è direttamente eresia, ma è prossimo all’eresia, perché contrasta col sacramento dell’Ordine, che è dogma di fede. Oppure quanto Papa Francesco ha insegnato sulla misericordia. Queste dottrine sono oggetto di fede ecclesiastica o di fede cattolica. Negarle è errore prossimo all’eresia.
Mentre al primo grado il Papa insegna simpliciter la dottrina di Cristo non nelle formali parole di Cristo, ma sotto forma di dogma, al secondo grado egli insegna, come Vicario di Cristo, la sua interpretazione del dogma e le verità che occorre rispettare per salvare il dogma, verità razionali, come per esempio la legge naturale o l’esistenza del libero arbitrio o della coscienza, e verità di fatto, come per esempio la legittimità di un dato Pontefice: se egli infatti non fosse legittimo, crollerebbe tutto quanto egli ha insegnato in fatto di fede.

.

tre livelli

tre livelli, tre gradi …

Al terzo livello, poi, il Papa deduce conseguenze, offre spiegazioni ed interpretazioni del suo stesso insegnamento al secondo livello. È comprensibile, allora, che qui siamo al livello più basso della sua autorità; però, come fa intendere il commento della Congregazione per la dottrina della fede al documento pontificio, facciamo attenzione che anche qui si tratta sempre di materia di fede, anche se non si tratta più di prestare un assenso di fede teologale. Si tratta invece di un “ossequio religioso della volontà”. Ipotizzare, quindi, che almeno a questo livello l’insegnamento del Papa sia fallibile, è impensabile. Negare queste dottrine è disobbedienza alla dottrina della Chiesa.

.

sacra scrittura

la sacra scrittura

Come esempi di quest’ultimo livello possiamo pensare alle conseguenze che Papa Francesco trae dal suo insegnamento sulla misericordia, relativamente al dovere di ogni fedele di aprirsi maggiormente ai bisogni degli altri, soprattutto dei piccoli, dei poveri e dei sofferenti, al dovere di perdonare chi si pente, di tollerare i deboli e gli incapaci. Il Papa è il supremo predicatore del Vangelo, sommo ed infallibile custode e trasmettitore della Parola di Dio, ovvero della divina Rivelazione contenuta nella Scrittura e nella Tradizione. Egli ha il compito di promuovere una sempre migliore conoscenza della Parola di Dio stimolando i doni profetici, gli studi biblici e teologici e la predicazione del Vangelo in ogni forma, modalità e grado. Deve affrontare e risolvere le grandi questioni dottrinali e disciplinari, soprattutto quelle che possono turbare la Chiesa, servendosi dei suoi collaboratori, di esperti e della Curia Romana, a cominciare dalla Congregazione per la dottrina della fede e, nei casi più seri, dell’opera dei sinodi episcopali e soprattutto dei concili ecumenici.

.

accademia teologica

La Pontificia Accademia Teologica, di cui il nostro Padre Giovanni Cavalcoli è membro ordinario

Il Papa deve fare particolare attenzione al lavoro dei teologi, che paiono a volte dotati di doni profetici, lavoro in sé preziosissimo, ma che oggi spesso dà preoccupazioni ai buoni fedeli ed alla Chiesa stessa per l’indipendenza di alcuni dal Magistero della Chiesa, quindi in ultima analisi, dalla Parola di Dio e dalla fede stessa. Il teologo può, con le sue ricerche, proporre nuove interpretazioni del dato di fede, che possono essere approvate dal Magistero e addirittura assurgere al livello del dogma; ma certi teologi, per la loro indisciplina, hanno bisogno di essere corretti. Grande influsso hanno oggi anche i giornalisti nel bene come nel male: il Papa ha il compito di seguire ed essere informato sulle loro idee, che possono influenzare un pubblico vastissimo per il bene come per il male.

.

papa francesco dialogo

immagine del Santo Padre Francesco durante una catechesi

Il Papa deve promuovere il dialogo religioso e sapienziale con tutti gli uomini di buona volontà, quale che sia la cultura o la religione alla quale appartengono, compresi i non-credenti. Deve illuminare i ciechi, avvicinare i più lontani, migliorare i più vicini, conciliare tra di loro gli avversari, correggere gli erranti, ammonire i peccatori, consigliare i dubbiosi, incoraggiare i pusillanimi, intimorire gli arroganti, redarguire i superbi, consolare gli afflitti, pregare Dio per i vivi e per i morti.

.

Il linguaggio del Papa dev’essere dignitoso, consono alla sua dignità, né troppo elevato o raffinato, né secolaresco e volgare, sicché la gente, anche la più lontana dalla fede si accorga di essere davanti ad un uomo di Dio, un segno della bontà e della misericordia divina tra gli uomini. Deve “esprimere cose spirituali in termini spirituali” [cf. I Cor 2,13].

.

Pope Francis gives a thumbs up next to father Lombardi during his flight to Turkey

il Santo Padre durante un colloquio con i giornalisti

I gradi di autorevolezza del magistero pontificio appaiono in qualche modo dal genere dei documenti pontifici. Partendo dall’alto, abbiamo le solenni definizioni dogmatiche, che sono eventi molto rari. Scendendo si passa alle Lettere encicliche e ancora scendendo troviamo denominazioni diverse come “Epistola enciclica”, “Costituzione apostolica”, “Lettera apostolica”, fino ai discorsi, alle udienze generali, ai discorsi di circostanza e alle omelie delle Sante Messe.

.

Il Papa attuale ha molta inventiva nell’adottare nuovi mezzi di predicazione un tempo impensabili per un Pontefice, come l’intervista, il telefono, twitter ed altri. Stiamo attenti che la novità e la modestia del mezzo non devono farci dimenticare l’importanza del magistero pontificio. Per quanto riguarda il governo della Chiesa (“pasce oves meas”) — potere di santificazione, potere pastorale, giurisdizionale ed amministrativo — il Papa possiede certo un apposito carisma, ma non è infallibile, né è impeccabile, anche se c’è da presupporre, in linea di massima, che normalmente agisca con carità, prudenza e giustizia. Fortuna grandissima è quando abbiamo Papi santi. I lefevriani, che si dichiarano tanto religiosi, sono in questo non scusabili e giustificabili nella loro ingiusta polemica contro i Papi del Concilio e del post concilio. Ma in questo campo anche un Papa di ottime intenzioni ed ottimi princìpi può essere mal informato, mal consigliato, circonvenuto. Nell’arco della storia della Chiesa, può egli stesso avere difetti morali, come attaccamento al potere, arroganza, ambizione, faziosità, impetuosità, slealtà, favoritismo, cocciutaggine, diffidenza, irresolutezza, mollezza, tergiversazione, timidezza, astuzia, rispetto umano, ecc.

.

papa unita chiesa

unità della Chiesa

Il Papa è il promotore e il custode supremo ed inappellabile dell’unità e della concordia nella Chiesa, nel pluralismo delle legittime tendenze. Egli deve diffondere la Chiesa nel mondo, deve sostenerla davanti ai poteri terreni e difenderla dagli attacchi dei nemici. Ma non è detto che tutte le sue iniziative siano le migliori; anzi a volte può commettere dei veri e propri errori o può trascurare il suo dovere o non essere all’altezza della situazione o mancare di imparzialità.

.

papa giudici rota

il Santo Padre durante l’udienza concezza ai giudici della Rota Romana

Il Papa come supremo giudice e magistrato della Chiesa visibile, è tenuto a far rispettare l’ordine e la legge da parte di tutti i fedeli. Egli ha quindi la facoltà di scomunicare gli scismatici, i disobbedienti, i ribelli, gli eretici. Oggi l’uso della scomunica è molto raro. Ma non che non si diano molti che, a rigor di legge, meriterebbero di esser scomunicati o per le loro offese al Papa o alla Chiesa o per le loro infrazioni alla disciplina ecclesiastica o per la loro falsificazione della dottrina della fede. Ma i Papi, soprattutto a partire dal post concilio, preferiscono solitamente affrontare la grave questione dei meritevoli di scomunica, che oggi sono moltissimi, anche in alti posti della Chiesa, con mezzi più di carattere pastorale che canonico, con gesti miti ma significativi, che non hanno una configurazione giuridica, ma fanno comunque comprendere la disapprovazione del Papa, come la correzione fraterna, spostamenti, degradazioni, isolamento, diminuzione degli incarichi, sospensione dall’insegnamento, allontanamenti, promoveatur ut amoveatur, interruzione o raffreddamento dei rapporti. Nulla di canonistico; ma chi ha orecchi da intendere, intende; si tratti dei fedeli o dell’interessato.

.

rahner 2

il gesuita tedesco Karl Rahner

È interessante notare come i Papi del post-concilio non nominino mai né Rahner né i rahneriani, benché questa corrente modernistica sia molto diffusa anche in alti posti; ma il Pontefice non perde l’occasione per confutare con garbo e acutezza gli errori del rahnerismo.

.

Il Papa può irrogare anche una scomunica ingiusta e quindi invalida e nulla. È questo il caso della scomunica inferta da Alessandro VI al Savonarola. Per lungo tempo si sono avuti dubbi se il Savonarola avesse ragione di parlare di scomunica “surrettizia”. Il Padre Giacinto Scaltriti, che per cinquant’anni si è dedicato allo studio di questo intricato caso, è giunto alla conclusione, sulla base di prove sicure, che il Savonarola aveva ragione. Per questo l’Ordine domenicano da qualche tempo si è fatto promotore della causa di beatificazione del martire domenicano.

.

giovanni Paolo II e giovanni XXIII

gli ultimi due Pontefici canonizzati

Il Papa, come ogni buon cristiano, è tenuto a farsi santo, ed anzi, come Papa, ad essere di esempio agli altri fedeli. Questo dovere appare ancora più chiaro, se pensiamo all’ufficio che il Papa ha, come sacerdote e vescovo, di santificare i fedeli. E questo ufficio appare ancora di più, se pensiamo che egli, sempre come Papa, è il sommo liturgo e supremo moderatore nella Chiesa dell’amministrazione e della disciplina dei sacramenti.

.

Pietro conferma i tuoi fratelli

«Io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede, e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli».

Se però Cristo ha assicurato al Papa, come maestro della fede (“confirma fratres tuos”) l’inerranza ovvero l’infallibilità, non gli ha assicurato, benché la grazia non gli manchi, l’impeccabilità, che non appartiene a nessuno, anche i più santi dei figli di Adamo. Il Papa dunque può peccare sia nella sua condotta morale personale, sia nel suo modo di governare la Chiesa (“pasce oves meas”). Come supremo pastore del gregge di Cristo, come giudice e magistrato nelle cause della Chiesa, e nei rapporti di questa con i poteri mondani, può commettere imprudenze, ingiustizie, soprusi, infrazioni alla legge.

.

Paolo VI berretta a Ratzinger

il Beato Pontefice Paolo VI impone la berretta cardinalizia all’Arcivescovo Joseph Ratzinger

Il Papa è il capo del collegio cardinalizio e di quello episcopale. Dal punto di vista sacramentale egli è il vescovo di Roma ed è quindi vescovo come tutti gli altri. Tuttavia solo il vescovo di Roma è il Romano Pontefice. Il suo primato sui vescovi non è un primato sacramentale, ma di magistero, di santificazione e di giurisdizione e consiste nel confermarli nella fede e pascerli come parte eletta del gregge di Cristo. Anzi, come successori degli apostoli, essi sono suoi stretti collaboratori nell’annuncio del Vangelo e nella guida della Chiesa. Il collegio episcopale unito al Papa, nel suo ministero dottrinale, è infallibile.

.

giuda

il tradimento di Giuda

Cristo ha conferito a Pietro un potere spirituale, ovviamente senza proibirgli di esercitare un’amministrazione terrena, come testimonia il fatto che Giuda “teneva la cassa”. Così, sin dai primi secoli la sede romana ha cominciato ad amministrare una serie di territori via via crescente o perché donati ai Papi dai potenti della terra o da privati o perché si offrirono spontaneamente ad essere sotto la guida temporale del Papa. Così nacquero gli Stati della Chiesa, che assunsero la loro massima estensione e potenza nel XVI secolo. È successo allora che il papato si è trovato gradatamente e sempre maggiormente impegnato in un governo temporale così assorbente, che finiva per impedire al governo spirituale una più ampia libertà, e per certi aspetti, se offriva alla Santa Sede un’indipendenza nei confronti degli altri Stati europei, costituiva una contro-testimonianza per il fatto inevitabile di proporsi ed agire come forza terrena contro altre forze terrene, tra l’altro con mezzi guerreschi, che ben poco ricordavano il regno di Cristo che non è di questo mondo.

.

La riforma tridentina dette certamente al papato un nuovo slancio spirituale, ma non mise in discussione il compito di dover gestire immensi territori per quel tempo, sempre quindi col rinnovato rischio del temporalismo e l’eccessivo coinvolgimento negli affari terreni e politici.
Ancor oggi il Papa è un capo di Stato, la Città del Vaticano, entità statale minuscola, la cui guida peraltro il Pontefice affida ad un apposito governatorato retto da laici, il che evidentemente lascia al Papa tutta la libertà di dedicarsi in pienezza al suo ministero spirituale di pastore universale della Chiesa.

.

Concilio Vaticano II

l’assisa del Concilio Vaticano II

Quello che rimpiangiamo del Medioevo di un Innocenzo III o un Gregorio IX è quell’unità religiosa, che purtroppo si è spezzata con la riforma luterana. Soltanto per quel breve periodo il papato riuscì ad essere il signore spirituale dell’Europa utilizzando il suo potere temporale per il bene dell’Europa. In tal modo la Santa Sede riuscì a conquistarsi da tutta Europa una stima che da allora non è più riuscita a riconquistare.

.

Il Concilio Vaticano II programma un rinnovamento anche nell’esercizio del ministero pontificio prospettandogli una più stretta comunione con l’episcopato (collegialità) e un’impronta maggiormente missionaria ed evangelizzatrice, aperta a tutti gli uomini di buona volontà, credenti e non credenti, soprattutto quelli che cercano la verità e la giustizia ed hanno bisogno della divina misericordia. È il programma di Papa Francesco, al quale auguriamo pieno successo ed al quale promettiamo piena obbedienza, affidandolo a Maria Regina degli Apostoli e Madre della Chiesa.

.

Varazze, 17 febbraio 2015

.

.

____________________________________

candelabroCari lettori.
Come sapete il nostro lavoro è gratuito ma i costi di gestione del sito non sono pochi e vanno sostenuti. Se col sistema PayPal volete accreditarci anche pochi euro ci aiuterete a sostenere le spese vive accendendo una candela per L’Isola di Patmos.